Montefusco

Era un giorno d’estate. Me ne stavo davanti al computer, nella penombra della mia stanza, e cercavo di mettermi nei panni di Teresa Manganiello, una contadina vissuta nel XIX secolo in Irpinia (nell’attuale provincia di Avellino). C’era da colmare una distanza geografica e psicologica: io uomo, lei donna; io scrittore, lei analfabeta; io con i miei guai ordinari, lei proclamata beata dalla Chiesa cattolica nel 2010. In più, non sapevo niente dell’Irpinia. Che fare? L’unica era non pensarci e mettermi a scrivere, giocando proprio sulla distanza, sulla lontananza che paradossalmente può creare legami invisibili e profondi. Come dice Attilio Bertolucci in una sua lirica, talvolta l’assenza può diventare una più acuta presenza.
img_7194Ho raccontato qui (e anche qui) come per avventura mi sia trovato a scrivere La beata analfabeta, il romanzo uscito da poco per le edizioni San Paolo. Anche dopo la pubblicazione, tuttavia, per me i luoghi di Teresa erano rimasti un territorio appartenente all’immaginazione. Finché, pochi giorni fa, sono andato a presentare il libro nel cuore dell’Irpinia, a Montefusco.
Mi emoziona sempre scoprire un luogo sconosciuto, vicino o lontano; e l’emozione è più intensa quando ho letto una storia che si svolge proprio lì. Ma è ancora più strano arrivare per la prima volta in un posto dove – senza esserci mai stato – ho ambientato un intero romanzo.
img_8413Naturalmente mi ero documentato: ho visto video e fotografie, ho letto libri e incarti, mi sono avvalso dell’aiuto di chi conosce quella zona. Volevo essere preciso nei dettagli. Ho cercato di suscitare nella mia testa gli odori, i sapori, anche la durezza della terra. In un certo senso, ho disegnato il paesaggio di una “mia” Irpinia, che non corrisponde per forza a quella reale. Tuttavia, appena arrivato, avevo la sensazione che ogni cosa coincidesse, che tutto fosse fin troppo ovvio: le colline, i vigneti, le gallerie, le insegne ai bordi della via. Dov’erano i miei personaggi? Dov’era Teresa? Non che mi aspettassi d’incontrarli per strada, ma avrei voluto sentirne almeno l’atmosfera. Proprio come mi succede quando, in un bistrot di Parigi, pur senza vederlo, percepisco la presenza massiccia del commissario Maigret, il fumo del suo tabacco Caporal. Invece l’Irpinia era soltanto l’Irpinia, senza punti di fuga.
img_8431Ma come capita nei viaggi, la realtà aspetta soltanto che siamo distratti per coglierci di sorpresa. Mentre salivo verso Montefusco, osservando il paese che appariva da lontano come una nave rovesciata, ho intuito che il paesaggio mi stava aprendo le braccia. E lassù, finalmente, guardando i tetti che digradavano verso la campagna sterminata, ho trovato il mio punto di fuga: il paesaggio era come l’avevo descritto e, nello stesso tempo, era misterioso.
img_8430L’ascesa verso Montefusco non era un percorso solo fisico, ma una ricognizione lungo le asperità del mio immaginario. Il cielo nuvoloso, le colline grigie che sfumavano in lontananza, la mole azzurra degli Appennini: un tempo e uno spazio inconoscibili si mescolavano alle coordinate geografiche, nell’ultima luce del giorno. Ogni frammento di realtà, finalmente, era “atmosfera”: la luce, i lampioni, il taglio austero degli edifici. I miei personaggi si erano mossi fra quelle sensazioni. Compreso il narratore, il giovane Matteo Maggi, un insegnante disoccupato che si trova a dover scrivere un saggio su Teresa Manganiello.

Le vie di Montefusco salivano a strappi, con tagli improvvisi, curve, piccole aperture segrete, angoli nascosti fra la parete di un palazzo e una piccola automobile parcheggiata chissà come di traverso. Palazzo Ruggiero, san Giovanni del Vaglio, via Pirro de Luca, la Torre civica persa nella nebbia… le strade che avevo imparato a conoscere prendevano un aspetto diverso, come se fossimo fuori dal tempo o, in ogni caso, fuori dalla quotidianità. Il corso, il palazzo baronale, ogni cosa aveva un aspetto inquietante. Un arco gotico sopra un vicolo diventava di colpo un passaggio verso una dimensione sconosciuta. E allora ogni parola, nel momento in cui risuonava, era pericolosa.

img_8404Elena Di Renzo, una delle protagoniste, a un certo punto cita un pensiero di Friedrich Hölderlin: Tutto è intimo. Questo vale per l’avventura dell’animo di Teresa, che senza muoversi dalla sua fattoria seppe raggiungere profondità spirituali straordinarie. Ma vale anche per Matteo, per la stessa Elena. Ognuno, a suo modo, impara che cosa significhi l’accoglienza: le cose ci accadono davvero solo quando le lasciamo entrare nella nostra sfera più intima.
Anche per me, a Montefusco e a Pietradefusi, tutto era insieme intimo e segreto. La serata di presentazione del romanzo mi ha colto di sorpresa, proprio come aveva fatto la visione di Montefusco. Ho ascoltato le analisi dei critici, ho parlato con lettrici e lettori, e mi sono posto nuove domande sul mio libro, sui miei personaggi. Poi la sera, tornato in albergo, mentre dalla mia finestra contemplavo un Babbo Natale luminoso che puntava verso l’alto (più o meno in direzione di Montefusco), ho pensato che in fondo uno scrittore non capisce mai davvero i suoi personaggi. Ed è proprio questo il bello della scrittura.

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PS: I versi di Bertolucci provengono dalla lirica Assenza, tratta dal suo primo volume, intitolato Sirio (pubblicato dal poeta diciottenne nel 1934, ora nelle Opere edite da Mondadori). Ecco il testo completo: Assenza, / più acuta presenza. / Vago pensier di te / vaghi ricordi / turbano l’ora calma / e il dolce sole. / Dolente il petto / ti porta, / come una pietra / leggera.

PPS: Voglio esprimere un grande ringraziamento alla scrittrice Antonietta Gnerre, che mi ha aiutato nella scrittura e che conosce Teresa Manganiello fin da bambina (ecco qui un suo intenso articolo dove parla sia dell’Irpinia, nelle circostanze drammatiche del terremoto, sia di Teresa). Ringrazio anche, per le belle parole sul romanzo, Rita Pacilio e Cosimo Caputo. Son grato pure a padre Antonio Salvatore, a suor Concetta Emanuela Zaccaria, a Teresa Lombardo, a Saverio Bellofatto, a Pietro Luciano, a Fiorenzo Troisi e a Melania Panico, per la loro accoglienza e per la loro gentilezza. Un pensiero a Fausto Baldassarre e a Pino Tordiglione, le cui opere mi sono state di aiuto. Non posso citare qui tutti i presenti a Montefusco, ma a tutti esprimo la mia gratitudine; in particolare, ringrazio i membri dell’Associazione Premio Prata e la giuria del premio Anfiteatro D’Argento.

PPPS: Dopo Milano e Montefusco, si parlerà del romanzo La beata analfabeta pure in Svizzera, nel corso di una serata con Luca Doninelli. L’incontro, durante il quale Doninelli parlerà anche del suo romanzo Le cose semplici (Bompiani), si terrà lunedì 12 dicembre alle 20.30, nell’Aula magna delle Scuole elementari di Massagno.

PPPPS: La prima fotografia, che rappresenta Montefusco, è di Antonietta Gnerre. È fuori stagione… ma il paese si vede bene. Le altre, invece, sono state scattate durante il viaggio.

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2 pensieri su “Montefusco

  1. Come sempre, un post da leggere e rileggere. Io conoscevo i romanzi, ma mi sto appassionando anche al blog (sto recuperando i vecchi post). E mi è piaciuta assai anche la testimonianza di Antonietta Gnerre sul terremoto… brividi!

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