Mi capita a volte di pensare ad animali che non esistono. Per anni ho buttato giù appunti su queste bestie immaginarie. Mi sono appassionato all’argomento, ho letto bestiari medievali e bestiari moderni. Piano piano ho scritto delle prose, poi molte le ho abbandonate, altre le ho corrette e riviste, altre ancora le ho perse e ritrovate. Alcune sono finite nel romanzo Le strade oscure (Guanda).
Da sempre gli scrittori affidano agli animali le parole che non riescono a dire. Nelle mie ricerche sono partito da antichi testi cinesi ed ebraici e dalla stessa Bibbia, che contiene molti animali fantastici. Poi mi sono soffermato sul Fisiologo, che è il bestiario occidentale più antico, composto in greco ad Alessandria nel II secolo. Nella loro ingenuità, i vecchi bestiari possono suscitare commozione. «C’è un uccello chiamato upupa – dice il Fisiologo. – I figli, quando vedono i genitori invecchiati, strappano le loro vecchie ali e leccano i loro occhi, li riscaldano sotto le loro ali e li covano e questi ridiventano giovani; allora dicono ai loro genitori: “Voi ci avete covati e avete faticato per allevarci; anche noi abbiamo fatto lo stesso con voi”.» Oltre alla tenerezza delle cure, stupisce questa infanzia rinata nell’estrema vecchiezza. Curioso come proprio questo uccello sia stato in seguito, come ebbe a dire Eugenio Montale, «calunniato dai poeti». Foscolo lo rappresenta come un’«immonda» creatura che svolazza fra le tombe e Parini l’annovera fra i «mostri avversi al sole». Montale invece è più vicino al Fisiologo, quando definisce l’upupa un «ilare uccello» e un «nunzio primaverile», celebrandone la vitalità: «per te il tempo s’arresta / non muore più febbraio».
Anche nei migliori bestiari del Novecento gli animali esprimono la drammaticità e la grazia della vita umana. Federigo Tozzi, per esempio, con le sue Bestie (1917) compone una serie di prose brevi dove compare sempre un animale, come clausola misteriosa. Così l’autore racconta il suo ritorno a casa in una notte stellata: «E tutta la bellezza della sera vorrebbe entrare dopo di me; e spinge in qua l’uscio, sì che duro fatica a rinchiuderlo. Perché la gatta miagola e si spenzola dalla grondaia?» Il brano finisce qui, con il fremito dell’animale che rappresenta la segreta tensione dell’uomo. In questo caso sono animali reali, come l’upupa e la gatta, usati però al servizio dell’immaginazione. Ma nei bestiari appaiono anche veri e propri animali immaginari, come le «particelle grammaticali» di Ermanno Cavazzoni: «I laonde, i per cui, i costà appartengono alla categoria degli insetti e ronzano intorno alla testa del poeta sotto ispirazione». Oppure pensiamo al Manuale di zoologia fantastica, in cui Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero annotano le caratteristiche di molte creature interessanti, fra le quali il Goofus Bird, «uccello che costruisce il nido a rovescio e vola all’indietro, perché non gli importa del posto dove va, ma di quello dove stava».
Nel romanzo Le strade oscure appaiono animali tratti dai bestiari antichi e da quelli moderni. Ma le prose specificamente dedicate a queste invenzioni, sebbene partano dalle figurazioni medievali, si sviluppano in maniera indipendente. Ecco un esempio.
Avrai sentito parlare del grizzly. È uno degli orsi più grandi che ci siano al mondo. Ho letto di un esemplare che pesava ben 680 chilogrammi. Poi c’è il cosiddetto «orso grolare», che è ancora più grosso ed è un incrocio fra un grizzly e un orso polare. Pochi invece conoscono l’esistenza del grilly. È altrettanto grande e pericoloso, ma non ha denti né unghie. Per dirla tutta non ha nemmeno pelo, grasso, ossa, nervi o muscoli. Il grilly non si può toccare, non si può vedere. È qualcosa che percorre le strade nei pomeriggi assolati dei weekend. Le madri preparano l’insalata di patate, i padri accendono la carbonella. I bambini giocano dentro una piscina azzurra. I nonni o gli zii bevono un bicchiere di bianco. L’uomo che cammina cade facilmente nell’agguato. La stretta poderosa del grilly lo cattura all’improvviso: egli allora pensa a quanto sia lontano dai suoi cari e si perde nella nuvola odorosa di carne, birra, famiglie felici, risate, persone che sanno stare tranquille. L’uomo, tra le zampe della bestia, è disperatamente solo. È possibile sconfiggere un grilly? Sì, ma bisogna essere molto coraggiosi. E anche molto fortunati.
Prima di chiudere vorrei fare un altro esempio, per illustrare la genesi di un altro animale immaginario che si trova nel romanzo. Spesso, quando guardo il cielo, mi capita di vedere draghi. Molte persone riconoscono forme nelle nuvole: uomini, donne, cose, bestie, magari anche creature più oniriche e bizzarre. È quasi inevitabile. Gli animali, del resto, non appaiono soltanto nelle nuvole, ma si nascondono ovunque: ricordo un passo di Moby Dick in cui Melville accenna alle balene intraviste in un profilo di montagna. Da quando lo lessi per la prima volta, anch’io ho avvistato parecchi di questi inafferrabili “cetacei di montagna”. Tornando al cielo, in un primo momento mi venne in mente di scrivere una piccola prosa dedicata alla “nuvola-drago”. Ma mi sembrava troppo banale, troppo ancorata a un semplice esercizio di fantasia. Voglio dire, nella mia vita avevo conosciuto molte nuvole-drago (e ogni estate ne scopro di nuove), ma non mi sembravano un vero e proprio animale immaginario come lo sniek, il buiardo, il segretolo, l’erkraidguyok, la fogliassera, il ciottolicchio, la pulciottera e tutti gli altri che riempivano le pagine del mio taccuino (quelli appena citati, in particolare, sono finiti anche nel romanzo). Alla fine compresi che il drago doveva apparire diverso: non una nuvola che si staglia nel cielo, ma una creatura più profonda, più vasta, più indecifrabile, proprio come il cielo stesso.
Nella vita di tutti noi ci sono molti draghi. Quelli più remoti, che risalgono alle fiabe ascoltate da bambini, quelli impalpabili che cerchiamo nelle costellazioni o nella forma delle nuvole, quelli che incontriamo nei libri, nei dipinti, nelle sculture. Ci sono draghi che s’insinuano di notte nei nostri sogni, altri a cui diamo nomi diversi: dinosauri, serpentoni, mostri, chimere. Ma il drago più grande è il cielo. O meglio, non il vero cielo, ma una creatura che gli si pone davanti, dello stesso colore, della stessa sostanza. È un animale mimetico, in grado di assumere la forma celeste tanto da ingannare chiunque. Per individuarlo bisogna sdraiarsi su un prato, in un pomeriggio estivo, e contemplare a lungo l’azzurro. Allora capiterà di sorprendere un movimento furtivo, un colpo d’ala o uno sbuffo di fumo. Per un attimo sarà come vedere un cielo adagiato contro il cielo. Quando poi il drago volerà via, la profondità sopra di noi sembrerà ancora più vasta, più misteriosa. A che cosa serve, ti chiederai, questo drago tanto difficile da reperire? È semplice: serve a guardare meglio il cielo.
PS: Approfitto di questo articolo che prende spunto da Le strade oscure per annunciare ai lettori di questo blog che il romanzo è stato scelto nella cinquina dei finalisti al Premio Scerbanenco 2022, in seguito alla selezione della giuria e al voto del pubblico; a questo proposito, ringrazio di cuore tutte le persone che hanno votato per il romanzo.
PPS: Avevo già approfondito qui alcuni aspetti della genesi del romanzo. E avevo già parlato degli animali immaginari in un articolo apparso su “Il Libraio”.
PPPS: Ecco un elenco dei testi che ho citato nell’articolo: AAVV, Bestiari tardoantichi e medievali, a cura di Francesco Zambon, Bompiani 2018; Foscolo, “I sepolcri”, in Sepolcri Odi Sonetti, Mondadori 1987; Parini, “La Notte”, in Il Giorno, Mondadori 1986; Ermanno Cavazzoni, Guida agli animali fantastici, Guanda 2011; Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero, Manual de zoología fantástica, 1957, Manuale di zoologia fantastica, trad. di Franco Lucentini, nuova edizione a cura di Glauco Felci, Einaudi 1998; Federigo Tozzi, Bestie, in Opere, Mondadori 1987. Non ho citato esplicitamente il passo di Moby Dick (ve lo lascio cercare, se volete, com’è giusto che si faccia con le balene); comunque, se l’avessi fatto, sarebbe stato nella traduzione di Cesare Pavese pubblicata da Adelphi.
1) Se siete debuttanti, non scegliete una panchina troppo vicina a casa. Potreste correre il rischio, dopo un po’, di porvi una domanda fatale: “Ma che cosa ci faccio qui?” E potreste ricordarvi che a casa avete una poltrona comoda.
2) Non cedete subito al richiamo di una panchina. Allontanatevi di qualche passo, poi fermatevi, come per un pensiero improvviso. Tornate indietro e, come per caso, accorgetevi della panchina. “Ma guarda! E se mi sedessi per qualche minuto?”
3) Le panchine sono fuori dal tempo. Non commettete l’errore, appena seduti, di controllare l’ora sull’orologio o sul telefono. Per assaporare davvero una panchina, è necessario non sapere da quanti minuti (ore?) si è seduti a guardar passare il mondo.
AVVERTENZA: I pdf degli articoli su “Ticino 7” al momento non sono ancora disponibili. Aggiornerò il Panchinario appena possibile.
104) MONTE BOGLIA, sopra Lugano, lungo la cresta a trecento metri dalla vetta Coordinate: 2’721’645.0; 1’098’530.3 Comodità: 2 stelle su 5 Vista: 5 stelle su 5 Ideale per… superare i confini. Dal paese di Brè, a 900 metri di quota, si sale attraverso un bosco di faggi. Dopo i 1000 metri gli alberi cominciano a diradarsi; dal Sasso Rosso, a 1317 metri, la vista spazia sul lago di Lugano. Anche dalla cime del Boglia (1516 metri) il panorama è stupendo: i laghi, le Alpi e le Prealpi, la Valsolda. Questa panchina si trova più in basso lungo la cresta, proprio davanti al cippo di confine numero 7 ½ G. La frontiera ufficiale fra Svizzera e Italia passa di lì, invisibile, vagamente assurda. Quante volte, nella vita, ci capita di credere che una linea divisoria (di qualunque tipo essa sia) possa mantenere le cose come sono? Quante volte innalziamo dei muri? Ma il pensiero, l’immaginazione abbattono ogni steccato. Basta muovere un passo accanto al cippo 7 ½ G: non esistono più “qui” e “là”, ma soltanto rocce, laghi, montagne, desideri ampi come nuvole che passano sopra il confine. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
105) CASTAGNOLA, lungo il Sentiero di Gandria Coordinate: 2’720’476.6; 1’095’911.2 Comodità: 4 stelle su 5 Vista: 5 stelle su 5 Ideale per… avvistare creature fantastiche. Questo è il luogo di tutte le partenze, il principio di ogni avventura. Svanisce il sentiero, insieme al ristorante. C’è una barca che oscilla, poi l’acqua calma del lago, poi l’ignoto. Le montagne, i riflessi, il San Salvatore, tutto prende vita e consistenza corporea. Quella che sorge nella foschia non è più una montagna, ma una creatura fantastica. È una bestia che vive nelle profondità del lago e che a pochi è dato scorgere – all’alba, quando il silenzio avvolge le cose. È un animale immenso, che sosta immobile e che pare inanimato… ma il suo vasto respiro si trasmette fino alla panchina. Il possente Leviatano? L’antico Zaratán degli zoologi arabi, che i marinai confondevano con un’isola, così come accadeva con il Jasconye di san Brandano? O è una variazione del mostruoso Kraken, che emerge dalle profondità dei mari nordici? Forse è una creatura senza nome, che ancora attende di venire scoperta. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
106) AVUSY, lungo le Chemin du Moulin-de-la-Grave Coordinate: 2’488’066.5; 1’111’771.8 Comodità: 1 stella su 5 Vista: 4 stelle su 5 Ideale per… osservare le nuvole. Questa panchina che si confonde nella natura, come se fosse un pezzo di tronco rotolato qui per caso, è un luogo ideale per la nubologia. Laggiù, tra gli alberi, palazzi di nuvole sorgono e crollano, mentre appaiono entità di ogni genere – cose persone animali – come se un altro mondo, suscitato dalla fantasia, si sovrapponesse alle strade e ai campi di Avusy, nel Canton Ginevra. Attenzione, non si tratta di una questione meteorologica: non stiamo parlando delle nubi secondo la definizione scientifica di idrometeore composte di particelle di vapore d’acqua e cristalli di ghiaccio. Tuttalpiù distinguiamo fra cirri, cumuli e strati, magari ci spingiamo a ipotizzare un cumulonembo; ma la nostra nubologia è una forma di esercizio dell’immaginazione, un allenamento alla creatività: «quando abbiamo imparato dalle nuvole siamo diventati poeti, capaci del pensiero metaforico» (P. Millanta, La forma delle nuvole, Ediciclo 2020). PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
107) CAMORINO, nella zona di Serta, vicino alla capanna Cremorasco Coordinate: 2’721’350.0; 1’111’937.0 Comodità: 1 stella su 5 Vista: 4 stelle su 5 Ideale per… trovare sé stessi. Anche quando ricopre montagne placide, quando circonda una valle conosciuta, piena di case, strade, dove scorrono fiume e ferrovia, anche quando appare quasi domestico, il bosco è sempre il bosco. Uscire dal sentiero, perdersi nell’ombra e nell’intrico di rami è una delle paure primordiali dell’umanità, da Cappuccetto Rosso alla «selva oscura» di Dante Alighieri. Talvolta accade anche sui monti sopra Camorino. M’inoltro in una macchia di castagni, mi arrampico su un pendio… Di colpo, non so più dove sono. Vicino al mio mondo, alla mia vita quotidiana, eppure lontanissimo. Giro e rigiro, finché davanti a me si apre una radura. Proprio al centro, accarezzata da una luce dolce, sta una panchina. Prima ancora di avvicinarmi, vedo me stesso. Sono seduto tranquillo e guardo il paesaggio. Sono davvero io, su quella panchina? Mi avvicino con cautela. Quando uno torna dal bosco, non è mai la stessa persona. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
108) SANT’ANTONINO, in via della Posta Coordinate: 2’718’943.4; 1’112’618.5 Comodità: 1 stella su 5 Vista: 2 stelle su 5 Ideale per… conversare con un serpente marino. È uno che ne ha combinate di tutti i colori. Nato nelle profondità dell’oceano migliaia di anni fa, ricorda ancora l’epoca dei grandi velieri… e soprattutto il terrore sulle facce dei marinai nel vederlo sorgere dagli abissi. Dopo aver conosciuto burrasche e bonacce, iceberg e isole tropicali, il serpente di mare ha deciso di passare gli anni della pensione a Sant’Antonino, di fronte a un’aiuola fiorita e a due passi dal Salone parrocchiale. Per sbarcare il lunario, svolge il compito di rubinetto della fontana. Ogni tanto vengo a sedermi su questa panchina sinuosa e ascolto quello che, a un orecchio disattento, può sembrare il gorgoglio dell’acqua. In realtà è la voce del vecchio serpente che racconta le sue peripezie: quando ha incrociato le caravelle di Colombo; quando ha combattuto contro il pirata Edward Teach, detto Barbanera; quando nel 1912 ha visto passare un transatlantico che pareva inaffondabile. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
109) BARCELLONA, all’angolo fra carrer del Parlament e carrer de Viladomat Coordinate: 41°22’34.5″N; 2°09’43.3″E Comodità: 3 stelle su 5 Vista: 2 stelle su 5 Ideale per… incontrare Pepe Carvalho. Lo scrittore Manuel Vázquez Montalbán (1939-2003) racconta che il mestiere del suo investigatore Pepe Carvalho «non era salvare vite o distruggerle, bensì osservarle per un certo tratto del loro percorso, senza preoccuparsi né dell’inizio né della fine» (La Rosa di Alessandria, 1984; Feltrinelli 1995). Dove ritrovare oggi il più celebre detective di Barcellona? Forse starà osservando la vita da una panchina qualunque, come questa davanti all’Armería Izquierdo. Siamo a pochi passi dal barrio Raval, già barrio Chino, in una zona multietnica popolata da pakistani, cinesi, magrebini. Giorno e notte – il quartiere non dorme mai – si può passeggiare tra gli alberi della rambla del Raval o fra i locali equivoci della calle Robador; oppure fermarsi ad assaggiare un vermuth nei bar amati da Pepe Carvalho: il minuscolo Pastis, il Can Lluís o il sontuoso Marsella, fondato nel 1820. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
110) BRIONE VERZASCA, lungo il fiume di fronte a via Pianesc Coordinate: 2’704’659.0; 1’127’305.0 Comodità: 2 stelle su 5 Vista: 4 stelle su 5 Ideale per… leggere Anna Gnesa. Si può girare il mondo, leggere, studiare, ma capire un luogo resta un’impresa difficile. La scrittrice Anna Gnesa (1904-86), che era originaria proprio di Brione Verzasca, non smise mai d’indagare il cuore di questo prodigioso paesaggio. Stare su una panchina con i sensi all’erta – resistendo al richiamo del telefono – è una buona via per imparare il fruscio del bosco, l’ombra mutevole degli alberi, il canto dell’acqua. «Il fiume, nuovo ogni giorno, è vita per innumerevoli creature, e talvolta è anche morte. […] Vita, morte, e ancora vita, sempre, invincibile. E in questo affaccendarsi, la fugacità nostra e delle cose, che la montagna ci richiama con l’inesorabile evidenza del tempo; perché se il mare è lo spazio, la montagna è il tempo. Tempo immenso, o anche solo di istanti. Il mistero, lo splendore, la fugacità delle cose: questo insegna la valle» (A. Gnesa, Lungo la strada, Dadò 2001). PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
111) GAVIRATE, sul lungolago Isola Virginia, tra il parco Folaga Allegra e il lido Coordinate: 45°50’18.4″N 8°43’03.2″E Comodità: 2 stelle su 5 Vista: 4 stelle su 5 Ideale per… spegnere i litigi. Il parco giochi è deserto e il paesaggio sembra una foto particolarmente vivida: il taglio netto dell’ombra, l’azzurro del lago di Varese, il marrone della sabbia, il verde degli alberi. Quando sto per andarmene, sento le voci furibonde di un litigio. È una coppia di giovani, fra i venti e i trent’anni. Discutono di una possibile vacanza in comune e del fatto che invece lei preferisca partire con le sue amiche. Si siedono sulla panchina e continuano a parlare senza ascoltarsi: non è questione di fiducia ma; potevi dirlo prima che; però scusa loro le vedi sempre; se non ti fidi allora dillo. Poi le frasi rallentano. I toni si abbassano. Si capisce che continuano per inerzia, ma non ci credono più. Il diverbio appare loro assurdo: l’acqua, la placidità dell’acqua, ha inghiottito ogni rancore. «Vabbè» dice lui alzandosi. «Vediamo, dai, non abbiamo fretta.» Lei sorride, guardando il lago. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
112) REALP, sulla vetta della Hannibal Turm (2882 m) Coordinate: 2’675’164.0; 1’161’357.4 Comodità: 2 stelle su 5 Vista: 5 stelle su 5 Ideale per… aspettare l’autopostale. Siamo nella zona del Furka, nel Canton Uri. In una valle di roccia, poco lontano dalla capanna Sidelen, si erge uno spunzone di granito: la Torre di Annibale (Hannibal Turm). Per raggiungere la cima bisogna arrampicarsi lungo i fianchi dalle sfumature grigio-rossastre. L’itinerario è conosciuto come “Conquest of Paradise” (per i conoscitori: la difficoltà massima è di 6a+). Proprio sulla cima, si trova la “Hanibank”: una classica panchina rossa con un cartello che indica gli orari dell’autopostale. Davanti agli occhi rifulge la bellezza del Furkahorn, del Galenstock, della neve abbagliante che purifica i pensieri. Poi, certo, bisogna tornare in basso. Ma la speranza è che un giorno o l’altro l’assurdo diventi realtà, e che davvero passi di qui un autopostale… naturalmente annunciato dal tradizionale clacson a tre note: sol diesis, mi, la (in la maggiore), come nel Guglielmo Tell di Rossini. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
113) FAIDO, nel bosco sopra Chinchengo Coordinate: 2’705’801.5; 1’148’312.3 Comodità: 1 stella su 5 Vista: 3 stelle su 5 Ideale per… ingannare il tempo. Salgo a piedi da Faido a Rossura, seguendo il sentiero che passa per i boschi. In macchina, lungo la strada asfaltata, si arriva in meno di dieci minuti. Durante l’estate c’è un gran viavai di villeggianti. Ci si muove per mille ragioni: passeggiate, lavoro, aperitivi, spesa, trasporto di figli e via discorrendo. A una svolta del sentiero, mi fermo su questa lunga panchina dall’aspetto fragile. Davanti c’è una cappella votiva dedicata a Padre Rocco da Bedano, un frate cappuccino che ancora negli anni Sessanta ogni domenica saliva a piedi per celebrare la messa. Penso a come sarebbero le vacanze se non ci fosse la strada carrozzabile, così com’era fino agli anni Trenta. Senza automobili di sicuro la vita rallenterebbe. Chissà, magari nella nostra percezione una settimana di ferie in montagna si dilaterebbe, fino a durare un mese o più. Ascolto i fruscii del bosco e, almeno per qualche minuto, provo a ingannare il tempo. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
114) PIANDERA, fuori dal paese, lungo la via Cantonale Coordinate: 2’724’258; 1’105’056 Comodità: 3 stelle su 5 Vista: 3 stelle su 5 Ideale per… lottare contro l’odio. Il sentimento è maiuscolo: ODIO AMBRÌ. La panchina è stata imbrattata da uno o più sostenitori dell’Hockey Club Lugano, con l’intento di ribadire la propria appartenenza e di esprimere disprezzo per l’Hockey Club Ambrì Piotta. Mi siedo con cautela, con l’impressione di essere piombato in una curva di tifosi. Alle mie spalle: ULTRAS LUGANO. Di fianco: ANTI GBB (la sigla GBB sta per “gioventù biancoblu”, un gruppo di sostenitori della squadra rivale). Perché tanto accanimento, in questo luogo circondato dai boschi della Val Colla? Non c’è da stupirsi. Se l’odio è dappertutto – sport, politica, mezzi di comunicazione – vuoi che non arrivi anche sulle panchine? C’è chi sorride (sono ragazzate!) e chi s’indigna (maleducati!). Ma la parola ODIO su una panchina è anche un invito a guardarsi dentro: quell’erbaccia può attecchire in ogni essere umano, nessuno escluso. Ogni tanto non guasta un piccolo controllo. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
115) IRAGNA, nei boschi sopra Pön Coordinate:2’716’285; 1’131’461 Comodità:2 stelle su 5 Vista: 4 stelle su 5 Ideale per… vedere l’invisibile. Sulla panchina sono scritti due nomi: Mano e Milo, due grandi amici che avevano l’abitudine di passare da queste parti. È una zona impervia, fitta di boschi e dirupi. Mano e Milo sedevano insieme, accanto al sentiero, e contemplavano il burrone che si apriva davanti a loro. Forse restavano in silenzio: spesso tra vecchi amici i pensieri corrono dall’uno all’altro senza che ci sia bisogno di pronunciarli. Quando Mano morì, Milo sentì la ferita della solitudine davanti al vuoto del precipizio. Allora ebbe l’idea di scrivere i nomi sulla panchina; così, quando si sarebbe seduto al suo posto, avrebbe potuto immaginare l’amico al suo fianco. Quando mi fermo qui, ho l’impressione di non essere solo davanti all’abisso: il vuoto spaventoso dell’assenza è colmato dall’amicizia, che resiste anche alla morte. Più tardi, proseguendo lungo il sentiero, penso che al mondo esistono più cose di quelle che uno riesce a vedere. PDF dell’articolo su “Ticino 7” Colonna sonora (30 secondi):
PS: Potete leggere qui le prime quattro panchine, qui le panchine da 5 a 10, qui da 11 a 17 e qui da 18 a 23, qui da 24 a 30, qui da 31 a 37, qui da 38 a 45, qui da 46 a 55, qui da 56 a 64, qui da 65 a 73, qui da 74 a 81, qui da 82 a 93 e qui da 94 a 103. In generale, nella categoria Panchinario (in alto a destra), si trovano tutte le panchine.
PPS: Sono grato a chi mi accompagna e a chi mi fa scoprire nuove panchine. In particolare, grazie a Paolo (Monte Boglia), Martina (Castagnola), Francesca e Nicola (Avusy), Gabriel (Camorino e Realp), Caterina (Barcellona), Filippo (Brione Verzasca), Barbara (Gavirate), Giacomo (Sant’Antonino), Maria e Sara (Faido), Lavinia e Giulio (Piandera e Iragna).
Ogni tanto pubblico anche fotografie che mi arrivano da parte di lettrici e lettori con il gusto di scovare panchine belle o insolite. Stavolta tuttavia, dal momento che l’articolo contiene già dodici panchine, mi sono limitato a quelle “ufficiali”.
PPPS: In genere, per segnalare le panchine di tutto il mondo uso il WGS84 (World Geodetic System 1984), cioè un sistema di coordinate costruito a partire da un ellissoide di riferimento risalente al 1984. La latitudine e la longitudine sono designate mediante la proiezione universale trasversa di Mercatore (UTM), da cui la sigla UTM-WGS84. Le cifre sono espresse in base sessagesimale: gradi, minuti, secondi.
Per quanto riguarda le panchine situate in Svizzera, invece, uso la triangolazione nazionale MN95, introdotta negli anni Novanta e ultimata nel 2016: si tratta di coordinate a sette cifre con la città di Berna come punto di origine. I valori hanno sempre un 1 in direzione nord-sud e un 2 in direzione ovest-est. Gli assi sono quindi 2’600’000 metri (est) e 1’200’000 metri (nord). Per definire un punto nel territorio elvetico, le coordinate MN95 sono più precise rispetto a quelle mondiali. A chi volesse convertire le coordinate MN95 in UTM-WGS84, consiglio di consultare il sito Swisstopo, che fornisce tutti i dettagli, compresa una mappa molto accurata (potete inserire nella mappa le coordinate svizzere per individuare una singola panchina).