Il settimo gufo

Mancano pochi giorni alla fine di ottobre. È una domenica fosforescente di ciclisti, con una luce calda sui campi e sulle colline. Salgo in bicicletta con mio fratello lungo la strada che dal piano di Magadino porta verso il paese di Orgnana. L’aria è frizzante, l’asfalto cosparso di foglie. Sulla via incrociamo coppie con il cane, escursionisti, famiglie alla ricerca di castagne (con il figlio adolescente alla retroguardia, corrucciato e immerso in una felpa troppo grande).
Alla fine di uno strappo ci troviamo in un punto da cui lo sguardo spazia verso sud. C’è una panchina di legno ancora intrisa di umidità. Poco più in basso il sole avvolge in un pulviscolo d’oro i paesi sulla riva del lago. Riprendiamo fiato.
La strada prosegue fino alle case di Orgnana. Ci fermiamo in una piazza rotonda e riempiamo le borracce a una fontana. Il rubinetto è la testa di un animale: un drago, forse, o una bizzarra creatura anfibia. Poco più in là, sul muro di una casa, c’è la statua di un ramarro. Dopo aver placato la sete, notiamo il primo gufo: è una statua racchiusa in una nicchia sopra una finestra. Subito dopo scorgiamo il secondo che sporge da una parete e il terzo dipinto sulla facciata di una casa. Il quarto sta appollaiato sopra una porta. Percorriamo le vie deserte. In un balcone ci sono un corvo impagliato e alcune streghe di legno. Quando torniamo nella piazza, avvistiamo il quinto e il sesto gufo, che spiccano sul cemento di una casa moderna.
A lungo cerco il settimo gufo. Sono convinto che sarà lui a chiarire il significato degli altri sei – insieme al senso di questo sole d’ottobre, di questo sudore, di queste gite domenicali. Da quando sono bambino, mi capita di vivere esperienze che non riesco a comprendere. Mi limito a custodirle dentro di me. A volte, mesi o anni dopo, succede qualcosa che mi aiuta a capire; a volte invece il settimo gufo resta nell’ombra. Riprendiamo le biciclette e da Orgnana scendiamo a picco verso il Lago Maggiore, prima di tornare a Bellinzona.
Questo blog compie due anni di vita. Non essendo nella mia indole la condivisione di cio che mi accade, fin dall’inizio mi ero interrogato sul senso di un’impresa del genere. In occasione del primo anniversario, avevo tentato di trarre un bilancio. Ora, dopo due anni, mi sembra di poter essere più preciso: lo scopo non è altro che la ricerca del settimo gufo. Ci sono giorni in cui si lascia scovare e giorni in cui si nasconde: è necessario usare con cura le parole e non abbandonare la speranza.
In futuro proverò a scrivere articoli più corti. Alcuni lettori mi dicono che amano leggere testi lunghi, perché i contenuti fulminei già abbondano su internet. Ma penso che ci sia una giusta via di mezzo. Spesso, se mi dilungo, è perché mi manca il tempo di rifinire quanto scrivo; anche a costo di ridurre la frequenza, cercherò quindi di essere più conciso.
L’anno scorso, avevo pubblicato un elenco degli articoli più popolari. Ecco i tre che, negli ultimi dodici mesi, sono stati letti da più persone.

1) Coriandoli nella birra

2) Ho bisogno di soldi!

3) Smile

Vi propongo anche una selezione di articoli che, per un motivo o per l’altro, mi sembrano significativi.

1) Tecniche di sopravvivenza, dove racconto come sono entrato in un centro commerciale, uscendone sano e salvo (più o meno).

2) L’elefante innamorato, dove indago le vicende di una piazzetta di periferia, nella quale torno una volta al mese.

3) Z, dove rifletto sul ritrovamento di un’incisione rupestre scolpita probabilmente da mio nonno e rimasta nascosta per decenni.

4) L’uomo senza casa, dove rievoco la giovinezza di Elia Contini, il protagonista di parecchi miei romanzi e racconti.

5) Oggetti smarriti, dove ricordo un viaggio a Parigi, fra vie inafferrabili, quadri scomparsi, poesie persiane, alberi blu e melodie segrete.

L’anno scorso avevo lasciato a Paolo Conte e al suo Ratafià il compito di fare un brindisi. Di nuovo mi rivolgo a lui per un augurio di buon viaggio lungo questa strada zitta che vola via / come una farfalla, una nostalgia, / nostalgia al gusto di curaçao… / Forse un giorno meglio mi spiegherò.
Un cordiale saluto a tutti voi… e attenti al settimo gufo!

PS: La canzone Hemingway è tratta dall’album Appunti di viaggio (RCA 1982).

PPS: Se avete voglia di farmi sapere che cosa ne pensate del blog (lunghezza degli articoli, contenuti, eccetera), lasciate un pensiero qui sotto o inviatemi una mail.

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12 pensieri su “Il settimo gufo

  1. Sembra quasi un vecchio proverbio: “trovare il settimo gufo”, “cercare il settimo gufo”…
    Complimenti per questo micro racconto di bici e di animali, davvero assai efficace. E complimenti per il blog: l’ho appena scoperto, quindi questo post mi aiuterà a recuperare il “best of”!

  2. Da migliaia di anni il gufo è associato alla morte: per i romani e i greci era portatore di sventura. Io colleziono civette e gufi: mi piace l’idea di esorcizzare questa negatività mettendolo a sorvegliare le nostre case! Per quanto riguarda il blog, io sono una di quelle che amano gli articoli lunghi. Ma capisco che non tutti hanno tempo. Allora forse l’ideale è un’alternanza.

    1. Gentile Gianna, grazie per il suo riscontro. In effetti, non credo che i gufi portino sventura; anzi, sono una presenza misteriosa e notturna che può dare conforto. Sono lieto che apprezzi gli articoli lunghi. In verità, non so se mi riuscirà di essere sempre sintetico, quindi credo proprio che l’alternanza sarà la soluzione più verosimile. Un cordiale saluto!

  3. Ciao Andrea, ti leggo sempre con grande piacere. Ogni tanto capita che tu sia meno accattivante del solito ma, in una rubrica, è normale. Quando togli dall’armadio il mio amico Contini? Buon weekend!
    Marcello

    1. Ciao Marcello! Grazie per il riscontro. In effetti, la scrittura qui sul blog è immediata, quasi come un’improvvisazione musicale, quindi ha i suoi alti e bassi. Quanto a Contini… be’, ci sto lavorando. Nei prossimi mesi dovrebbe tornare all’opera. Un caro saluto! Andrea

  4. A me piacciono sempre, lunghi o corti, silenziosi o musicali, ma sono quasi sempre musicali, almeno un po’. E poi, essendo in questo momento a Curaçao, il finale mi ha fatto sentire chiamata in causa!

    1. Grazie, Lucia. Caspita, a Curaçao! Sono lieto che le mie parole abbiano raggiunto i Caraibi (almeno loro…). Ho letto da qualche parte che probabilmente “curaçao” deriva dal portoghese “coração”, che significa “cuore”. Forse è proprio lì che si annida il settimo gufo… Un caro saluto, a presto! Andrea

  5. Leggo volontieri (volontieri con la “O” come preferiva il Professor Faloppa nella Costa dei Barbari) e non mi sono mai posto il problema della lunghezza… ma sono nativo analogico, se non mi ha spaventato Alexandre Dumas posso reggere i pensieri del blog, ah ah!
    Poi apprezzo anche la scrittura immediata e non ci vedo imperfezioni sintattiche o logiche. In fondo la rilettura e la modifica, poi il perfezionismo certosino, farebbero semmai parte della pubblicazione editoriale, no? Domanda: quando scrive romanzi, è immediato o ritorna molto sullo scritto per perfezionarlo? A me pare scriva bene anche di getto, visto che dice di scrivere così nel blog.
    È tutto, volevo firmare “il settimo gufo” ma in fondo sarebbe stato troppo da “picio banana”.

    1. Gentile Settimo Gufo,
      la ringrazio per il suo riscontro. In effetti, il problema della lunghezza dipende sempre dal tipo di fruizione. È vero che, per qualcuno che legge magari sullo schermo del telefono, un testo lungo munito per giunta di video e audio (o di link ad altri luoghi nella rete) può essere impegnativo. Quanto alla scrittura immediata, non si manifesta con imperfezioni sintattiche – anche se ogni tanto qualche svista mi sfugge! – quanto con uno stile più frammentario e discorsivo rispetto ai testi pubblicati. La scrittura nasce da un’occasione precisa, non ha avuto il tempo di maturare, e si esprime perciò a un livello minore d’incandescenza. Quando scrivo racconti o romanzi, dopo la prima stesura più o meno di getto, torno sul testo e lo affino, lavorando sul ritmo, sull’omogeneità, cercando di aiutare la storia a scorrere più fluida. Certo, l’anima di un testo è visibile già nella prima stesura, ma poi bisogna aiutarla a manifestarsi in maniera ancora più limpida. Un cordiale saluto e buona domenica!

      1. Grazie per la “lezioncina” sui modi della scrittura. Lo trovo molto interessante! Volendomi posizionare come amante della scrittura, vedo che il mio modo è dunque quello “frammentario e discorsivo”: visto che i miei sono sempre o scritti epistolari o relazioncine (appunti conoscitivi) di carattere tecnico o scientifico, una pratica che mi porto dalla Scuola quando i miei appunti erano particolarmente “ambiti” dai compagni di classe, ah ah
        L’unica volta che avevo mandato uno scritto più pretenzioso (un ricordo di vita di mio nonno Giuseppe, schiaffeggiato da un fascista per non aver tradito un amico) alla Radio… ero stato demolito dalla Signora Maspero. E bon…

        1. Be’, non è facile essere frammentari e discorsivi in maniera accattivante! Comunque, più che di “lezioncina” si tratta della mia esperienza: credo che non esista un metodo valido per tutti; si tratta di trovare una voce, uno stile, oltre naturalmente a qualcosa da dire… Un cordiale saluto!

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