Aspetti poetici della gastroenterite

Fra le esperienze da fare una volta nella vita c’è anche questa: prendersi una gastroenterite e partecipare come ospite a una trasmissione televisiva dedicata alla cucina. Mi è successo qualche giorno fa. Seduto davanti a una videocamera, guardavo lo chef che preparava un intingolo ai funghi e cercavo di rassicurare il mio stomaco: tranquillo, vedrai che andrà tutto bene. In effetti, è stata un’esperienza utile per affinare il senso dell’umorismo… si sa che l’ironia è come la catena della bicicletta: ogni tanto ha bisogno di venire oliata.
IMG_1488La cucina ha sconfitto la gastroenterite, grazie alla bravura della conduttrice, all’abilità del cuoco e al mio stomaco che, finalmente, ha deciso di rigare diritto. Tornato a casa però avevo un po’ di febbre. Poco male, ho pensato, ora posso riposarmi. E invece mi è venuto in mente che il giorno dopo avrei dovuto leggere, sempre davanti a una videocamera, un racconto che mi era stato commissionato da una rivista. Il tema? Un noir in ospedale. A quel punto anche il mio stomaco, che di solito è un tipo paziente, mi ha chiesto se ce l’avessi con lui.
È un periodo in cui mi succedono cose così. Mentre scrivo sono in un treno diretto nella Svizzera francese, dove dovrò tenere una conferenza. A metà viaggio, tuttavia, mi sono accorto di essermi confuso: la conferenza non è oggi, ma esattamente fra sette giorni… ho sbagliato settimana. Appena possibile, mi toccherà scendere e prendere il primo treno verso sud.
IMG_1490Questi inciampi nella routine di tutti i giorni sono soltanto un fastidio oppure servono a qualcosa? Forse sono un aiuto a cambiare prospettiva. In fondo il segreto dell’autoironia consiste nell’accettare la propria debolezza: lo scarto dalla normalità, l’assurdo, l’imprevisto non sono una nota stonata, ma un accordo necessario all’armonia generale.
Mi viene in mente Chajim, il protagonista di una barzelletta ebraica. In apparenza è una storia banale: Chajim deve partire, ma è in ritardo. Immaginate una stazioncina di campagna immersa nel sonno pomeridiano, sotto la vampa del sole. Ecco Chajim che arriva trafelato, di corsa. Proprio in quel momento, vede il treno che si sta allontanando: è troppo tardi! Allora Chajim si asciuga il sudore. Poi abbozza un sorriso. «Bah – dice – meglio tardi che mai».
Tutto qui. Ma pensate alla saggezza di Chajim, alla sua capacità di ridere di sé stesso e di rovesciare in positivo, grazie al paradosso, il fastidio di una coincidenza mancata. Fra l’altro, secondo me questa capacità vertiginosa di pensare ad altro sta alla base della letteratura. All’inizio, in quel momento misterioso in cui nascono le idee, ci vuole sempre un pensiero che sia “altro”. Bisogna andare a fondo di ciò in cui siamo coinvolti – correre per acchiappare il treno – ma poi bisogna voltare il pensiero, e immaginare ciò che non si vede.
L’ironia ci aiuta a non sentirci troppo importanti, ma non sminuisce ciò che siamo. Anzi, trasfigura la realtà quotidiana, facendola diventare parte di una narrazione, o magari di uno scenario poetico. Ho trovato un esempio di questo slittamento in una lirica dell’autore zurighese Markus Hediger (qui in pdf e qui l’originale in francese).
IMG_1504Il tram smette di essere un luogo di solitudini quando nasce un legame: l’autore scrive e nello stesso tempo il lettore legge, ed è anche l’istante in cui avviene l’incontro. È un paradosso, una scossa di assestamento nel fluire dei giorni, proprio come le parole di Chajim. O un viaggio sul treno sbagliato. O la fremente indignazione del mio stomaco, che fa quel che può ma protesta perché, insomma, qui stiamo esagerando…

PS: La poesia di Markus Hediger è tratta dall’antologia Vattene. Dimentica, pubblicata nel 2015 dalle edizioni Ulivo di Balerna.

 

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2 pensieri su “Aspetti poetici della gastroenterite

  1. Ma che bella riflessione, Andrea!! (ti do del tu anche se non ci conosciamo, scusami…!!) Sono curiosa di leggere il racconto noir sull’ospedale, quando esce? Bella la barzelletta sul ritardo: all’inizio non l’ho capita… 😉 Poi ho pensato che è un paradosso ma anche una verità.

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