Malinconia

Ormai il bollettino meteorologico non dimentica niente: mutamenti di pressione, sole, neve, ogni soffio di vento e ogni percorso di nuvole sono colti prima che nascano, annotati, divulgati, proiettati sotto forma di grafici e frecce colorate. Quello che ancora non si spiega né con le isobare né con l’anticiclone delle Azzorre sono gli improvvisi passaggi della malinconia. Senza cause scientifiche, senza ragioni apparenti eccola che ci raggiunge, nel cuore di un mattino sereno oppure verso sera, all’imbrunire.
IMG_9108In questi casi c’è poco da fare, bisogna attendere che passi. La radio non aiuta e alla tivù non ci sono fanciulle sorridenti che annunciano il ritorno del sereno. Ognuno ha i suoi mezzi non dico per combatterla – è assai difficile – ma almeno per tenerla a bada. Io per esempio, specialmente se arriva di pomeriggio, faccio qualche nota lunga con il saxofono. Non è una vera e propria melodia: a volte poi provo qualche brano, a volte mi limito alle note lunghe. Di solito è la prima parte del mio allenamento, e serve a cercare un timbro, a misurare l’efficienza dell’ancia e la posizione del bocchino. Mi metto in un angolo del mio studio, in modo che le pareti riflettano il suono e possa giudicarne la sostanza: se pieno, limpido, affannato, ricco di armonici o esitante, soffiato, liquido, sghembo. Piano piano, una nota dopo l’altra, cerco di trovare una voce che mi assomigli.
IMG_9109Dal profondo dell’addome, passando per i polmoni e per la gola, il respiro si propaga attraverso il sax, e raggiunge una tonalità, esprime un modo di essere. Se non so stare calmo, le note lunghe sono esitanti, si spengono subito. Allora mi concentro sui dettagli, sui millimetri di ancia e sulla mia posizione, sul fiato, sulla tastiera. Senza che me ne renda conto, per qualche minuto, la malinconia lascia spazio a un re bemolle basso, a un do diesis o a una nota sovracuta, raggiunta arrampicandomi in cima alla scala e poi buttandomi nel vuoto.
Non sono un bravo musicista; non lo sarò mai. Ma avventurarmi in queste terre ignote mi aiuta a tenere a bada i rannuvolamenti dell’anima, e m’insegna che per trovare una voce occorre fatica e ascolto. Soprattutto, bisogna accettare la propria fragilità. Così è pure quando scrivo, quando cioè mi esprimo nel mio campo: in quel caso, trovare una voce è un impegno necessario, al quale sto lavorando da anni, romanzo dopo romanzo. In fondo, se continuo a scrivere, è perché credo che questa sia la mia via d’accesso al mistero del mondo e di me stesso. Nella scrittura, la ricerca di una voce diventa condivisione della voce stessa, perché altri percorrano i paesaggi che ho esplorato nella mia solitudine.
IMG_9104Mi aiuta l’ascolto delle voci altrui. Nella lettura, naturalmente, ma pure nella musica. A volte il suono di un sax mi racconta cose di me stesso per le quali ancora non ho trovato le parole. In una delle sue prime poesie, scritta a ventun anni, Cesare Pavese evoca un’esperienza simile, vissuta durante una passeggiata. Fragorosa sul viale / ecco a un tratto l’orchestra si spegne. / Sull’orchestra in sordina, / canta spietato un saxofono rauco. // Fin la folla si arresta. / Le case indifferenti / gravano il cielo intorno. // Vibra la voce barbara. Il poeta sente che la musica frantuma i suoi pensieri, cancella la stanchezza e lascia l’anima come indifesa. È la mia voce stessa / che echeggia questa notte. / Nell’anima smarrita / canta alto, altissimo la solitudine / una canzone ubriaca della vita. / La stanchezza fuggita, non vivo per un attimo che all’urlo / modulato, esultante. / Tutta l’anima mia / rabbrividisce e trema e s’abbandona / al saxofono rauco. / È una donna in balia / di un amante, una foglia / dentro il vento, un miracolo, / una musica anch’essa.
Il saxofonista Billy Harper narra di aver sognato che stava camminando nella Settima Avenue di Manhattan; con sé aveva un vecchio mangiacassette vuoto. A un certo punto, dal cielo è scesa una gigantesca mano che gli offriva una cassetta. Allora Harper l’ha presa, l’ha inserita nel mangiacassette e ha udito sprigionarsi una melodia bellissima. In quel momento si è svegliato e subito è corso a suonare quella stessa melodia.

Il brano s’intitola If one could only see. Lo trovate nel disco The Roots of the Blues, in cui il pianista Randy Weston (nato nel 1926) suona in duo con lo stesso Billy Harper (nato nel 1943). Il disco è uscito nel 2013: nonostante Weston avesse ottantasette anni e Harper settanta, l’energia che i due sprigionano ha un impeto giovanile e una vitalità senza tempo.
IMG_9103Weston ha uno stile percussivo, intriso di blues in ogni tocco, mentre Harper, che viene dalla scuola texana (è nato a Houston), ha una sonorità rugosa e potente. In lui c’è una dimensione spirituale che ricorda Coltrane e nella quale riecheggiano anche le sue radici gospel. In più, quando Harper trova una nota lunga, ci si aggrappa e la spreme fino all’ultima goccia di sentimento, di significato, di speranza. Certe volte, alla fine della nota lunga, uno si volta a guardare e – come per incanto – non c’è più traccia della malinconia. Oppure, se la malinconia persiste, c’è la consapevolezza di non essere soli. Passando per la musica tutte le nostre malinconie si chiamano e si rispondono, come in un blues, e anche se il dolore rimane, almeno è un dolore condiviso.

PS: La lirica di Pavese fa parte della piccola suite Blues della grande città, scritta nel 1929. La si trova nel volume Le Poesie (Einaudi 1998). Entrambi i brani musicali vengono dal disco Roots of the Blues (Universal 2013), che presenta perlopiù brani composti da Weston, come Blues to Senegal, insieme a If one could only see (composto da Harper) e a qualche standard come Body and soul e Take the A train.

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PPS: L’immagine qui sopra è la copertina dell’album. Le prime due fotografie sono del mio sax; quella posta fra i due video è di Giuseppe Pino, tratta dal volume Sax! (Earbooks 2005). L’immagine qui sotto è un ritratto di Billy Harper, contenuta nel libretto di The Roots of the Blues e scattata da Jules Allen nel 2013.

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6 pensieri su “Malinconia

  1. Mi spiace di saperla malinconico, caro Andrea! Spero che lo splendido brano da lei suggerito abbia saputo scacciare almeno in parte i pensieri oscuri. Anche a me capitano giornate no e spesso reagisco leggendo un buon libro (o il suo blog!) oppure visitando una mostra o andando a correre, perché certe volte il corpo ha bisogno di esercizio. Grazie per le sue parole!

  2. … Assai ben comunicato ed evocato in chi ti legge, questo stato d’animo che tanto e fin troppo mi è famigliare da sempre… E dice bene Mircea, l’esercizio fisico dicono sia indicato… ma vi ero poco portata e ci sono stati malinconici che persino lo frenano (dipenderà dalle persone e da tanto d’altro). Da qualche anno ho scoperto un trucchetto che pare funzionare (ma devo pensarci quando capita quel momento e stato d’animo!) mi pongo davanti a uno specchio e guardo intensamente il mio sguardo… ed ecco che mi trovo lí dunque a incontrare come di nuovo una vecchia amica che finisce sempre per sorridermi…. Poi, magari mi faccio una smorfietta tipo facciaccia e mi viene da ridere e tutto si ridimensiona, riaffiorando lo spirito che pareva un po’ appassito….
    (scusa se mi viene sempre da darti del tu…. è che sono vecchierella e quindi è per senso affettuoso, ma senza sminuire la stima!) Auguri …

    1. Ciao, Corinna, grazie per il tuo pensiero e per i tuoi consigli! (Anch’io mi permetto di darti del tu). L’esercizio fisico – passeggiate, bicicletta – è un’altra buona soluzione. Inoltre, non bisogna eccedere nella solitudine. Devo confessarti che con lo specchio non avevo mai provato. Ma se mi mettessi davanti allo specchio e facessi una smorfia, siamo sicuri che quell’individuo non risponderebbe con una smorfia diversa? Be’, saremmo caduti in un classico numero da clown; e questo improvviso sdoppiamento dell’io – in qualche modo – potrebbe aiutare a scacciare la malinconia… Buona giornata, a presto!

  3. Ah! Quanto ben conosco questo mal di vivere che ti coglie alle spalle, ti mette una mano sul fianco e di fa raggomitolare sul divano: è così avvolgente e gentile e premuroso e amico e affettuoso che rende davvero molto difficile il nostro compito di liberarcene. Nessuno vuole lasciarla andare una compagnia così fedele. Si preferisce piuttosto alimentarla con le nostre viscere, a costo di diventare la malinconia stessa. Ma oggi sono felice. Per cui: buona giornata a te ragazzone!
    Sorridi e fatti un giro su google-immagini digitando happiest. 😉

    1. Grazie per aver lasciato anche qui una traccia della tua felicità – come un graffito.
      Il male di vivere? A volte dubito di riuscire a liberarmene per davvero. Forse è costitutivo di ciò che sono. Forse devo imparare a condividerlo meglio, a non tagliare i ponti con chi mi potrebbe aiutare. (Ma non sono discorsi da fare su internet).
      Ti dirò che ho provato a girare su google-immagini guidato dalla parola “happiest”, ma tutti quei bambini, quei sorrisi e quei cuccioli mi hanno spaventato; be’, però in fondo lo spavento già non è più malinconia…
      Buona giornata, a presto!

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