La parola “cielo”

IMG_9950Nessuno che conosca il cuore segreto dell’orologio, scrive Elias Canetti. E nessuno conosce la data in cui finalmente l’acqua sgorgherà dalla fontana nell’anonima piazzetta circolare tra via Raggi e via Borromini a Bellinzona (dietro la fermata del bus Semine). È un luogo non distante da casa mia; quest’anno ho deciso di fermarmi una volta al mese per almeno mezz’ora su una delle panchine ai bordi della piazza (trovate qui e qui le prime puntate della serie). Mi siedo con un libro e con un taccuino, guardo, ascolto, cerco di captare il passaggio del tempo. È una zona di transito, un frammento di umanità alla periferia di un piccolo borgo; ma potrebbe diventare come un mandala, uno specchio che rifletta una realtà più grande. Certo, non è facile osservare con attenzione. Oggi mi ha dato una mano Elias Canetti, con gli appunti annotati fra il 1972 e il 1985 e raccolti nel volume Das Geheimherz der Uhr (Il cuore segreto dell’orologio, Adelphi 1987).
IMG_9949Ciò che si è visto una sola volta non esiste ancora. Ciò che si è sempre visto non esiste più. Forse il metodo, interpretando questa frase di Canetti, è vedere come se fosse la prima volta e poi tornare a rivedere, a misurare il cambiamento. In gennaio nessuno ne parlava ancora, e nemmeno in febbraio; ma stavolta i pensionati in fila sulla panchina mettono a tema l’argomento: quando si deciderà il Comune ad avviare la fontana? (Uno di loro, comunque, ci tiene a precisare che lui preferisce la birra). Alcuni ragazzi aspettano l’autobus, la strada vicina è percorsa dalle automobili. Da un finestrino aperto esce una canzone ad alto volume: Un sacco di gente là fuori sogna cose che non esistono, e ha aspettative altissime da cui… e la voce del rapper sfuma tra i motori. Sulla panchina di fianco a me si siede una signora di mezza età con un cagnolino al guinzaglio. Ci salutiamo. Lei mi domanda se mi piacciano i cani. Devi prenderne uno, mi dice, tengono compagnia. Mi spiega che la sua cagnolina ha già diciassette anni, ma è ancora in forma. Come si chiama? le domando. Maddalena, mi risponde, ma per fare prima la chiamo Aisha.
IMG_9960Mentre medito su queste parole, noto che c’è fermento tra i signori della panchina alla mia destra: uno di loro sta mostrando un video sul cellulare. Vorrei chiedergli di che si tratta, ma non oso, anche perché nel frattempo, a sinistra, altri due signori stanno discutendo di una faccenda spinosa. Lui me lo disse a me che non era cosa da fare!, esclama il più vecchio, con accento siciliano. L’altro bofonchia parole che non capisco, mentre il vento scuote le bandiere, i cespugli, i capelli dei pensionati, le pagine del taccuino.
IMG_9952Arriva un tizio massiccio, in bicicletta. Assicura il veicolo con un lucchetto gigantesco, che potrebbe incatenare un’automobile, precisando che in città c’è una banda di ladri, ma che lui certo non si fa fregare. In mano ha una lattina di birra, e sembra avere idee limpide su molte cose; per esempio, il numero di amici che un uomo deve avere nella vita. Al massimo tre, confida alla mia vicina. Tre amici è già tanto. Gli altri sembrano amici, ma sono sconosciuti. Un uomo magro si aggiunge al nostro gruppo, lamentandosi dei giovani manovali che lavorano con lui sui cantieri. Qui in Svizzera se un uomo ha trent’anni è ancora un bambino, borbotta con un lieve accento straniero. Al mio paese, avevo venti anni ed ero un uomo. Salta poi fuori che, fra le varie professioni, è anche meccanico di biciclette. La signora con la cagnolina gli chiede se può gonfiarle le gomme della bici. Lui promette che lo farà e spiega di avere studiato un po’ di tutto: Sono medico, giardiniere, muratore, ginecologo, so fare molte cose, questo è il mio lavoro. Poi si lamenta che in Svizzera ci sono troppe tasse: Qua devi pagare anche quello che camminiamo! L’uomo con la lattina di birra annuisce e sorride, come se si fosse appena ricordato di una cosa divertente.
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I vecchietti nel frattempo tengono d’occhio i passanti. Di ognuno conoscono il lavoro, la situazione famigliare, perfino gli orari di arrivo nella piazzetta (Ah, guarda chi c’è! Sì, ma oggi è in ritardo…). Il sole va e viene dietro le nuvole, mentre un ragazzo racconta a un amico che la sera prima hanno fatto una cena tra amici, divorando trenta chili di costine. Passa una famiglia con il passeggino, una coppia molto anziana con le scarpe da ginnastica nuove, una bambina su una bicicletta rosa. La bambina, con le sue evoluzioni intorno alla fontana, suscita l’approvazione dei pensionati. Ma guarda come pedali bene! E che bella bicicletta che ci hai! Il sole si fa più basso e tagliente, quanto basta perché la mia vicina indossi un paio di occhiali scuri, prima di versare un po’ d’acqua in una ciotola per il cane.
IMG_9953Leggo un fulmineo racconto di Elias Canetti: Egli parla rivolgendosi al sole, e la bambina ascolta. Adesso parla la bambina, e lui ode il sole. Mi sembra una bella storia, anche se non l’ho capita (ma ci sono storie che è bello non capire). Muovo lo sguardo dalla bimba in bicicletta verso il sole, mentre la mia vicina spiega all’uomo con la birra che per lei tre amici sono anche troppi. Io sto con Aisha, dice. Accarezza la bestiola. È lei la mia amica. Uno dei vecchietti tossisce, un altro dice che quest’anno la primavera arriva presto, un terzo domanda quando apriranno la fontana. Ho la sensazione che il tempo proceda per strappi minuscoli, per impercettibili scosse di assestamento. Uno potrebbe passare qui il pomeriggio e alla fine avrebbe l’impressione di non aver visto niente, di aver sentito sempre le stesse parole. Invece il paesaggio è più meraviglioso e terrificante del Grand Canyon o delle nevi dell’Himalaya: intorno a questa fontana spenta si sta mostrando semplicemente la vita nella sua profonda quotidianità, la vita fedele e implacabile, nella sua straziante normalità.
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Girano le nuvole sopra i palazzi, si allungano le ombre, il traffico scorre incessante sulla strada, dove ogni tanto si ferma un autobus. Un signore in giacca e cravatta si sposta e cambia panchina, per mettersi al sole. La bambina con la bicicletta rosa fa un ultimo giro e se ne va. Guarda che cielo, dice l’uomo con la lattina di birra. È sicuro, domani piove! Ma no che devo lavorare, gli risponde il meccanico-medico-muratore-giardiniere. Maddalena, detta Aisha, agita la coda implorando un biscotto. Il signore al sole distende le gambe e allenta il nodo della cravatta. Io leggo il mio libro. Anche dopo tutto quello che è già piovuto di lassù, egli non rinuncia alla parola “cielo”. Arriva una ragazza vestita di nero e saluta il giovane mangiatore di costine. Ma quando l’apriranno questa fontana? gli domanda. Chi lo sa, interviene l’uomo con la birra, chi lo sa.

PS: Abbiamo bisogno di luoghi che siano uno specchio per le nostre riflessioni. Luoghi che ci allontanino dalla vita che stiamo facendo, luoghi per fermare la nostra fretta e aspettare l’anima (Tonino Guerra). Questa bella osservazione si trova in epigrafe a un racconto dello scrittore Silvano Calzini: è una storia delicata e profonda, che parla di un uomo innamorato delle panchine. Ecco qui il racconto, messo gentilmente a disposizione dall’autore. Di Calzini segnalo anche il recente Figurine e le raccolte di fulminei racconti brevi intitolate graziosamente Nani da leggere.

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L’elefante innamorato

A sud di Bellinzona c’è una piccola piazza che, senza mettersi in mostra e senza attirare l’attenzione, fa il suo placido lavoro di piazza. È uno slargo circolare, buttato lì come per caso tra via Raggi e via Borromini, dietro la fermata del bus Semine. All’inizio dell’anno ho deciso che ne avrei fatto il mio mandala, seguendo lo spunto del biologo David Haskell. Riassumendo: Haskell ha isolato un cerchio di un metro quadrato in una foresta del Tennessee; per un anno è poi tornato ogni due o tre giorni a osservare i cambiamenti, con l’idea che bastasse un frammento per riflettere la grandezza della natura. Io, che non sono uno scienziato, desidero invece osservare i cambiamenti umani a partire da un angolo qualunque di una città come tante.
IMG_9423Nei primi giorni di gennaio mi ero seduto per mezz’ora ai bordi della piazza (trovate qui i dettagli). Oggi, circa un mese dopo, torno sulla stessa panchina, alla stessa ora, sotto lo stesso cielo. Qualcosa è cambiato? Sulle prime, tutto mi pare come sempre. Ho la sensazione che ci sia più movimento nelle foreste del Tennessee; qui la vita sembra dormire sotto il sole di primavera che – mormora una signora di passaggio – è traditore. La sua interlocutrice aggiunge, enigmatica: sono tutti traditori, i mesi con la erre. Entrambe hanno fatto la spesa alla Coop e ora aspettano il bus. Non alla fermata, dove c’è ombra, ma qualche metro più in là, sotto il sole che è bellissimo e fugace, come ogni traditore.
IMG_9422L’aria è un po’ più dolce, spuntano i primi fiori, riesco a leggere senza che il freddo mi punga le mani. L’ultima volta mi ero portato un libro di Carlo Fruttero, stavolta ho con me un classico: le Storie naturali di Plinio il Vecchio. Per dirla tutta: è quasi primavera. È quasi primavera, io sono più vecchio di un mese, nel cielo svetta una gru che prima non c’era. Poca cosa, se pensiamo alla vastità dell’universo. Ma è possibile vederla da qui, l’ampiezza dell’universo? Che c’è in comune fra questa piazzetta rotonda e la gloriosa maestà delle galassie?
IMG_9409L’unicità, forse. Passa un ragazzino in monopattino, arriva e riparte l’autobus. Mi suona il telefono, rispondo, parlo, il sole abbandona la piazza senza lasciare tracce. Ogni parola che pronuncio, ogni filo d’erba nelle aiuole, ogni spruzzo di orina di questo cagnetto grigiastro, ogni pelo di barba del suo padrone, ogni pesce, ogni elefante e ogni leone descritto da Plinio, ogni insetto, anche, con la sua incommensurabile piccolezza, ogni ammasso di gas e ogni stella esplosa milioni di anni fa, tutto accade o è accaduto nel fiume del tempo, dove non ci si bagna due volte. E ogni punto dell’universo è il centro dell’universo, a pensarci bene, visto che non ci sono confini e che oltre l’infinito si apre di nuovo l’infinito e poi ancora altro infinito.
IMG_9408Ecco dunque che, proprio al centro dell’universo, si radunano otto signori in pensione. Intorno a loro ruotano le nebulose, si formano nuovi pianeti, guizzano meteoriti e la materia oscura, oscuramente, fa quello che deve fare. Uno dei pensionati ha un cane al guinzaglio. Quasi tutti indossano un giubbotto di colore bruno, come se fosse una divisa. Due o tre hanno un cappello da baseball, uno si appoggia a una bici. Che l’ingranaggio dell’universo sia modellato proprio su questa bicicletta? Catena, pedali, ruote, ogni elemento ha una ragione per esistere. I pensionati discutono di sport e, cautamente, di politica. Quello con la barba accenna a un piccolo scandalo locale, una questione losca di permessi di residenza e tangenti. Uno sente il bisogno di commentare: Eh be’, esclama, eh be’! Tutti gli altri annuiscono. L’universo naviga nel tempo. Io abbasso gli occhi sulle parole di Plinio, che è un po’ più Vecchio di quanto non lo fosse un minuto fa: Si narra che un elefante si sia innamorato in Egitto di una fioraia e che costei non fosse però come qualcuno potrebbe credere una donnetta qualsiasi, ma addirittura la favorita di Aristofane, famosissimo grammatico. Proprio così. E sono unici anche loro: l’elefante, la fioraia, il grammatico. Unici e meravigliosi, come le stelle.

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PS: Dopo il tramonto del sole, mentre torno a casa, appare la luce di Venere, sospesa sopra i tetti, misteriosa nella sua lontananza ma pure domestica e tranquilla, come se avesse appena fatto la spesa alla Coop.

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PPS: Plinio il Vecchio nacque nel 23 e morì nel 79 dopo Cristo, durante l’eruzione del Vesuvio a Pompei. Le sue pagine sono uno stupendo arazzo dove la scienza si mescola alle favole. Lo sguardo di Plinio riesce miracolosamente a essere preciso e insieme pieno d’incanto. Si veda per esempio il brano che ho citato (dal quinto paragrafo dell’ottavo libro, nella traduzione di Francesco Maspero pubblicata da Rizzoli nel 2011). Perché è importante riferire che l’elefante si sia innamorato proprio di una fioraia? Plinio poi aggiunge che non era una fioraia qualsiasi, bensì la favorita di Aristofane (non un semplice grammatico, ma uno famosissimo). Perché questi dettagli? Perché i signori in pensione indossano lo stesso giubbotto? Perché ai margini dell’aiuola ci sono quelle due bizzarre colonne spezzate? Perché i mesi con la erre sono traditori? E perché esiste l’universo?

PPPS: Il seguito alla prossima puntata.

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Pik pik

Il biologo David Haskell ha isolato un cerchio di un metro quadrato in una foresta del Tennessee. Poi, per un anno intero, è andato quasi ogni giorno a osservare il luogo prescelto. Nei fatti minuscoli delle rocce, degli alberi, degli animali, Haskell ha scoperto la grandiosità della natura e dei suoi segreti. È possibile fare la stessa cosa con gli esseri umani? Isolare un luogo, un angolo di strada, e vedere giorno dopo giorno crescere il mistero di ciò che siamo?
IMG_9055Per designare il suo pezzo di foresta, Haskell usa il termine sanscrito mandala, che significa nello stesso tempo “cerchio” e “comunità”. Egli spiega come la ricerca dell’universale nell’infinitamente piccolo sia un motivo che ricorre sommessamente nella maggior parte delle culture, e cita la poesia Presagi d’innocenza di Blake: Vedere il mondo in un grano di sabbia / e il cielo in un fiore selvatico. Accenna anche ai mistici, ai contemplativi: Per San Giovanni della Croce, san Francesco d’Assisi o Giuliana di Norwich, una prigione sotterranea, una spelonca o una piccola nocciola potevano essere la lente attraverso cui conoscere la realtà fondamentale delle cose. Haskell si pone di fronte a questa sfida come biologo: È possibile vedere l’intera foresta attraverso una piccola finestra contemplativa di foglie, rocce e acqua?
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Più volte la settimana Haskell torna al suo mandala. Si siede su un lastrone di arenaria e guarda, senza nemmeno entrare nel cerchio. Si è ripromesso di non intervenire, di non toccare niente. La struttura del libro segue la cronologia dei suoi appunti, dal primo gennaio fino al 31 dicembre. Ho deciso di leggerlo anch’io un po’ alla volta: ogni settimana mi ritaglierò qualche minuto per inoltrarmi nelle foreste del Tennessee. Per cominciare abbiamo osservato rocce, licheni, formiche, vermi, aceri, felci e, con la prima gelata, fiocchi di neve. Questi ultimi sono come stelle trasparenti. Haskell rammenta la domanda di Keplero, il quale nel 1611 scrisse: Deve esserci una causa precisa per cui, ogniqualvolta comincia a nevicare, si forma sempre una stellina con sei angoli. Keplero non lo sapeva, commenta Haskell, ma la forma dei cristalli di ghiaccio esagonali dà un’idea precisa di ciò che dovrebbe essere invisibile, ossia la geometria degli atomi.
snowflakeIn gennaio Haskell compie un esperimento: si spoglia nudo per provare il freddo così come lo vivono gli animali della foresta, senza abiti. A venti gradi sottozero, gli bastano dieci secondi per capire che le piccole cince della Carolina, che saltellano sui rami lì intorno, sono più attrezzate di lui per combattere il gelo. Le cince cantano e fischiano, il picchio emette il suo classico pik pik dai toni acuti, mentre Haskell si affretta a rivestirsi prima di finire assiderato.
In generale, il biologo è stupito dalla complessità di relazioni in un metro quadrato di foresta. Tutto è regolato con precisione: i progenitori del picchio avevano emesso quel suono per milioni di anni prima che esistesse l’uomo e Haskell deve ammettere: Più rimango a osservare il mandala, più sento allontanare ogni speranza di poterlo veramente comprendere e di coglierne la natura più essenziale. Mentre mette in pratica le sue competenze, impara qualcosa su di sé: Osservare noi stessi e osservare il mondo non sono attività in contraddizione; osservando la foresta, ho imparato a conoscere meglio me stesso.
IMG_9064Mi domando se possa anch’io trovare una sorta di mandala. Non sono un biologo e non riuscirei a interpretare i fenomeni naturali. Ma come romanziere, in qualche modo, sono abituato a osservare le persone, ad ascoltarle. Per non andare lontano, scelgo un luogo nella mia città. È una piccola piazza, appena uno slargo circolare nella zona sud di Bellinzona (tra via Raggi e via Borromini, dietro la fermata del bus Semine). Ne avevo già parlato in un articolo su “Doppiozero” e nella guida letteraria Gli immediati dintorni (Casagrande 2015). Vicina a uno sportello della Posta, non lontana da una Coop e da un Mc Donald’s, la piazzetta-mandala è un crocevia. Nella bella stagione sembra perfino più animata del centro storico: intorno alla fontana, sulle panchine di legno scrostate, ci sono persone di varia età e provenienza, cani e bambini, adolescenti, anziani, disoccupati.
IMG_9063Mi siedo su una panchina, con il freddo che punge le mani e che s’infila sotto la giacca. Non saranno i venti gradi sottozero di Haskell, ma la piazza è vuota. Apro un libro, per mantenere un contegno (Ti trovo un po’ pallida, di Carlo Fruttero). Un bambino con i roller gira intorno alla fontana, con le gambe malcerte, poi se ne va. Passano uomini anziani con il basco e il sacchetto della spesa. Alle mie spalle, la via è trafficata. Due donne si parlano gridando dai lati opposti della strada, finché la più giovane si arrischia ad attraversare e raggiunge l’altra. Una vecchia signora, lentamente, spinge un trolley.
IMG_9065Trascorrono dieci minuti: nessuno si ferma. Comincio a sentire freddo; provo a leggere il libro tenendo le mani in tasca, ma è un’operazione complessa. Nel frattempo, in un parcheggio sulla destra, arriva una piccola Mercedes nera. Ne scendono due donne di mezza età, basse, infagottate in ampi strati di pelliccia. Si avvicinano. Poi una delle due mi chiede gentilmente se, a mio parere, la Bibbia sia un libro ormai superato o se contenga dei consigli pratici di vita quotidiana. Mentre cerco di abbozzare una risposta, l’altra signora mi rifila un volantino dei testimoni di Geova e attira la mia attenzione sulla testimonianza di un ragazzo poco più che ventenne, tale Ezekiel, il quale ha dichiarato: Quando ho visto che era un librone, mi è passata la voglia di leggere la Bibbia. La signora scuote il capo. Un librone?, mormoro io. Ma la prima signora sta già citando una frase dal Nuovo Testamento. La seconda resta in silenzio. IMG_9066Infine mi salutano con gentilezza e tornano alla Mercedes. Allora riprendo a leggere Ti trovo un po’ pallida, che è un libro molto sottile. Il cielo è sempre più bianco e basso. C’è un’attesa di neve nell’aria. Sopra le case sta passando un corvo.
Fra qualche settimana, tornerò a osservare l’evoluzione della piazzetta-mandala. Com’è accaduto a Haskell, mi sembra di non essere riuscito a cogliere un granché. Camminando ripenso al corvo, così nero sullo sfondo bianco, e mi viene in mente un brevissimo poema del maestro giapponese Sengai (1750-1837): Difficile distinguere un airone bianco sulla neve; ma come spiccano i corvi.
IMG_9058Nell’autografo l’ideogramma sembra la traccia di un animale su un campo innevato, e il disegno dei corvi continua con naturalezza ciò che le parole non arrivano a dire. È giusto, forse, che pure osservando da vicino un frammento di realtà non si riesca a esaurirne il senso. Non solo perché il mondo è misterioso, ma anche perché la scrittura è sempre un tentativo. In un punto del suo diario, Cesare Pavese annota: Nell’inquietudine e nello sforzo di scrivere, ciò che sostiene è la certezza che nella pagina resta qualcosa di non detto. Vi lascio quindi al non detto, che forse appare anche sulla neve di questa pagina: invisibile come un airone, nitido come un corvo.

PS: Il libro di Haskell è stato pubblicato in italiano da Einaudi nel 2014 con il titolo La foresta nascosta. Un anno passato a osservare la natura (l’originale inglese, The Forest Unseen. A Year’s Watch in Nature, è del 2012). I poemi del maestro Sengai si trovano in Poesie e disegni a china, a cura di Daisetz T. Suzuki, scritto nel 1971 e pubblicato in italiano da Guanda nel 1988 e poi nel 2012. L’annotazione di Pavese è tratta dal Mestiere di vivere (Einaudi) e risale al 4 maggio 1942. Ti trovo un po’ pallida, scritto da Fruttero nel 1979, è stato ripubblicato da Mondadori nel 2007.

PPS: La foto con le felci è la copertina del libro di Haskell. Quella del fiocco di neve è del fotografo statunitense Wilson Bentley (1865-1931). Autore del libro Snow Christals, fu tra i primi a catturare l’immagine di un fiocco di neve.

PPPS: Proprio ora, mentre sto per pubblicare questo articolo, qui a Bellinzona sta cominciando a nevicare. Un’altra pagina bianca da riempire.

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