Non ci saremo

#Paradeplatz2018 è un progetto di Yari Bernasconi e Andrea Fazioli. Ogni mese: 1) lettura di una poesia a Paradeplatz (Zurigo); 2) osservazione e ascolto; 3) scrittura.

Paradeplatz, a Zurigo. Forse la piazza più famosa della Svizzera, dove batte il cuore della Confederazione. (Anzi, uno dei cuori: la Svizzera è un paese pluricardiaco.) La domanda è: come si può arrivare tardi a un appuntamento in un luogo tanto solenne?
Ecco le mie giustificazioni:
1) Al momento di scendere dal treno stavo orecchiando una conversazione. Una donna riferiva a un’amica le rivelazioni di un non meglio precisato sciamano, e cioè che il virus dell’influenza è irradiato dal governo per far aumentare i costi della salute e per far guadagnare le aziende farmaceutiche.
2) Tutto ciò mi ha distratto a tal punto che ho scordato il cappello sul treno. Sono tornato indietro, ma non c’era. Una signora molto cortese l’aveva preso e mi stava cercando sul binario. Trovala, spiegale, ringraziala. Ritardo.
Con Yari Bernasconi, in Paradeplatz, abbiamo letto una poesia di Fabio Donalisio.

dire le cose non è raccontarle e
spiegarle men che meno; è accettare
che esista il binario e pure il treno
e l’unico senso è che noi
non ci saremo

Mentre eravamo seduti a leggere, siamo invecchiati in fretta.
Quando alziamo gli occhi, ci accorgiamo che tutte le persone intorno sono nuove. All’improvviso, sento l’impulso di salire sul primo tram, magari quello diretto allo zoo o a Frankental. Del resto, sulle fiancate dei tram le pubblicità sbandierano panda, koala e viaggi da sogno a Singapore. Ma ci sono binari che non vedremo e luoghi che, forse, esistono proprio perché non ci saremo. Un’altra pubblicità tranviaria dice: The show must go wrong.
Sfilano cravatte e borse della spesa, zampettano piccioni, passano e ripassano con suono di risucchio macchine per la pulizia stradale. Accanto a me si siede una ragazza con un telefono così vasto che, anche se lo non facessi di proposito, probabilmente leggerei per sbaglio ciò che sta scrivendo. È un’immensa, entusiasta parola, in un profluvio di faccine: Woooooooow!!! (Mi pare di aver contato sette vocali e tre punti esclamativi, ma non ne sono sicuro). Guardo Yari e gli dico che la prossima volta dobbiamo andare a Frankental.
[AF]

*

Per noi che abitiamo a Berna, andare a Zurigo significa in genere prendere l’Intercity diretto che in 56 minuti ti lascia alla stazione centrale della più popolosa città della Svizzera. Facile. Andare a Zurigo per incontrarmi con Andrea Fazioli, invece, significa in genere scoprire solo una volta arrivati chi dei due:
a) ha sbagliato giorno (worst case scenario, come dicono i cultori del risk management: le parole sono importanti, e il nostro ambiente è molto cheap);
b) è in ritardo (best case scenario).
Questa volta è il cappello di Andrea – che è poi il cappello di Leonard Cohen – a essere in ritardo. Così, per evitare di affrettarmi, dopo essere sceso dal treno mi sgancio dalla folla che avanza verso le uscite della stazione. Nel giro di pochi minuti, l’illusione di appartenere a una comunità si scioglie in una meno volatile evidenza: sono solo. Sopra la testa i tabelloni digitali con gli orari dei treni. Tutto intorno una pulizia irreale, muri chiari e corrimani metallici.
La pulizia è anche la prima immagine che mi investe in Paradeplatz: il tempo di sedersi e una pulitrice a quattro ruote comincia a fare il giro della piazza, spazzando l’asfalto già lustro e aspirando con roboante entusiasmo. Ci si può chiedere perché certi clichés vengano coltivati con tanta dedizione. Sotto il tettuccio della pensilina dove sostiamo, del resto, le vetrate della struttura che porta ai gabinetti sotterranei sono così terse da scomparire (ma ci sono, giuro).
Un uomo fissa lo spazio libero accanto al mio, mi guarda due volte senza sorridere e decide di sedersi solo quando è sicuro che nemmeno io gli sto sorridendo. Ma è un attimo: il suo tram arriva, lui corre e io l’ho già dimenticato.
Non conosco bene Paradeplatz. La mia antipatia non ha argomenti solidi e cerco di dissimularla rapidamente, come se qualcuno potesse cogliermi in fallo. Eppure in questo imbarazzo riconosco qualcosa di rassicurante, di umano. In fondo, se di Paradeplatz vogliamo scrivere, forse la strada da seguire non è così distante da questa componente poco razionale. Per esplorare davvero le cose, bisogna anche fare i conti con la nostra imperfezione, con l’imponderabile, con tutti i paradossi (evidenti e non) che ci abitano. Ecco perché dire le cose non è raccontarle e / spiegarle men che meno. Non è sufficiente rifugiarsi in qualche apparente, transitoria ovvietà.
Certo, di tutto questo Paradeplatz se ne infischia. Chi giunge qui sembra avere solo voglia di ripartire. Oppure viene respinto come in una centrifuga. Una donna chiede ad Andrea se il tram su cui sta salendo è quello per la stazione. «Ich glaube», risponde lui. Poi mi guarda e aggiunge: «La prossima volta dobbiamo andare a Frankental». La poesia dei capolinea. In Piazza della Parata, ogni tram è una promessa.
[YB]

*

Sì, è un luogo promettente. Ma è anche indecifrabile. Forse perché i luoghi, se li guardi a lungo, diventano tutti misteriosi. A che cosa serve una piazza? Ad allontanarsene, a sostare, a pensare… qual è il suo vero scopo?
[AF]

*

E invece della Memoria, del Sole, della Vittoria, perché non c’è Piazza della Dimenticanza, Piazza dell’Uggiosità, Piazza della Sconfitta? Al posto di un Fondatore della Patria, perché non prendere un panettiere?
[YB]

PS: La poesia di Fabio Donalisio è tratta da Ambienti saturi (Amos edizioni 2017).

PPS: Torneremo ogni mese in Paradeplatz (se riusciremo a non perdere troppi treni). Ogni volta leggeremo una poesia. Ci metteremo a sedere e guarderemo ciò che succede. Questa serie scritta a quattro mani prenderà il posto di quella, a due mani, dedicata nel 2017 a un’anonima piazzetta bellinzonese (trovate qui i link a tutte le puntate).

Condividi il post

16 pensieri su “Non ci saremo

  1. Ecco qual era il luogo misterioso! 😊 Complimenti ai due scrittori per la profondità di sguardo, sempre accompagnata dall’ironia (e forse mi sbaglio ma anche da un pochino di malinconia…). Ma quella foto alla fine è il vostro tavolo di lavoro??? 😳😂

    1. Grazie per i complimenti. In effetti, è una panoramica aerea del nostro “tavolo di lavoro”. È un ristorante nei dintorni di Paradeplatz. Un posto dove non servono bevande con ombrellini divertenti (vedi fotografia). Infatti abbiamo bevuto una birra.

  2. Non avevo mai pensato a quanti minuti ci vogliono per invecchiare in una piazza! Ma c’è piazza e piazza… Credo che da voi in Svizzera si usi meno soffermarsi, forse, o forse dipende dal freddo… Ma nella piazzetta i vecchietti stavano fermi, no? Immagino che invece qui il flusso di persone porti metaforicamente a pensare a tutto ciò che nella vita ci passa davanti agli occhi. Allora, a mio parere, il gesto di restare è la vera ribellione! 🙂

  3. Mi mancherà la piazzetta! Però questa nuova serie a quattro mani già mi piace! Sono curiosa di gustare mese dopo mese questo abbinamento tra Paradeplatz (che non ho mai visto!) e la poesia. Ma la gente non vi guardava strano, quando eravate lì a scrivere in mezzo al va e vieni?

    1. Secondo me eravamo noi a guardare strano la gente. Yari sopra accenna a un sorriso negato. Io invece ne ho ricevuto uno altrui. Una ragazza stava leggendo un sms, ha sorriso, ha alzato gli occhi e ha incontrato il mio sguardo. Colta da imbarazzo, ha esitato per un secondo, poi ha continuato a sorridere… per pochi secondi, prima di salire su un tram. Intanto io mi ero preso il sorriso di qualcun altro.

  4. Certo che immaginare Andrea e Yari in giro per una qualunque città dev’essere uno spasso intelligente, piazze, musei, chiese a parte.
    Parole dette, recitate, poetiche…
    Un abbraccio a entrambi!
    Raffaella

  5. Mi sembra un passo gigantesco, dalla scelta, solitaria, della piazzetta bellinzonese, a ragionevole distanza dalla vita abituale. Arrivare una volta al mese a Zurigo chiede molta più organizzazione, farlo in due (e che due…) lascia prevedere worst scenarios, almeno un paio di volte, in questo anno. Ma aspettiamo i vostri commenti bimani, e sicuramente nuove, intriganti poesie, col sorriso pronto a spuntare

    1. Hai ragione: è un passo impegnativo. Mi sa che qualche worst scenario sarà (quasi) inevitabile. Ma anche questo fa parte della narrazione: appuntamento mancato a Paradeplatz (detto così, potrebbe essere un western). In realtà, per fortuna, Yari non abita lontano e io dispongo di alleati zurighesi che sapranno darmi una mano a rispettare le scadenze…

  6. Bella idea! Mi piaceva la serie sulla piazzetta coi vecchietti la fontana ragazzi eccetera, ma era più vicina alla realtà che già conosco (piazze del sud). Questa Paradeplatz invece è più esotica. Il “duetto” con Yari Bernasconi è molto pregevole! È anche lui uno scrittore?

  7. Bello scoprire un’altro autore ticinese Yari Bernasconi, e l’idea della Paradeplatz è ottima, anche se i vecchietti sulla piazzetta di Bellinzona già mi mancano…

    1. Ogni tanto passerò a vedere come stanno i vecchietti. Confesso che Paradeplatz un po’ mi spaventa – la piazzetta era più “domestica” – ma sono anche curioso di scoprire come si rivelerà nel corso delle stagioni… Un cordiale saluto anche da parte di Yari Bernasconi!

  8. Letto. Anzi. Letti. Anzi. Goduti. Mi piacciono molto i vostri testi, scambi, punti di vista, narrazioni, storie. Mi piace questa sensazione della prima volta, il disorientamento di entrambi, essere accolti prima di accogliere; è giusto prendersi anche il tempo per mettersi comodi prima di iniziare un progetto così intrigante. È un aiuto per far accomodare anche noi. Lettori. Lì, vicino, o di fianco, o appena dietro. Bell’iniziativa. Belle anche le immagini. Sì. Mi piacciono proprio

    1. Grazie mille per il riscontro, che ci sprona a proseguire con il progetto! Direi che il disorientamento e l’accoglienza rischiano di essere situazioni abituai in questo nostro tentativo di esplorare Paradeplatz. Ma vedremo: anche noi ci lasceremo sorprendere…

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.