Sorridi, se vuoi

CARTOLINE (DICEMBRE)

“Cartoline” (#cartoline2020) è un progetto ideato e scritto da Yari Bernasconi e Andrea Fazioli.

CARTOLINA NUMERO 45
Da Kingman, Arizona, Stati Uniti


Da quando la Atchison, Topeka and Santa Fe Railway ha costruito il deposito di Kingman sulla linea secondaria che si interrompe a Mullinville, non pochi personaggi taciturni e minacciosi hanno cominciato a transitare dalla cittadina. Non siamo e non saremo gli ultimi, insomma, anche se oggi le nostre preoccupazioni riguardano il carico speciale che avremmo dovuto ritirare per conto del Gordo. La polvere sotto gli stivali è sempre la stessa, ma l’ombra che gira e s’allunga non promette niente di buono. Il convoglio sarebbe dovuto passare da un pezzo. Ci scambiamo uno sguardo cupo: ci sono in ballo interessi che vanno al di là della nostra immaginazione, come ci ha lasciato intendere ieri sera il guerriero che si fa chiamare Mastamho. Gli uomini del Gordo dicono che c’è poco da fidarsi della popolazione mohave. A noi, per dirla tutta, pare che ci sia poco da fidarsi di chiunque decida di mettere radici in questo posto, che lo si chiami Kingman o Huwaalyapay Nyava. Per esempio, chi è questo che viene, proprio mentre ti stiamo scrivendo, e sembra armato e ci fa segno da lontano di non muoverci, sventolando una cartella di cuoio? Non giriamoci intorno: ci siamo messi nei guai. Una volta di più.

CARTOLINA NUMERO 46
Dal ventre di un grosso pesce

All’inizio sembrava una virgola, un’increspatura nell’acqua grigia. Quando ci siamo avvicinati, però, abbiamo riconosciuto la forma di un’isola nera e lisciata dal vento. Abbiamo calato la scialuppa e dopo due colpi di remi l’isola ha spalancato enormi fauci, piombando su di noi. Troppo tardi abbiamo capito che si trattava del Grande Pesce. Proprio lui: il Cetaceo, il Pescecane, il Kraken, il Leviathan. O la Balena. Le sue viscere sono buie, umide e soffocanti. Ci facciamo strada fra relitti di navi, scheletri, masserizie. Poi, in lontananza, intravediamo una luce. «Ohi! Che fate costì? Venite, venite…» Intorno a un tavolo stanno un vecchietto tutto bianco, un individuo magro e barbuto ma dall’aspetto solenne e un burattino di legno. È il vecchio a fare le presentazioni: «Mi chiamo Geppetto e son falegname, molto lieto! Questi è il mi’ figliuolo Pinocchio e questi è il signor Giona, che di mestiere fa il profeta». Il burattino tira fuori le carte: «Che bello, ora possiamo fare un poker in cinque!» Ci sediamo con cautela e, cercando d’ignorare il persistente odore di pesce, cominciamo la partita. Giona ci dà un’occhiata in tralice: «Attenti», mormora, «il burattino tenterà di fregarvi».

CARTOLINA NUMERO 47
Da Sidi Bou Said, Cartagine, Tunisia

Azraq. Oggi comprendiamo perché la parola “azzurro” proviene dall’arabo. Appena arrivati a Sidi Bou Said, un sobborgo a nord-est di Tunisi, abbiamo vagato tra i vicoli in salita, in mezzo a case bianche con porte celesti. Dalla cima si vedono il golfo di Tunisi e il luogo dove milleduecento anni fa Cartagine splendeva nella sua potenza. Ogni cosa è lāzuwardī: l’azzurro del mare rispecchia quello del cielo, quello delle porte, quello dei nostri sguardi e dei nostri respiri. Sidi Bou Said è un approdo turistico; anzi, nel 1915 fu il primo sito al mondo a venir considerato protetto. Ma oggi il vento porta immagini avventurose e il pensiero corre ad Annibale, che da qui trascinò il suo esercito fin sulle Alpi – azzurro il cielo spezzato dai monti, azzurre le genziane nei prati macchiati di neve… – prima di scendere faticosamente verso l’Italia. Per noi, in un attimo, è come sentirsi a casa. Dove abitiamo non si vede il mare, eppure anche noi apparteniamo al Mediterraneo. Anche noi soffriamo per le sue ferite. Azraq, azul, azur, azzurro, blu ċar, e kaltërt, galázio, mavi, modrá, plava, ṯelet… Sebbene risuoni in molte lingue, il colore è sempre lo stesso. E oggi appare vivo, brillante, come una bandiera di speranza.

CARTOLINA NUMERO 48
Dall’interno di un social network

Abbiamo confezionato una fotografia con commento, due “tag”, e ancora data e località. Poi abbiamo gettato il tutto nel fitto della foresta telematica, fra pollici alzati e faccine che ridono, faccine che piangono, faccine che abbracciano cuoricini, accompagnati da ripetuti inviti a condividere, a dire come ci sentiamo, a fare amicizia. Più sotto, come un pieghevole che si moltiplica senza fine, i commenti pedagogici: «forse non hai capito», «ti sbagli di grosso», «dove andremo a finire», «sei un cretino!», «fascista!!», «sei bravissimo!!», «guarda le statistiche!!!», «ti banno!!!!», «ti amo!!!!!». E citazioni, bestemmie, poesie, ricordi, grida d’aiuto. Intanto, là fuori, la vita oscilla tra un vagito meraviglioso, un appuntamento mancato, una madre che respinge il suo piccolo, una stella filante, la voce tenue di chi si è perso e non si ritroverà. Sorridi, se vuoi.

PS: Dicembre è il dodicesimo e ultimo mese del progetto #Cartoline2020. In un anno così imprevedibile, nel quale viaggiare è diventato più difficile, talvolta impossibile, è stato per noi significativo compiere insieme queste quarantotto ricognizioni avventurose. Speriamo siano piaciute anche a voi.

PS: Potete leggere qui le prime quattro cartoline. Le successive: qui dalla 5 alla 8, qui dalla 9 alla 12, qui dalla 13 alla 16, qui dalla 17 alla 20, qui dalla 21 alla 24, qui dalla 25 alla 28, qui dalla 29 alla 32, qui dalla 33 alla 36,  qui dalla 37 alla 40 e qui dalla 41 alla 44.

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A a B b C c

CARTOLINE (NOVEMBRE)

“Cartoline” (#cartoline2020) è un progetto ideato e scritto da Yari Bernasconi e Andrea Fazioli.

CARTOLINA NUMERO 41
Dalla foresta



Né giovani né vecchi, ci siamo ritrovati dentro una buia foresta. Era un bosco boscoso, fitto, intricato. All’inizio non c’era nient’altro che rami contorti, cespugli, rocce, burroni. Mentre meditavamo su dove fosse il nord, abbiamo incontrato un cavaliere che avanzava a piedi. Ricoperto dall’armatura, con un pesante spadone, correva trafelato. Non si è fermato nemmeno per salutare, così non abbiamo capito se inseguisse un’elusiva fanciulla o il suo cavallo (forse entrambi). Era proprio una gran selva, dove si può solo fallire la propria via: chi su, chi giù, chi qua, chi là, tutti si perdono. A un tratto abbiamo udito un urlo formidabile, mentre una figura indistinta passava fra i rami più alti. Allora ci è tornato in mente l’inizio di questa storia: siamo entrati nella selva tanto tempo fa, quando eravamo bambini. Ci eravamo inoltrati in una radura armati di arco e frecce, vestiti di verde. Il sole disegnava arabeschi sull’erba, mentre noi procedevamo con cautela, attenti a ogni dettaglio. Come vedi, siamo ancora qui.

CARTOLINA NUMERO 42
Da Ginevra, Svizzera


È la città degli incontri: dalla Ginevra internazionale, con gli stuoli di diplomatici, gli avvocati, i congressi delle multinazionali e gli alberghi chic, alla Ginevra umanitaria e attivista, con gli istituti, le associazioni, la Croce Rossa. Per non parlare della Ginevra finanziaria, con i business lunch e le Bentley, e quella storico-culturale, con i musei, le statue, le manifestazioni… S’incontrano tutti, a Ginevra. Tutti, tranne noi due. Le premesse erano ottime: Salone del libro. Come sbagliarsi? Uscire dalla stazione Genève-Aéroport, camminare per cinque minuti in direzione del Palexpo, entrare nella fiera. Fine. Così abbiamo allineato gli orologi e ci siamo dati appuntamento proprio all’entrata alle 14:30. Peccato non aver pensato a controllare il giorno. Confusi dal fatto che alcuni venerdì soleggiati somigliano terribilmente ai sabati, e che ogni tanto i sabati – da sempre un po’ libertari – s’incaponiscono per allontanarsi dalle domeniche, eccoci qui: uno con la penna in mano, l’altro al telefono. Uno a casa, l’altro a Ginevra. Non stupirti se le firme ti sembreranno simili: siamo in due, ma la mano è una. 

CARTOLINA NUMERO 43
Dall’Altaripa Resort***, Europa Sud, Marte


È stato un viaggio lungo e complicato, inutile nasconderlo. Tanto più che avevamo un solo traduttore automatico in due (l’altro l’abbiamo dimenticato nella stazione di transito dello Spazioporto di Gravellona Toce). Dopo l’ammartaggio, però, siamo arrivati comodamente in albergo con i treni digitali e ci siamo potuti riposare. Domani dovremmo visitare Nova Firenze. Le prime impressioni di Europa Sud sono abbastanza buone, anche se la sensazione di déjà vu ci accompagna a ogni passeggiata. Non a caso lo slogan pubblicitario che campeggia all’entrata del nostro albergo recita HOME SWEET HOME. Ovviamente queste imitazioni hanno i loro vantaggi: nessun pericolo di smarrirsi, niente di davvero nuovo e interlocutorio, nessuna preoccupazione. Eppure ieri, quando siamo andati sul confine, di fronte al deserto che separa Europa Sud da Europa Nord, davanti alla ruggine misteriosa del territorio, ci è sembrato che qualcosa si muovesse dentro di noi. Un battito accelerato, un accenno di stupore. È stato un momento fulmineo, ma c’è stato. 

CARTOLINA NUMERO 44
Da un’aula scolastica vuota


Se possiamo inviarti una cartolina, è perché anni fa qualcuno ha scritto per noi alla lavagna: A a B b C c D d E e F f G g e così via. Sempre qui abbiamo scoperto che, in un triangolo rettangolo, il quadrato dell’ipotenusa è uguale alla somma dei quadrati sugli altri due lati. E sai una cosa? Sarà sempre uguale. Passano i regni, derivano i continenti, crollano le montagne, ma il quadrato dell’ipotenusa resta una certezza. L’aula è vuota il mattino, prima che tutto cominci, ma per vederla così bisogna arrivare in anticipo (non esageriamo!). Oppure la sera, quando ci attardiamo a finire un compito mentre gli altri escono di corsa, e intanto il sole scompare, il bidello avanza lungo il corridoio, il campanello suona per la seconda volta. Non c’è più tempo. Andiamo. Tanto abbiamo già imparato l’essenziale: A a B b C c fino a Z z, le sappiamo tutte, anche se qualche volta ci dimentichiamo la K k o la W w. Quando usciamo anche noi, nell’aula buia resta solo, in perenne attesa, il quadrato dell’ipotenusa.

PS: Potete leggere qui le prime quattro cartoline. Le successive: qui dalla 5 alla 8, qui dalla 9 alla 12, qui dalla 13 alla 16, qui dalla 17 alla 20, qui dalla 21 alla 24, qui dalla 25 alla 28, qui dalla 29 alla 32qui dalla 33 alla 36 e qui dalla 37 alla 40. Oppure, nelle “categorie”, trovate la sezione “Cartoline2020“.

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Quella pagina bianca

CARTOLINE (SETTEMBRE)

“Cartoline” (#cartoline2020) è un progetto ideato e scritto da Yari Bernasconi e Andrea Fazioli.

Cartolina numero 33
Da Arth-Goldau, Svizzera

Arth-Goldau non esiste. È un luogo su questa terra, certo, puoi cercarlo sulle mappe. Ma a ben guardare non esiste: puoi solo arrivarci o partire. E nel momento stesso in cui esci dalla stazione dei treni, puff, sei già da qualche altra parte. C’è posto migliore per una delle nostre escursioni? Appena mettiamo i piedi a terra, ci rendiamo conto di (non) essere arrivati nel (non) luogo giusto. Poco lontano tre figure misteriose, dai tratti del viso asiatici, si fanno largo fra le barriere di un cantiere che scopriamo immenso, una voragine diretta al centro della terra. Una donna con un tailleur giallo sembra chiedere un’informazione a un operaio, che le fa segno di seguirlo. Insieme scendono in un buco vicino, oltre le reti di sicurezza. A quel punto cerchiamo anche noi di entrare, attirando l’attenzione di un uomo alto, con i capelli corvini sotto il casco giallo, che ci rimprovera prima in portoghese, poi in buon tedesco. E quando uno di noi insiste per capire che cosa ci sia oltre le transenne, oltre le macchine e i mucchi di terra, lui mostra i denti gialli, scoppia a ridere e girandoci le spalle dice: «Il vostro momento non è ancora arrivato».

CARTOLINA NUMERO 34
Da Bogotà, Colombia

I manuali di storia dicono che El Dorado è un’antica città sognata dai conquistadores spagnoli. I manuali di geografia dicono che è l’aeroporto di Bogotà. Per noi è anche un uomo interamente ricoperto di vernice dorata, che cammina con incedere maestoso fra passanti, turisti, pensionati, studenti e venditori ambulanti. A pochi passi, seduto per terra in plazoleta del Rosario, un ragazzo sta picchiando sui tasti di una macchina per scrivere. Di fianco a lui è posata una valigia aperta, nella quale notiamo alcuni spiccioli. Sopra, un cartello: POEMAS A LA VENTA (poesie in vendita). Ci guardiamo negli occhi: come non acquistarne una? Ci informiamo sui prezzi, ma il ragazzo risponde che «la poesia no tiene precio», quindi possiamo dargli quello che vogliamo. Ci allunga due poesie battute a macchina: Carta a mi mismo e Cómo se concibe un poema. Intanto uno studente ha cominciato a suonare la chitarra e l’immenso El Dorado, anche se forse non si vede più, è sempre qui.

CARTOLINA NUMERO 35
Dal tendone del circo Knie

I nostri pensieri, nell’ombra, somigliano a grigie periferie, a palazzi dismessi e a interminabili pomeriggi domenicali; però al momento giusto entrano in scena i cavalli. Sgraniamo gli occhi. Apriamo la bocca. Ci ascoltiamo esclamare a turno: «Oooh!». Sì, perché proprio i cavalli, con il loro odore di cavalli, la terra, la segatura, ci aiutano a capire che il circo non è altro che il racconto della nostra vita. Tutto è necessario: la fanfara, laleggiadria di un funambolo, il sentore acre delle bestie, il gesto poetico di un clown, il sudore degli acrobati, il trucco pesante, i lustrini, gli abiti pacchiani e meravigliosi, i «ragazzi di pista» che smontano e rimontano, lo zucchero filato, il presentatore che ci ringrazia «sentitamente» e che poi ci saluta con la mano «e… arrivederci al prossimo anno!». Mentre usciamo, nel parcheggio, ci viene in mente una frase del grande clown François Fratellini: «Les acteurs font semblant, nous c’est pour de vrai». Nel circo tutto è fasullo, ma tutto è vero.

CARTOLINA NUMERO 36
Dal ghiacciaio della Plaine Morte, Svizzera

Ogni passo è un pensiero. Ogni respiro l’attesa di un’immagine, di una svolta. Quando arriviamo in cima, sfiorando i 3’000 metri, il lago ghiacciato è uno strappo nella roccia. Dietro, la costruzione militare sembra la versione alpina della Fortezza Bastiani, nel Deserto dei Tartari. Noi però continuiamo a darle le spalle: tutti i nostri muscoli, anche i più piccoli, quelli sconosciuti, sono tesi verso quel drappo innevato con pochi segni. Quella fenditura vertiginosa e soffice. Quella pagina bianca che non vogliamo riempire.

PS: Potete leggere qui le prime quattro cartoline. Le successive: qui dalla 5 alla 8, qui dalla 9 alla 12, qui dalla 13 alla 16, qui dalla 17 alla 20, qui dalla 21 alla 24, qui dalla 25 alla 28, e qui dalla 29 alla 32.

PPS: Da Wikipedia: «La stazione di Arth-Goldau (in tedesco Bahnhof Arth-Goldau) è un nodo ferroviario del Canton Svitto, in Svizzera. La stazione si trova nel centro abitato di Goldau e serve il comprensorio di Arth.»

PPPS: La frase di Albert Fratellini è tratta dal suo libro Nous, les Fratellini, edito per la prima volta nel 1958 e ripubblicato nel 2009 dalle Éditions Cartouches di Parigi.

PPPPS: La Fortezza Bastiani si trova nel romanzo di Dino Buzzati Il deserto dei Tartari, pubblicato la prima volta da Mondadori nel 1940 (e da allora più volte ristampato).


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Ci siamo persi

CARTOLINE (AGOSTO)

“Cartoline” (#cartoline2020) è un progetto ideato e scritto da Yari Bernasconi e Andrea Fazioli.

CARTOLINA NUMERO 29
Da New Delhi, India
Ci siamo persi. Anche perché qui è impossibile trovarsi. Il taxi che dall’aeroporto ci ha portati nel centro della città sembrava una navicella spaziale. Non abbiamo riconosciuto niente, nessun punto di riferimento, nessuna sensazione di déjà vu. Scendiamo dall’auto. Alziamo lo sguardo verso l’orizzonte, fitto e pesante di cose, tanto pieno da risultare vuoto. Per un attimo dubitiamo di avere i piedi sullo sterrato. Eppure siamo qui. Queste persone parlano con noi. Questa polvere ci sta entrando nei sandali. Non ha più alcuna importanza ciò che siamo stati e ciò che avremmo voluto essere: ora c’è solo il presente impenetrabile. Così saliamo sul primo tuk-tuk con la più adulta delle paure e la più infantile delle curiosità.

CARTOLINA NUMERO 30
Dallo zoo di Zurigo, SvizzeraCiao! I nostri papà sono rimasti dentro ancora un po’. Dicono che devono rivedere i cammelli. Sarà la quarta volta! Noi siamo già usciti e facciamo merenda e ti scriviamo. Sai, lo zoo è bello perché gli animali sono anche molto strani. E certi sono bruttissimi!! No, è uno scherzo, poverini. Comunque hanno le loro abitudini. Forse è vero che possono insegnarci delle cose se li osserviamo bene, ma i nostri papà di sicuro esagerano. Li abbiamo già chiamati due volte col telefono e non rispondono. Siamo alle solite.

CARTOLINA NUMERO 31
Dal buio
È buio, di colpo. Anche quando si prepara lentamente, il buio scende all’improvviso. La vita di prima diventa macerie, ricordi sbagliati, eco di parole smarrite. Non c’è strada, né desiderio di andare, perché l’oscurità si scava una tana dentro di noi, corrode i pensieri. Siamo fatti ombra, lontani dal mondo. Stiamo per nascere o siamo già morti? Nel ventre di una  madre, o dentro un pescecane, non risuona la solita domanda: «Chi siamo?». Ma senza piangere, senza gridare, resta sempre un filo di voce per chiedere: «Dove sei?»

CARTOLINA NUMERO 32
Dai bordi di una piscina di plastica
Il sole brucia sopra di noi, dietro, davanti, si riflette sulle auto parcheggiate, ci aggredisce dai vetri delle finestre. Camminiamo per le strade di un quartiere periferico e a ogni passo le suole s’incollano all’asfalto. Mentre l’afa ci consuma, ci pare di udire onde, spruzzi, risate. La voce cristallina di una sirena. Vorremmo resistere, restare fedeli alla nostra umanità canicolare. Gettando l’occhio dietro siepi e recinti, però, scintillano gommosi lampi azzurri, uno dopo l’altro, a ripetizione. È l’esercito delle piscine da giardino. Finiamo insomma per entrare dove siamo invitati. «Ci mettiamo di fuori? I bambini giocano in piscina…» Ma certo. Ci sediamo accanto al paradiso fosforescente, sorridiamo, beviamo bevande colorate col ghiaccio e discutiamo cercando di capire se l’immenso animale di plastica gonfiabile sia uno squalo, un’orca o un balenottero. Finché un buco non lo sgonfia per sempre.

PS: Potete leggere qui le prime quattro cartoline. Le successive: qui dalla 5 alla 8, qui dalla 9 alla 12, qui dalla 13 alla 16, qui dalla 17 alla 20, qui dalla 21 alla 24 e qui dalla 25 alla 28.

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Panchinario 104-115

PICCOLA GUIDA ALLE PANCHINE

1) Se siete debuttanti, non scegliete una panchina troppo vicina a casa. Potreste correre il rischio, dopo un po’, di porvi una domanda fatale: “Ma che cosa ci faccio qui?” E potreste ricordarvi che a casa avete una poltrona comoda.

2) Non cedete subito al richiamo di una panchina. Allontanatevi di qualche passo, poi fermatevi, come per un pensiero improvviso. Tornate indietro e, come per caso, accorgetevi della panchina. “Ma guarda! E se mi sedessi per qualche minuto?”

3) Le panchine sono fuori dal tempo. Non commettete l’errore, appena seduti, di controllare l’ora sull’orologio o sul telefono. Per assaporare davvero una panchina, è necessario non sapere da quanti minuti (ore?) si è seduti a guardar passare il mondo.

AVVERTENZA: I pdf degli articoli su “Ticino 7” al momento non sono ancora disponibili. Aggiornerò il Panchinario appena possibile.

104) MONTE BOGLIA, sopra Lugano, lungo la cresta a trecento metri dalla vetta
Coordinate: 2’721’645.0; 1’098’530.3
Comodità: 2 stelle su 5
Vista: 5 stelle su 5
Ideale per… superare i confini.
Dal paese di Brè, a 900 metri di quota, si sale attraverso un bosco di faggi. Dopo i 1000 metri gli alberi cominciano a diradarsi; dal Sasso Rosso, a 1317 metri, la vista spazia sul lago di Lugano. Anche dalla cime del Boglia (1516 metri) il panorama è stupendo: i laghi, le Alpi e le Prealpi, la Valsolda. Questa panchina si trova più in basso lungo la cresta, proprio davanti al cippo di confine numero 7 ½ G. La frontiera ufficiale fra Svizzera e Italia passa di lì, invisibile, vagamente assurda. Quante volte, nella vita, ci capita di credere che una linea divisoria (di qualunque tipo essa sia) possa mantenere le cose come sono? Quante volte innalziamo dei muri? Ma il pensiero, l’immaginazione abbattono ogni steccato. Basta muovere un passo accanto al cippo 7 ½ G: non esistono più “qui” e “là”, ma soltanto rocce, laghi, montagne, desideri ampi come nuvole che passano sopra il confine.
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):


105) CASTAGNOLA, lungo il Sentiero di Gandria
Coordinate: 2’720’476.6; 1’095’911.2
Comodità: 4 stelle su 5
Vista: 5 stelle su 5
Ideale per… avvistare creature fantastiche.
Questo è il luogo di tutte le partenze, il principio di ogni avventura. Svanisce il sentiero, insieme al ristorante. C’è una  barca che oscilla, poi l’acqua calma del lago, poi l’ignoto. Le montagne, i riflessi, il San Salvatore, tutto prende vita e consistenza corporea. Quella che sorge nella foschia non è più una montagna, ma una creatura fantastica. È una bestia che vive nelle profondità del lago e che a pochi è dato scorgere – all’alba, quando il silenzio avvolge le cose. È un animale immenso, che sosta immobile e che pare inanimato… ma il suo vasto respiro si trasmette fino alla panchina. Il possente Leviatano? L’antico Zaratán degli zoologi arabi, che i marinai confondevano con un’isola, così come accadeva con il Jasconye di san Brandano? O è una variazione del mostruoso Kraken, che emerge dalle profondità dei mari nordici? Forse è una creatura senza nome, che ancora attende di venire scoperta.
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Colonna sonora (30 secondi):


106) AVUSY, lungo le Chemin du Moulin-de-la-Grave
Coordinate: 2’488’066.5; 1’111’771.8
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… osservare le nuvole.
Questa panchina che si confonde nella natura, come se fosse un pezzo di tronco rotolato qui per caso, è un luogo ideale per la nubologia. Laggiù, tra gli alberi, palazzi di nuvole sorgono e crollano, mentre appaiono entità di ogni genere – cose persone animali – come se un altro mondo, suscitato dalla fantasia, si sovrapponesse alle strade e ai campi di Avusy, nel Canton Ginevra. Attenzione, non si tratta di una questione meteorologica: non stiamo parlando delle nubi secondo la definizione scientifica di idrometeore composte di particelle di vapore d’acqua e cristalli di ghiaccio. Tuttalpiù distinguiamo fra cirri, cumuli e strati, magari ci spingiamo a ipotizzare un cumulonembo; ma la nostra nubologia è una forma di esercizio dell’immaginazione, un allenamento alla creatività: «quando abbiamo imparato dalle nuvole siamo diventati poeti, capaci del pensiero metaforico» (P. Millanta, La forma delle nuvole, Ediciclo 2020).
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Colonna sonora (30 secondi):


107) CAMORINO, nella zona di Serta, vicino alla capanna Cremorasco
Coordinate: 2’721’350.0; 1’111’937.0
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… trovare sé stessi.
Anche quando ricopre montagne placide, quando circonda una valle conosciuta, piena di case, strade, dove scorrono fiume e ferrovia, anche quando appare quasi domestico, il bosco è sempre il bosco. Uscire dal sentiero, perdersi nell’ombra e nell’intrico di rami è una delle paure primordiali dell’umanità, da Cappuccetto Rosso alla «selva oscura» di Dante Alighieri. Talvolta accade anche sui monti sopra Camorino. M’inoltro in una macchia di castagni, mi arrampico su un pendio… Di colpo, non so più dove sono. Vicino al mio mondo, alla mia vita quotidiana, eppure lontanissimo. Giro e rigiro, finché davanti a me si apre una radura. Proprio al centro, accarezzata da una luce dolce, sta una panchina. Prima ancora di avvicinarmi, vedo me stesso. Sono seduto tranquillo e guardo il paesaggio. Sono davvero io, su quella panchina? Mi avvicino con cautela. Quando uno torna dal bosco, non è mai la stessa persona.
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Colonna sonora (30 secondi):


108) SANT’ANTONINO, in via della Posta
Coordinate: 2’718’943.4; 1’112’618.5
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 2 stelle su 5
Ideale per… conversare con un serpente marino.
È uno che ne ha combinate di tutti i colori. Nato nelle profondità dell’oceano migliaia di anni fa, ricorda ancora l’epoca dei grandi velieri… e soprattutto il terrore sulle facce dei marinai nel vederlo sorgere dagli abissi. Dopo aver conosciuto burrasche e bonacce, iceberg e isole tropicali, il serpente di mare ha deciso di passare gli anni della pensione a Sant’Antonino, di fronte a un’aiuola fiorita e a due passi dal Salone parrocchiale. Per sbarcare il lunario, svolge il compito di rubinetto della fontana. Ogni tanto vengo a sedermi su questa panchina sinuosa e ascolto quello che, a un orecchio disattento, può sembrare il gorgoglio dell’acqua. In realtà è la voce del vecchio serpente che racconta le sue peripezie: quando ha incrociato le caravelle di Colombo; quando ha combattuto contro il pirata Edward Teach, detto Barbanera; quando nel 1912 ha visto passare un transatlantico che pareva inaffondabile.
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Colonna sonora (30 secondi):


109) BARCELLONA, all’angolo fra carrer del Parlament e carrer de Viladomat
Coordinate: 41°22’34.5″N; 2°09’43.3″E
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 2 stelle su 5
Ideale per… incontrare Pepe Carvalho.
Lo scrittore Manuel Vázquez Montalbán (1939-2003) racconta che il mestiere del suo investigatore Pepe Carvalho «non era salvare vite o distruggerle, bensì osservarle per un certo tratto del loro percorso, senza preoccuparsi né dell’inizio né della fine» (La Rosa di Alessandria, 1984; Feltrinelli 1995). Dove ritrovare oggi il più celebre detective di Barcellona? Forse starà osservando la vita da una panchina qualunque, come questa davanti all’Armería Izquierdo. Siamo a pochi passi dal barrio Raval, già barrio Chino, in una zona multietnica popolata da pakistani, cinesi, magrebini. Giorno e notte – il quartiere non dorme mai – si può passeggiare tra gli alberi della rambla del Raval o fra i locali equivoci della calle Robador; oppure fermarsi ad assaggiare un vermuth nei bar amati da Pepe Carvalho: il minuscolo Pastis, il Can Lluís o il sontuoso Marsella, fondato nel 1820.
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Colonna sonora (30 secondi):


110) BRIONE VERZASCA, lungo il fiume di fronte a via Pianesc
Coordinate: 2’704’659.0; 1’127’305.0
Comodità: 2 stelle su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… leggere Anna Gnesa.
Si può girare il mondo, leggere, studiare, ma capire un luogo resta un’impresa difficile. La scrittrice Anna Gnesa (1904-86), che era originaria proprio di Brione Verzasca, non smise mai d’indagare il cuore di questo prodigioso paesaggio. Stare su una panchina con i sensi all’erta – resistendo al richiamo del telefono – è una buona via per imparare il fruscio del bosco, l’ombra mutevole degli alberi, il canto dell’acqua. «Il fiume, nuovo ogni giorno, è vita per innumerevoli creature, e talvolta è anche morte. […] Vita, morte, e ancora vita, sempre, invincibile. E in questo affaccendarsi, la fugacità nostra e delle cose, che la montagna ci richiama con l’inesorabile evidenza del tempo; perché se il mare è lo spazio, la montagna è il tempo. Tempo immenso, o anche solo di istanti. Il mistero, lo splendore, la fugacità delle cose: questo insegna la valle» (A. Gnesa, Lungo la strada, Dadò 2001).
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Colonna sonora (30 secondi):


111) GAVIRATE, sul lungolago Isola Virginia, tra il parco Folaga Allegra e il lido
Coordinate: 45°50’18.4″N 8°43’03.2″E
Comodità: 2 stelle su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… spegnere i litigi.
Il parco giochi è deserto e il paesaggio sembra una foto particolarmente vivida: il taglio netto dell’ombra, l’azzurro del lago di Varese, il marrone della sabbia, il verde degli alberi. Quando sto per andarmene, sento le voci furibonde di un litigio. È una coppia di giovani, fra i venti e i trent’anni. Discutono di una possibile vacanza in comune e del fatto che invece lei preferisca partire con le sue amiche. Si siedono sulla panchina e continuano a parlare senza ascoltarsi: non è questione di fiducia ma; potevi dirlo prima che; però scusa loro le vedi sempre; se non ti fidi allora dillo. Poi le frasi rallentano. I toni si abbassano. Si capisce che continuano per inerzia, ma non ci credono più. Il diverbio appare loro assurdo: l’acqua, la placidità dell’acqua, ha inghiottito ogni rancore. «Vabbè» dice lui alzandosi. «Vediamo, dai, non abbiamo fretta.» Lei sorride, guardando il lago.
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Colonna sonora (30 secondi):


112) REALP, sulla vetta della Hannibal Turm (2882 m)
Coordinate: 2’675’164.0; 1’161’357.4
Comodità: 2 stelle su 5
Vista: 5 stelle su 5
Ideale per… aspettare l’autopostale.
Siamo nella zona del Furka, nel Canton Uri. In una valle di roccia, poco lontano dalla capanna Sidelen, si erge uno spunzone di granito: la Torre di Annibale (Hannibal Turm). Per raggiungere la cima bisogna arrampicarsi lungo i fianchi dalle sfumature grigio-rossastre. L’itinerario è conosciuto come “Conquest of Paradise” (per i conoscitori: la difficoltà massima è di 6a+). Proprio sulla cima, si trova la “Hanibank”: una classica panchina rossa con un cartello che indica gli orari dell’autopostale. Davanti agli occhi rifulge la bellezza del Furkahorn, del Galenstock, della neve abbagliante che purifica i pensieri. Poi, certo, bisogna tornare in basso. Ma la speranza è che un giorno o l’altro l’assurdo diventi realtà, e che davvero passi di qui un autopostale… naturalmente annunciato dal tradizionale clacson a tre note: sol diesis, mi, la (in la maggiore), come nel Guglielmo Tell di Rossini.
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Colonna sonora (30 secondi):


113) FAIDO, nel bosco sopra Chinchengo
Coordinate: 2’705’801.5; 1’148’312.3
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… ingannare il tempo.
Salgo a piedi da Faido a Rossura, seguendo il sentiero che passa per i boschi. In macchina, lungo la strada asfaltata, si arriva in meno di dieci minuti. Durante l’estate c’è un gran viavai di villeggianti. Ci si muove per mille ragioni: passeggiate, lavoro, aperitivi, spesa, trasporto di figli e via discorrendo. A una svolta del sentiero, mi fermo su questa lunga panchina dall’aspetto fragile. Davanti c’è una cappella votiva dedicata a Padre Rocco da Bedano, un frate cappuccino che ancora negli anni Sessanta ogni domenica saliva a piedi per celebrare la messa. Penso a come sarebbero le vacanze se non ci fosse la strada carrozzabile, così com’era fino agli anni Trenta. Senza automobili di sicuro la vita rallenterebbe. Chissà, magari nella nostra percezione una settimana di ferie in montagna si dilaterebbe, fino a durare un mese o più. Ascolto i fruscii del bosco e, almeno per qualche minuto, provo a ingannare il tempo.
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114) PIANDERA, fuori dal paese, lungo la via Cantonale
Coordinate:  2’724’258; 1’105’056
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… lottare contro l’odio.
Il sentimento è maiuscolo: ODIO AMBRÌ. La panchina è stata imbrattata da uno o più sostenitori dell’Hockey Club Lugano, con l’intento di ribadire la propria appartenenza e di esprimere disprezzo per l’Hockey Club Ambrì Piotta. Mi siedo con cautela, con l’impressione di essere piombato in una curva di tifosi. Alle mie spalle: ULTRAS LUGANO. Di fianco: ANTI GBB (la sigla GBB sta per “gioventù biancoblu”, un gruppo di sostenitori della squadra rivale). Perché tanto accanimento, in questo luogo circondato dai boschi della Val Colla? Non c’è da stupirsi. Se l’odio è dappertutto – sport, politica, mezzi di comunicazione – vuoi che non arrivi anche sulle panchine? C’è chi sorride (sono ragazzate!) e chi s’indigna (maleducati!). Ma la parola ODIO su una panchina è anche un invito a guardarsi dentro: quell’erbaccia può attecchire in ogni essere umano, nessuno escluso. Ogni tanto non guasta un piccolo controllo.
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Colonna sonora (30 secondi):


115) IRAGNA, nei boschi sopra Pön
Coordinate:2’716’285; 1’131’461
Comodità:2 stelle su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… vedere l’invisibile.
Sulla panchina sono scritti due nomi: Mano e Milo, due grandi amici che avevano l’abitudine di passare da queste parti. È una zona impervia, fitta di boschi e dirupi. Mano e Milo sedevano insieme, accanto al sentiero, e contemplavano il burrone che si apriva davanti a loro. Forse restavano in silenzio: spesso tra vecchi amici i pensieri corrono dall’uno all’altro senza che ci sia bisogno di pronunciarli. Quando Mano morì, Milo sentì la ferita della solitudine davanti al vuoto del precipizio. Allora ebbe l’idea di scrivere i nomi sulla panchina; così, quando si sarebbe seduto al suo posto, avrebbe potuto immaginare l’amico al suo fianco. Quando mi fermo qui, ho l’impressione di non essere solo davanti all’abisso: il vuoto spaventoso dell’assenza è colmato dall’amicizia, che resiste anche alla morte. Più tardi, proseguendo lungo il sentiero, penso che al mondo esistono più cose di quelle che uno riesce a vedere.
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Colonna sonora (30 secondi):

 

PS: Potete leggere qui le prime quattro panchine, qui le panchine da 5 a 10, qui da 11 a 17 e qui da 18 a 23, qui da 24 a 30, qui da 31 a 37, qui da 38 a 45, qui da 46 a 55, qui da 56 a 64, qui da 65 a 73, qui da 74 a 81, qui da 82 a 93 e qui da 94 a 103. In generale, nella categoria Panchinario (in alto a destra), si trovano tutte le panchine.

PPS: Sono grato a chi mi accompagna e a chi mi fa scoprire nuove panchine. In particolare, grazie a Paolo (Monte Boglia), Martina (Castagnola), Francesca e Nicola (Avusy), Gabriel (Camorino e Realp), Caterina (Barcellona), Filippo (Brione Verzasca), Barbara (Gavirate), Giacomo (Sant’Antonino), Maria e Sara (Faido), Lavinia e Giulio (Piandera e Iragna).
Ogni tanto pubblico anche fotografie che mi arrivano da parte di lettrici e lettori con il gusto di scovare panchine belle o insolite. Stavolta tuttavia, dal momento che l’articolo contiene già dodici panchine, mi sono limitato a quelle “ufficiali”.

PPPS: In genere, per segnalare le panchine di tutto il mondo uso il WGS84 (World Geodetic System 1984), cioè un sistema di coordinate costruito a partire da un ellissoide di riferimento risalente al 1984. La latitudine e la longitudine sono designate mediante la proiezione universale trasversa di Mercatore (UTM), da cui la sigla UTM-WGS84. Le cifre sono espresse in base sessagesimale: gradi, minuti, secondi.
Per quanto riguarda le panchine situate in Svizzera, invece, uso la triangolazione nazionale MN95, introdotta negli anni Novanta e ultimata nel 2016: si tratta di coordinate a sette cifre con la città di Berna come punto di origine. I valori hanno sempre un 1 in direzione nord-sud e un 2 in direzione ovest-est. Gli assi sono quindi 2’600’000 metri (est) e 1’200’000 metri (nord). Per definire un punto nel territorio elvetico, le coordinate MN95 sono più precise rispetto a quelle mondiali. A chi volesse convertire le coordinate MN95 in UTM-WGS84, consiglio di consultare il sito Swisstopo, che fornisce tutti i dettagli, compresa una mappa molto accurata (potete inserire nella mappa le coordinate svizzere per individuare una singola panchina).


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