Piccoli spazi preziosi

CARTOLINE (GENNAIO)

“Cartoline” (#cartoline2020) è un progetto ideato e scritto da Yari Bernasconi e Andrea Fazioli.

Abbiamo visitato luoghi che conosciamo fin da bambini (il campo da baseball dei Peanuts), luoghi dove siamo stati in vacanza (Castiglione della Pescaia) o per lavoro (Coira), luoghi che hanno avuto un piccolo spazio nella grande storia (Orsières, nella Svizzera francese). In ognuna di queste località ci è venuto in mente d’inviarti una cartolina.

CARTOLINA NUMERO 1
Da Coira, Svizzera
Perdonaci: avremmo voluto spedirti questa cartolina da Coira. Ma le cose sono andate troppo rapidamente. Siamo stati a Coira in qualità di autori, a parlare di… Lasciamo stare: a dirla tutta non eravamo in vena. Molti anni fa, del resto, la stessa cosa capitò a un altro autore. Lui però dopo la conferenza andò a bersi un whisky in un bar vicino alla stazione, dove incontrò l’ex comandante della polizia cantonale di Zurigo, che gli raccontò del commissario Matthäi, che diventò uno dei più memorabili personaggi letterari della Svizzera. Noi al bar della stazione abbiamo bevuto una birra, ma non si è presentato nessuno. Anzi, abbiamo perfino rischiato di perdere il treno.

CARTOLINA NUMERO 2
Dal campo di baseball dei Peanuts, Stati Uniti
Ci sono due bambini. Il primo dice: «Immagino che sia sbagliato preoccuparsi sempre del domani. Dovremmo forse pensare solo all’oggi…» L’altro, con una testa rotonda, risponde: «No, questo è arrendersi… Io spero sempre che ieri sarà meglio». Al centro del campo un monticello di terra che ogni tanto si riempie di margherite. Arrivano altri bambini. Nessuno bada a noi, che li osserviamo da molto tempo. Abbiamo perfino un momento per scriverti. Sopraggiunge ancora un gruppo di uccelli, e subito dietro un cane. O forse è solo un buffo bambino col nasone.

CARTOLINA NUMERO 3
Dal Bagno Somalia, Castiglione della Pescaia, Italia
Come forse sai, la vera difficoltà del Gioco Delle Onde sta nella lettura della tempistica dell’onda, cioè la capacità di capire in tempo reale quanto un’onda impiegherà a raggiungere la linea immaginaria della schiuma, con conseguente spinta verso il basso. In quel momento impercettibile si distingue l’abilità di un competitore, che deve ancora valutare la velocità dell’acqua per piegarsi, tuffarsi e inserirsi all’unisono nella spinta dell’onda (gli specialisti dicono “diventare l’onda”). Tra gli stabilimenti balneari di Via Roma, però, scarseggiano i maestri nell’antico Gioco Delle Onde. Così trascorriamo le giornate sotto gli sguardi di bambini, nonni, venditori ambulanti. Fra l’acqua e la terra. In quel piccolo spazio prezioso.

CARTOLINA NUMERO 4
Dalle montagne intorno a Orsières, Svizzera
È un giorno d’estate del 972. Nascosti tra le rocce, guardiamo il ponte di Orsières, sopra le acque della Drance d’Entremont. Sappiamo che i cespugli intorno al fiume brulicano di briganti saraceni. Fra pochi minuti passerà di qui con la sua scorta Mayeul, l’abate di Cluny. Verranno attaccati e catturati. Come scriverà Rodolfo il Glabro, fra l’abate cristiano e i predoni musulmani si svilupperà un certo dialogo, in attesa che venga pagato il riscatto. Intanto, però, non è successo ancora niente. La brezza muove le fronde, il sole brilla fra le rocce. Di fianco a noi compare discretamente un uccello di piccola taglia, striato di giallo. Ci guarda negli occhi. C’è una grande pace.

PS: Nella cartolina 1 facciamo riferimento a un romanzo: Friedrich Dürrenmatt, La promessa, a cura di Donata Berra, Adelphi 2019 (l’originale Das Versprechen è del 1958). Nella cartolina 2 citiamo direttamente il dialogo di una striscia dei Peanuts. Nella cartolina 4 stiamo per assistere a un evento storico raccontato da Rodolfo il Glabro nei suoi Historiarum Libri (I, 9); si può leggere in Rodolfo il Glabro, Cronache dell’anno mille (Storie), a cura di Guglielmo Cavallo e Giovanni Orlandi, Fondazione Lorenzo Valla 1989.
Le fotografie delle cartoline 2 e 4 provengono da internet.

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La terrazza a vela

Un passero saltellava tra i merli del castello. / Nel cantiere vicino, una gru girò lentamente / e poi volò via. Quando mi sono imbattuto in questa breve poesia di Bruno Munari, ho sentito distintamente una specie di sssquish… è il suono che fa il mondo di ogni giorno quando, per un istante, un altro mondo si sovrappone, più impalpabile, più strano. È vero che spesso il mondo ci sembra uno, soltanto uno, inesorabilmente. Ma allora com’è possibile che ci siano merli e merli, una gru e un’altra gru?
Un’amica mi ha inviato una vignetta di Schulz in cui Charlie Brown, sentendosi molto giù, chiede alla perfida Lucy – nelle vesti di psichiatra – che cosa si possa fare quando non ci si sente a posto, quando la vita sembra tagliarti fuori. Lucy lo porta in cima alla collina e gli dice: Vedi l’orizzonte laggiù? Vedi quanto è grande questo mondo? Vedi quanto spazio c’è per tutti? Poi, dopo una pausa: Hai mai visto degli altri mondi? No, risponde Charlie Brown. E Lucy: Per quello che ne sai, questo è l’unico mondo che c’è, giusto? Charlie Brown: Giusto. Lucy: Non hai altri mondi in cui vivere… giusto? Charlie Brown: Giusto. Lucy: Sei nato per vivere in questo mondo… giusto? Charlie Brown: Giusto. Allora Lucy grida la sua risposta a squarciagola, come solo lei sa fare, facendo ruzzolare il povero Charlie Brown: BE’, ALLORA VIVICI! Alla fine, da brava psichiatra, Lucy esige da Charlie Brown cinque cents di compenso. Ma ha davvero ragione? Siamo davvero confinati nel mondo che riusciamo ad avvistare dalla collina, per quanto alta sia la nostra personale collina e per quanto poderosa sia la nostra vista?
Ogni atto creativo consiste nella ricerca di un altro mondo. Questo vale per chi racconta una storia, ma anche per chi dipinge, per chi compone una musica, per chi s’impegni in qualsiasi gesto artistico o scientifico (penso ai matematici, agli inventori). Non solo. Credo che la tensione verso altri mondi si manifesti pure in quei momenti in cui il pensiero scava nella profondità della nostra anima, cercando di capire chi siamo, oppure si rivolge con empatia e immaginazione verso gli altri, per comprenderli, per partecipare alla loro vita. Ogni innamoramento è creativo, ed è la ricerca di un altro mondo. Ogni attimo di felicità o di tristezza affina la nostra percezione: ci permette di udire l’eco di uno sssquish e d’intravedere il balenio degli universi che si affollano, invisibili, intorno alla nostra collina.
Certo, questi sbalzi sono pericolosi. Possono suscitare un sentimento di sentirsi-tagliato-fuori, come accade a Charlie Brown; o peggio ancora, possono indurre uno stato di schizofrenia, di alienazione, di depressione. Credo che la saggezza sia trovare l’equilibrio fra il qui e l’altrove, senza cancellare nessuno dei due poli. Non è facile, però. Nel momento in cui avvertiamo gli altri mondi, smettiamo di sentirci al sicuro. A volte per fortuna tutto si risolve con un sorriso, come nella poesia di Bruno Munari. A volte, addirittura, lo sssquish consente di trasformare con la fantasia gli oggetti comuni che abbiamo intorno.
Per esempio, conosco una casa che ha una terrazza di legno proprio davanti alla porta. Per evitare di sedersi a picco sotto il sole, è possibile coprire la terrazza con un telo di colore bianco. Sarà per la posizione, in alto sopra una valle, sarà per i pali che ricordano gli alberi di una barca, sarà per il telo che sembra una vela… insomma, certe volte – in piedi sulla terrazza – ho la sensazione di stare sulla prua di una nave: invece di prati, contemplo oceani. L’effetto aumenta nelle giornate di vento, quando la vela si gonfia e i cavi, tendendosi, emettono lo stesso cigolio che udivano i marinai di Cristoforo Colombo, di Magellano, di Vasco da Gama. Allora, per qualche secondo, mi sembra di sentire muoversi sotto di me le assi di legno, mentre il sole che scintilla sui vetri delle automobili diventa un riflesso di luce sulla cresta delle onde.


Non vorrei ridurre la percezione di un altrove a una sorta di gioco. Ma è vero che, insieme al pericolo dell’alienazione, la creatività (ossia la tensione verso altri mondi) porta con sé un aspetto ludico. Direi che in questo caso la metafora del viaggio funziona bene: viaggiare è svelare altri mondi, anche restando fermi. Diceva la scrittrice Cristina Campo che percepire è riconoscere ciò che soltanto ha valore, ciò che soltanto esiste veramente. E aggiungeva: ma che altro veramente esiste in questo mondo se non ciò che non è di questo mondo?

PS: La poesia di Munari si trova in Verbale scritto (Corraini 2008; prima edizione Il Melangolo 1992). La frase di Campo proviene dal saggio Una rosa, in Gli imperdonabili (Adelphi 2008). La vignetta di Schulz l’ho ricevuta con un messaggio, quindi non saprei indicarne di preciso la fonte (ma di sicuro c’è qualche possibilità di trovarla sfogliando quest’opera in dodici volumi: Charles Schulz, Snoopy e la sua gang. Tutte le strisce dei Peanuts 1960-2000, Mondadori 2007). La canzone di Francesco De Gregori, un buon accompagnamento per ogni tipo di viaggio, è tratta dall’album Viva l’Italia (RCA 1979).

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