Saluti da Vega

Qualche fa giorno fa ho comprato dei libri di seconda mano. Da uno di questi è saltata fuori una cartolina, di cui non conoscevo né i mittenti né il destinatario. La spedizione, con il timbro postale di Roma, risale a qualche anno fa. L’immagine è divisa in tanti riquadri: in ognuno di loro si vede un gatto appollaiato nei pressi di un monumento romano, con una scritta che dice: I gatti di Roma. Sul retro, queste parole: Come vedi abbiamo portato i nostri mici a Roma! Bellissima come sempre questa città… un saluto da noi! Seguono cinque firme, di cui soltanto tre sono leggibili. È una cartolina qualunque, come ce ne sono tante. Ma rigirandomela fra le mani ho pensato: esistono cartoline qualunque? Esistono storie qualunque? Ogni frammento di quotidianità, se visto in forma drammatica, non è appassionante come un thriller?
image2Tutto dipende da che cosa si intenda per “forma drammatica”. Occorre senza dubbio che qualcuno diventi narratore del frammento di realtà, e che i destinatari – grazie a una sospensione volontaria dell’incredulità – aderiscano ai contenuti narrativi. A suo modo, quindi, ogni cartolina è una piccola storia scagliata nel sistema postale. Anni fa, nel corso di un laboratorio, avevo provato a costruire insieme ai partecipanti un racconto tramite cartoline. L’arco narrativo copriva parecchi decenni. Tutto era velato da una patina di frasi banali – vacanze, morti, nascite, matrimoni – ma dietro si vedeva ribollire la vita, tremenda e meravigliosa, così come la conosciamo tutti.
Mi sembra che i corrispettivi odierni delle cartoline, cioè i social network, siano meno evocativi. La frase scritta a mano, il timbro postale… c’è qualcosa di avventuroso in una cartolina. Il flusso continuo di foto su Instagram, con o senza filtri, rischia invece di sembrare un grido lanciato nello spazio: guardatemi, esisto, sono qui, bevo vino bianco e guardo tramonti!
image1-2 copia 2Queste riflessioni mi hanno spinto a rileggere un romanzo di Piero Chiara: una storia di tradimenti coniugali che s’incrocia con un fatto di sangue. A un certo punto viene fuori il particolare, incredibile e inspiegabile, di una cartolina spedita alla moglie dal Passo della Cisa. Il dottor Cavagna insistette tanto che finì col venirne in possesso. Se la girò tra le mani, la guardò davanti e di dietro e lesse a mezza voce: «Saluti notturni dal Passo della Cisa», scuotendo lentamente la testa. Quella cartolina, incongrua e misteriosa, esprime la tonalità del romanzo.
Molti autori amano giocare con l’idea di una cartolina: in particolare, mi viene in mente una delle Novelle scritte a macchina di Gianni Rodari.
C’era una volta una cartolina senza indirizzo. C’era scritto soltanto: «Saluti e baci». E sotto la firma: «Pinuccia». Nessuno poteva dire se questa Pinuccia fosse signora o signorina, una vecchia bisbetica o una ragazzetta in blue jeans. O magari una spia.
Tanta gente avrebbe voluto prendersi magari almeno uno di quei «saluti» e di quei «baci», almeno il più piccolo. Ma, come fidarsi?
Ecco un altro principio di intrigo, un conflitto già quasi narrativo. Anche perché le cartoline continuano a vivere, e girano per il mondo, pure quando i saluti e i baci di partenza si sono esauriti… finché saltano fuori inaspettate da una vecchia scatola da scarpe o dalle pagine di un libro.
C’è chi dice che le cartoline siano passate di moda. Ma è un allarmismo confutabile: esse non conoscono confini. Basti leggere Giorgio Caproni.
IMG_5964Perfino nei nostri anni virtuali, il segno dell’inchiostro ha una forza inimitabile. Lo ammetteva già Blaise Cendrars, rispondendo a una donna che gli aveva chiesto: se mi scrivi / non battere tutto a macchina / aggiungi una riga a mano. Dopo aver difeso la bellezza della sua macchina da scrivere Remington, Cendrars cede (o quasi): …per farti piacere aggiungo con la penna / due tre parole / e una grossa macchia d’inchiostro / perché tu non possa leggerle.
S’invia una cartolina per dire qualcosa a qualcuno, ma anche per consegnare un’immagine alla memoria. Questo si vede bene nella Cartolina notturna di Yari Bernasconi: un tragico episodio di cronaca nera, nella Svizzera tedesca, diventa un’istantanea composta di parole, fra strade asfaltate e angoli di luce, in una città di finestre e giardini, dove ogni vicolo ha il suo nome. Ecco qui il testo completo.
Copia di image1-2Di recente la Posta elvetica si è inventata un’App. Una volta ogni ventiquattro ore potete inviare gratuitamente in tutta la Svizzera una cartolina; a stretto giro di posta la vostra immagine viene stampata e consegnata, in forma concreta, con il vostro testo sul retro (certo, non scritto a mano…). Per provare ho scelto su internet l’immagine di una volpe e l’ho spedita alle mie figlie. Il giorno dopo, come se niente fosse, chiedo loro se abbiano visto la posta. È arrivato qualcosa oltre al giornale? Sì, mi rispondono senza scomporsi, ci ha scritto una volpe.
Ci credono davvero? Oppure stanno al gioco? In fondo, la domanda è superflua: la cartolina è un aiuto a fondere fantasia e realtà, viaggio autentico e proiezione narrativa. Per un breve istante, dietro un’immagine magari pacchiana o superficiale, sentiamo l’inconfondibile puntura di una storia in agguato. Ecco per esempio un’altra lirica di Caproni: il titolo funge da cartolina mentre il testo accende il mistero.
image1-2Dov’è la verità? Nella bellezza del mattino o nell’ombra dei pensieri? Come sempre è una miscela, un incontro fra queste due manifestazioni dell’essere. Per concludere voglio augurare, a chi non fosse ancora partito, buone vacanze!

 

PS: Avrei voluto aggiungere: e mandatemi una cartolina. Poi ho pensato che fosse banale. Poi mi sono detto: ma chi se ne importa, lo metto lo stesso nel Post Scritptum. Ecco fatto.

PPS: Il libro di Chiara è stato pubblicato da Mondadori nel 1987. La raccolta di Rodari Novelle scritte a macchina è uscita per Einaudi nel 1973. La poesia di Cendrars è rivolta a Raymone Duchâteau, che l’autore incontrò nel settembre 1917. Nel 1924 sperava che lei lo accompagnasse in Brasile; ci andò invece da solo e scrisse questi versi, pubblicati lo stesso anno in Feuilles de route (ora in Du monde entier au coeur du monde. Poésies complètes, Gallimard 2006). La lirica di Bernasconi è in Nuovi giorni di polvere (Casagrande 2015). Le poesie di Caproni provengono da Res amissa, edito da Garzanti nel 1991, a cura di Giorgio Agamben, un anno dopo la morte dell’autore.

 

Condividi il post

2 pensieri su “Saluti da Vega

  1. Belle riflessioni, profonde immagini di vita, trilogia di sensazioni, equilibrio tra sentimenti, fantasie e dubbi.
    Piacevole sosta in una vita tanto rapida e a volte convulsa e ostentatamente superficiale.

    1. Grazie per il pensiero! Mi piace pensare che gli articoli di questo blog siano proprio questo: una sosta. È come un diario in presa diretta, o un quaderno di appunti: argomenti spesso minuscoli, annotazioni di vita quotidiana, divagazioni musicali o narrative. Se qualcuno ogni tanto passa di qui e si ferma per qualche minuto a prendere fiato, bene, sono contento. Buona serata, a presto!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.