Mille sterline

CARTOLINE (MAGGIO)

“Cartoline” (#cartoline2020) è un progetto ideato e scritto da Yari Bernasconi e Andrea Fazioli.

CARTOLINA NUMERO 17
Da Giacarta, Isola di Giava, Indonesia
A poche centinaia di metri, fra i tetti e le piante, spunta l’obelisco di Sukarno. Un punteruolo che fissa il centro focale del mondo. Ci incamminiamo, pensiamo di raggiungerlo, ma davanti si distende un reticolo di strade dalle corsie indefinite, popolate da un incessante formicolio di persone che si infilano nel traffico come in un cunicolo misterioso: prendono un po’ di slancio e scompaiono. Intorno, i mezzi di trasporto più vari: un SUV supera un carretto che a sua volta s’infila fra un’auto ferma e uno scooter che sta per partire con a bordo una mamma, un papà e due figlie piccole. Proviamo a risalire le strade alla ricerca di un cavalcavia, un passaggio, ma anche quando lo troviamo siamo spinti altrove, sempre più lontano. Così, mentre la vita esplode e ci trascina nel concerto orizzontale di motori, clacson stonati e voci incomprensibili, l’obelisco del potere rimane un miraggio immobile e perenne nel suo piccolo spazio verticale di cielo.

CARTOLINA NUMERO 18
D’al di là dello specchio (e quel che vi trovammo)Sai che questo terreno (che attraversi col treno) vale mille sterline per un pollice fine? Sai che questo Cavallo si è perduto in un giallo? Che questo Scarabeo si è giocato un trofeo? Che quello nello specchio è solo un altro vecchio? O dici che è da fessi non credere ai riflessi?

CARTOLINA NUMERO 19
Dalla stazione di San Gallo, Svizzera
Come sai bene, i nostri viaggi sono costellati di coincidenze perse, scambi di stazioni, orari sbagliati e treni che portano altrove. Stavolta, non sappiamo perché, ci troviamo a San Gallo nella stessa ora e sullo stesso binario. Nessuno dei due è finito a Gallodoro (Messina) o nella frazione Ponte di Gallo del comune di Gallo Matese (Caserta). Nessuno si è trovato sul treno che nel deserto porta a Gallup (New Mexico, USA). Siamo qui, un giorno fra l’inverno e la primavera. Il vento spinge la pioggia sotto la pensilina, mentre il flusso di passeggeri scende nel sottopassaggio. Prima di avviarci, notiamo le tracce di un altro viaggiatore: quattro piccole impronte di uccello stampate nel suolo. Pensiamo a una creatura aerea, lontana dagli impicci terrestri, che per qualche ragione sia atterrata quaggiù, nella fissità del cemento. Dove stava andando? Perché ha mosso tre passi – solo tre – nell’affanno del nostro viavai? E poi, dopo quella breve camminata, l’uccello sarà tornato a spiccare il volo? Oppure anche lui, con un ombrello e un giornale sottobraccio, è salito sulla carrozza numero cinque, controllando i messaggi sul telefono, trascinando con sé una valigia, un impermeabile, una borsa di pelle, un panino da mangiare durante il viaggio?

CARTOLINA NUMERO 20
Dal parco Fuxing, Shangai, Cina
Nel parco Fuxing di Shangai, il sole infonde allegria alle attività di ogni giorno: chi passeggia, chi sorveglia bambini, chi si dedica agli scacchi o al Tai Chi. Passano giocolieri, illusionisti, farmacisti, massaggiatori. Molte persone aspettano in fila davanti alle postazioni del barbiere e del medico. In un angolo, un vecchio intinge un pennello nell’acqua e con gesti precisi, aggraziati, disegna sul vialetto una sequela di ideogrammi. Si tratta di un poema antichissimo, che di generazione in generazione è giunto qui, nel XXI secolo, riprodotto con straordinaria perizia. Prima ancora che il calligrafo scriva la fine del verso, il sole ne sta già cancellando l’inizio.

PS: Potete leggere qui le prime quattro cartoline. Le successive: qui dalla 5 alla 8, qui dalla 9 alla 12, qui dalla 13 alla 16.

PPS: La cartolina numero 18 contiene alcuni riferimenti a una storia dell’autore inglese Lewis Carroll (1832-98): Through the Looking-Glass, and What Alice Found There (1871). Il romanzo è il seguito di Alice’s Adventures in Wonderland (1865). Noi abbiamo consultato la traduzione di Alessandro Ceni, pubblicata da Einaudi in un volume che riunisce entrambi i romanzi: Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e Al di là dello Specchio (Torino, 2015). La fotografia è stata scattata qualche anno fa in una mostra alla Hamburger Bahnhof di Berlino.

Condividi il post

Muling

[“Viaggi immaginari” è una serie di reportage da luoghi che non ho mai visto, scelti a caso sulla mappa del mondo. A farmi da guida l’antico gioco Hanafuda, che scandisce le stagioni dell’anno. Ogni mese le carte mi accompagnano nella scrittura di un racconto di viaggio e di un haiku.]

Febbraio
Hanafuda: Pruno / Usignolo
Luogo: Muling, Mudanjiang, Heilongjiang, Cina
Coordinate: 44°49’25.9″N, 130°35’12.8″E
(Latitudine 44.82385; longitudine 130.58689)
«Ho avuto la gastrite», dice una donna al telefono nella piazza deserta. Io la osservo dall’alto, seduto sul terrazzo. Accanto a me, per terra, la carcassa dell’albero di Natale. Una colomba si posa in cima alla betulla. Gli aeroplani, lassù, fanno due scie lunghissime; nel cuore del silenzio disegnano una X. Io resto immobile. Sul terrazzo. Con l’albero che mi guarda e sembra rimpiangere tempi migliori. Ma ci sono tempi migliori? Migliori di questo, voglio dire, migliori dell’istante in cui scrivo della donna, della gastrite, dell’albero, della colomba. Vorrei che qualcuno mi raccontasse tutto ciò come una fiaba, come una delle storie meravigliose che da bambino ascoltavo prima di dormire. Certe volte spero che qualcuno da qualche parte custodisca quelle fiabe, per dirmele a bassa voce quando sarò in punto di morte. Intanto la colomba è volata via. Una sirena suona da lontano. Sulla strada  passa un camion della nettezza urbana.
Queste immagini e questi suoni mi tornano in mente poco prima dell’alba, nei campi intorno a Taihecun (太和村). Sono nel nordest della Cina, vicino al confine con la Russia, e sto camminando in un vuoto di storie. La terra è nera e secca, il terreno brullo. Cade una pioggia insistente. A quest’ora non c’è nessuno in giro, né contadini né animali. Corro il rischio di perdermi. Per fortuna a poco più di un chilometro c’è Taihecun, con le sue strade polverose, i suoi cortili e le sue fattorie colorate. Ho l’impressione di essere in un luogo remoto, ma mi rendo conto che non è vero. La città di Muling (穆棱市), il capoluogo della regione, dista appena dieci chilometri e ha trecentomila abitanti. Andando verso nord in automobile, potrei raggiungere in due ore Jixi (鸡西市), che di abitanti ne ha circa due milioni. E allora perché questa sensazione di vuoto, sotto la pioggia, nel grigio che precede l’alba?
È perché non senti-ti-ti, non senti, mi risponde il canto di un uccello. Mi guardo intorno. Sono qui, qui, qui. Sopra un palo di legno si posa un uccellino. Ha il becco arancione e la gola gialla. Appena lo guardo lui riprende a cantare. La cosa strana è che, pur riconoscendo che si tratta di un insieme di trilli e gorgheggi, riesco a capirlo come se fossero parole. Sai cosa volevo dirti-ti-ti? Faccio segno di no. L’uccellino allora comincia a raccontare che in questa regione c’è un bellissimo giardino di pruni selvatici, protetto da quattro mura. Sono pruni speciali, perché possono fiorire anche in pieno inverno, anticipando la primavera. È sufficiente che un uomo saggio entri nel giardino e li guardi. Se li guarda uno stolto non succede niente. Al contrario, lo sguardo di un saggio suscita la primavera, facendo sbocciare mille fiori rosa del colore dell’alba nascente o delle guance di una fanciulla.
L’uccellino ha finito di raccontare. Si posa su un cespuglio, poco più in là. Sento che sta per volare via. Aspetta, vorrei dirgli. La storia non è finita. Dov’è il giardino? Quante persone hanno provato a far sbocciare i fiori? È già successo che un uomo saggio riuscisse a compiere il miracolo? Come se mi avesse letto nel pensiero, l’uccellino piega la testa. Quei fiori nessuno mai li sbocciò-ciò, nessuno mai. E perché? Forse non ci sono uomini saggi? Ma cosa dici-ci-ci? L’uccellino cinguetta che la primavera non è mai cominciata in anticipo. Infatti gli stolti guardano i pruni e non succede niente, mentre i saggi non li guardano mai prima del tempo. Perché se uno è saggio, sa che la primavera comincia quando comincia. Nel momento giusto. Né prima né dopo. I fiori sbocciano quando devono sbocciare. Proprio così-sì-sì.

HAIKU

Sulla betulla
si posa una colomba –
È quasi marzo.

 

PS: Trovate qui il primo viaggio immaginario e un’introduzione a tutta la serie.

Condividi il post

Una notte a Sarajevo (passando per la Cina)

Da tre o quattro anni, all’inizio di novembre, non vado a Sarajevo.
La tradizione cominciò quando venni invitato a tenere una conferenza, nel 2011 o 2012. All’ultimo momento però dovetti rinunciare, a causa di un impegno di lavoro. Negli anni successivi ci riprovammo, ma succedeva sempre qualcosa: un disguido, una malattia, un’emergenza.
Finché arriviamo al 2015. Questo è l’anno buono. Prendo il biglietto d’aereo, preparo il mio intervento, scrivo alla persona che parlerà con me (un professore dell’università locale). La sera prima ho una riunione e finirò tardi, perciò riempio la valigia in anticipo. Haris, il mio gentilissimo interlocutore a Sarajevo, ormai non ci credeva più, e mi assicura con entusiasmo che verrà a prendermi all’aeroporto. Non l’ho mai incontrato, ma ci conosciamo da anni: non passa novembre senza che facciamo lunghe conversazioni telefoniche, di solito in francese.
Abbiamo però sottovalutato la “maledizione di Sarajevo”. La sera intorno alle nove ricevo un messaggio dalle Austrian Airlines: sono cambiati i “booking details” e per me è previsto un “new flight”… un volo diverso che, guarda caso, arriverà un paio d’ore dopo la fine della conferenza. FullSizeRenderComincia allora una lunga nottata: chiamo Haris, chiamo la compagnia aerea, vengo messo in attesa e mi ascolto Sul bel Danubio blu, torno alla riunione, chiamo di nuovo Haris, la compagnia, Sul bel Danubio blu, Haris, riunione, Danubio, Haris… finalmente mia moglie, da casa, dopo essere quasi affogata nel Danubio, riesce a parlare con una centralinista, ma scopre che non esistono soluzioni. Anche quest’anno non andrò a Sarajevo. Haris, nel cuore della notte, ha ancora la forza di rassicurarmi: ma l’anno prossimo ce la faremo, vedrai.
Sarajevo. Ormai è diventata una terra promessa, una città mitica e fiabesca. Anno dopo anno, è il posto da immaginare senza vederlo, è il viaggio da fantasticare senza compierlo. Forse è giusto così: forse ognuno deve avere un luogo da sospirare, una palestra per l’immaginazione.
CinaNegli anni scorsi mi è capitato di tenere conferenze in vari paesi: Russia, Cina, Turchia, Germania, Spagna… Ogni volta è stata un’esperienza memorabile, e ogni volta ho imparato qualcosa sul mio mestiere, grazie al confronto con lettori e colleghi. Per fare soltanto un esempio, in Cina ho incontrato un artista della calligrafia. Il suo campo d’azione è il parco Fuxing, a Shangai. Intinge un pennello nell’acqua e sul vialetto riproduce gli ideogrammi di un poema antichissimo. Con mirabile precisione traccia i suoi ghirigori, mentre il sole asciuga l’acqua, tanto che alla fine del poema già l’inizio sta scomparendo.
La letteratura dunque è volatile come acqua al sole? Ma le storie rimangono. CantastoriePoco distante dal parco, c’è un cantastorie che proietta delle immagini dietro un paravento. La gente fa la coda per accostare gli occhi a una fessura e per ammirare marinai, guerrieri e sirene. La voce del narratore (con tanto di microfono) racconta in cinese una vicenda di amore e avventure. Anch’io ho visto, ho ascoltato e non ho capito niente. Ma in un certo senso la vicenda di quell’eroe che cerca di tornare a casa mi sembrava di conoscerla, mi sembrava che mi appartenesse.
Dalla Cina ho imparato che le storie sono una materia fragile e insieme resistente. Perciò bisogna raccontarle con leggerezza (sono solo storie), ma anche con umiltà e rispetto (noi siamo quelle storie).
E da Sarajevo, che cosa ho imparato?
Forse che c’è sempre una storia nuova, ancora da raccontare. In quell’attimo, prima del “c’era una volta”, tutte le strade sono ancora aperte, e davanti a noi c’è la vertigine delle possibilità, come in un’eterna giovinezza. Ho imparato questo e, come bonus, ora sono pure capace di canticchiare Sul bel Danubio blu. Ma l’anno prossimo, vedrete, tutto andrà liscio e finalmente vedrò Sarajevo, finalmente il mistero si svelerà… o forse no.

Condividi il post