Panchinario 31-37

Se potessi costruire una macchina del tempo, la farei a forma di panchina.
Le cose dovrebbero andare più o meno in questo modo. È un mattino di sole. La panchina sembra una panchina come le altre. Io mi siedo tranquillo, con un giornale e un caffè. Mi distendo contro lo schienale, allungo le gambe. La macchina è programmata per avviarsi in questo preciso istante: avverto un ronzio, poi un suono di risucchio… e di colpo sono fuori. Sono uscito dalla catena delle cause e degli effetti. Intorno, il mondo continua a scorrere, anzi, aumenta la velocità, divora i minuti e gli anni e i secoli in maniera accelerata. (È una macchina del tempo con il pulsante fast forward). In poco tempo, tutto mi pare nuovo: le facce, gli abiti, i mezzi di trasporto. La panchina è il punto immobile intorno a cui si compone la molteplicità dell’universo. Strade, palazzi, guerre, baci, temporali, sfilate, alberi, cemento, proteste, comete, motori, sangue, turisti, elettricità, preghiere, vento, feste, lacrime, fuochi d’artificio e inondazioni.
In verità, non c’è bisogno di costruire niente. Ogni panchina è già una macchina del tempo. Lo dimostrano le fotografie che corredano queste parole, scattate da Adolfo Tomasini qualche mese fa durante un’esondazione del lago Maggiore. Basta poco perché, intorno a una panchina, il mondo metta un’altra maschera. Allora, seduti in mezzo al lago, ascolteremo il canto degli uccelli e il mormorio dell’acqua.

 

Ringrazio Adolfo per le fotografie e per l’audio. La panchina si trova nei giardini Jean Arp, presso il lungolago Giuseppe Motta di Locarno (coordinate: 2’705’467.3; 1’113’559.0).

Un’altra panchina che fa viaggiare nel tempo è quella che Massimo Anile mi ha gentilmente inviato affinché la condividessi con le lettrici e i lettori del blog.
Eccomi qui. Ho raggiunto la panchina che si affaccia sulla valle e mi son seduto a prender fiato. Le tempie pulsano e sono sudato, ma basta volgere lo sguardo al panorama per dimenticare la fatica. Quanto tempo è trascorso dall’ultima volta che ho appoggiato i miei lombi su questi legni scoloriti? E dalla prima? La vita è un canale di neve ghiacciata e non c’è picca che tenga per rallentare la corsa. Venti anni fa ci venivo coi miei figli, era una meta molto gettonata nelle mezze giornate libere che rubavo al lavoro. (Qui il racconto completo su Facebook).

Di sosta in sosta, il “panchinario” si arricchisce. Trovate qui sotto le panchine 31-37. Potete leggere qui le prime quattro panchine, qui le panchine da 6 a 11, qui da 11 a 17, qui da 18 a 23 e qui da 24 a 30. In generale, nella categoria Panchinario (in alto a destra), si trovano tutte le panchine.

31) POSCHIAVO, all’angolo fra la strada San Bartolomeo e la via da Clalt
Coordinate: 2’716’482.1; 1’101’034.0
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… fare il verso della rana.
Avete mai provato il desiderio di imitare il verso della rana? A me è successo a Poschiavo una domenica mattina d’inverno. Il villaggio era ancora umido di brina. Alle mie spalle, il bisbiglio del fiume; di fronte, la Cà da Cumün, il palazzo comunale. Più vicina, al centro di un’aiuola, la vasca di una fontana spenta. Proprio sul bordo della vasca c’era una piccola rana con la bocca spalancata. È stato il silenzio della raganella di pietra, probabilmente, a trasmettermi il bisogno di gracidare. Avrei potuto emettere un suono intriso di cultura classica, come il coro delle rane evocato dal poeta Euripide nel 405 a. C.: «Brekekex coax coax, brekekex coax coax!» Ma non ero sicuro che la mia piccola rana sapesse il greco antico. Così, nel silenzio mattutino, mi sono limitato a esclamare: «Cra!» Poi mi sono guardato intorno. Non si vedeva nessuno. «Cra!» ho ripetuto. «Cra!»
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

32) BRISSAGO, accanto alla chiesa della Madonna di Ponte
Coordinate: 2’697’936.3; 1’107’502.8
Comodità: 4 stelle su 5
Vista: 5 stelle su 5
Ideale per… cominciare una storia.
La chiesa rinascimentale sorge una ventina di metri sopra la sponda del lago. Nel portico riposa il corpo del compositore Ruggero Leoncavallo (1857–1919). La sua opera Pagliacci (1892) è ispirata a un omicidio avvenuto nel 1865: gli assassini furono condannati proprio dal padre di Ruggero, che era magistrato in un comune calabrese. Mi siedo sulla panchina e penso fuggevolmente alla furia, al sangue, alle lacrime. Come sembrano distanti dalla pace di questo pomeriggio d’inverno. Il cielo terso, il lago luminoso, il profilo nitido delle montagne… ho la sensazione che il paesaggio stia trattenendo il fiato, in attesa del buio. Sembra che niente di grave sia mai accaduto e che niente mai accadrà. Eppure è proprio da questa calma, da questi momenti di contemplazione che nascono le storie, con i loro colpi di scena, i conflitti, la tensione narrativa, il turbinío delle emozioni.
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

33) CAPRIASCA, davanti alla Capanna Monte Bar
Coordinate: 2’721’788.3; 1’106’603.0
Comodità: 2 stelle su 5
Vista: 5 stelle su 5
Ideale per… leggere Tolkien.
Sedetevi a riposare dopo aver raggiunto la capanna da Corticiasca, da Roveredo o da Gola di Lago, a piedi o in mountain bike. Siete a 1600 metri di quota. Rilassatevi. Le palpebre si abbassano… state per appisolarvi… ma qualcuno accanto a voi comincia a parlare. Socchiudete gli occhi e notate due individui. Uno, molto basso, sembra descrivere il paesaggio. «È lì che si scindono le Montagne Nebbiose, e fra le loro braccia si estende la profonda valle ombrosa che non possiamo obliare: Azanulbizar, la Valle dei Rivi Tenebrosi, che gli Elfi chiamano Nanduhirion». L’altro, un uomo anziano alto, con una barba grigia, gli risponde con voce grave. «È alla Valle dei Rivi Tenebrosi che ci stiamo recando. Se valichiamo il passo detto Cancello Cornorosso, sul fianco remoto di Caradhras, giungeremo giù per la Scala dei Rivi Tenebrosi sin nella profonda valle dei Nani». (J. R. R. Tolkien, Il Signore degli anelli, Bompiani 2004).
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

34) CREMONA, nei giardini di piazza Roma
Coordinate: 45°8’6″ N; 10°1’24” E
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… recitare una filastrocca.
Nei giardini pubblici c’è qualcosa che resiste al passare del tempo, come se presente e passato si scambiassero una stretta di mano. Il cielo si fa grigio. Fra poco sarà buio. Ma intanto, dietro una fila di case, scorgo la cima del Torrazzo. Passano bambini, giovani coppie, una donna con un cagnolino. Proprio da Cremona il mio bisnonno Benvenuto Fazioli emigrò a Zurigo e poi in Ticino. Penso che anche lui forse avrà visto il Torrazzo da questa prospettiva. Mormoro un’antica filastrocca in dialetto cremonese. La storia de l’òoca l’è bèla ma l’è poca. Vóot che te la cüünti? Te la cüntaròo: la storia de l’òoca l’è bèla ma l’è poca… È di quelle cantilene che si ripetono senza fine, senza passato né futuro, come accade talvolta le sere d’inverno nei giardini pubblici. La storia de l’òoca l’è bèla ma l’è poca. Vóot che te la cüünti? Te la cüntaròo: la storia de l’òoca l’è bèla ma l’è poca. Vóot che te la cüünti? Te la cüntaròo…
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

 35) SAN BERNARDINO, sulla via pedonale che costeggia la Moesa
Coordinate: 2’734’699.0; 1’147’033.8
Comodità: 2 stelle su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… leggere Philippe Jaccottet.
Come uscire dal mondo? Le cose mi costringono, mi soffocano. Nel pensiero non si aprono radure, non conosco spazi liberi dall’ombra minacciosa dei rami. Un possibile rimedio: sedermi in pieno inverno davanti a un fiume mezzo ghiacciato, aspettando che la neve annulli tutto ciò che non sia respiro, battito di palpebre, sangue che pulsa nelle vene. «Adesso su tutto questo / vorrei che scendesse la neve, lentamente, / posandosi sopra le cose lungo il giorno / – la neve che parla sempre a bassa voce – / e che facesse in modo che il sonno dei grani / fosse, così protetto, più paziente.» Forse allora un canto sommesso m’invaderà la mente, smussando, levigando, lasciando che l’ingombro dell’io si celi nella «lenta / caduta dei cristalli umidi». (Philippe Jaccottet, Alla luce d’inverno. Pensieri sotto le nuvole, trad. di Fabio Pusterla, Marcos y Marcos 1997.)
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

36) LINDAU, nella Hafenplatz, davanti all’hotel Bayerischer Hof
Coordinate: 47°32’38” N; 9°40’57” E
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… rallentare i battiti del cuore.
Tutto comincia a rallentare, impercettibilmente, appena scendo dall’automobile. All’inizio non me ne accorgo. Mi avvio lungo la strada che costeggia il porto. Intorno a me vedo gabbiani – ma come volano adagio! – famiglie tranquille con bambini silenziosi, coppie di anziani che passeggiano al sole con grandi occhiali scuri, senza fretta, senza nessuna fretta. Mi siedo. Appoggio le mani sulle ginocchia. L’acqua è azzurra, immobile. In lontananza si sfaldano città di nuvole. All’ingresso del porto, in muto dialogo, stanno un leone di pietra (a sinistra) e un faro che segna l’ora (a destra). Oltre il varco, il lago di Costanza dorme nel pomeriggio. Una ragazza si appoggia alla ringhiera e scatta una fotografia. Poi si allontana. Ci ripensa. Torna indietro e ne scatta un’altra. Lentamente, la lancetta sull’orologio del faro si sposta avanti. È passato un altro minuto.
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

37) RIVERA, in via Monte Ceneri
Coordinate: 2’713’814.4; 1’110’477.1
Comodità: 2 stelle su 5
Vista: 2 stelle su 5
Ideale per… scherzare con un santo.
È un giorno freddo. La panchina si trova proprio alle spalle del monumento a san Carlo Borromeo, che transitò di qui nel 1577. Poco più in là parte la strada per l’Oratorio di San Nicolao della Flüele, detto anche il “Santuario dei ciclisti” (vi si trovano le effigi dei due storici corridori Hugo Koblet e Ferdi Kübler). Oggi però non passano ciclisti; la fontana è spenta; non c’è nessuno. Eppure, mi sembra di sentire uno starnuto. Mi guardo intorno. Provo a dire: «Salute!» Silenzio. Penso: mah, dev’essere stato il vento. Tuttavia, dopo qualche secondo, ecco il suono di uno che si schiarisce la voce. E una parola: «Grazie». «Ehm… – dico io. – Come va?». «Come vuoi che vada, figliolo? Aspetto la primavera…». Mi alzo, giro intorno alla statua e sollevo gli occhi. Si sa che san Carlo è sempre raffigurato con un naso imponente… ma questo mi sembra perfino gonfio. Vuoi vedere che anche i santi di pietra pigliano il raffreddore?
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

PS: Grazie a chi mi aiuta, mi accompagna e mi fa scoprire nuove panchine. In particolare, grazie a Gioele (Capriasca).
Potete leggere qui le prime quattro panchine, quile panchine da 5 a 10, qui da 11 a 17 e qui da 18 alla 23 e qui da 24 a 30. In generale, nella categoria Panchinario(in alto a destra), si trovano tutte le panchine.

 

Condividi il post

Il citofono di Cremona

Immaginate di avere quindici anni, nel milleottocentonovanta. È un giorno di primavera, ma dalla pianura vengono ondate di caldo che annunciano l’estate. Il sole, a picco sopra la stazione, taglia ombre nette, precise, come disegnate da un geometra. Indossate il vostro abito più bello: i calzoni che furono di un vostro fratello maggiore, la giacchetta di fustagno già appartenuta a tre o quattro fratelli e un berretto con la visiera che avete preso a vostro padre. Di certo non si offenderà. E comunque, presto tutto sarà lontano: il sole, la stazione, quel cielo immenso e l’odore dei campi ai bordi della città.
IMG_0089La lontananza. È qualcosa che vi spaventa? O che al contrario vi dà un brivido di piacere? Lasciarsi alle spalle tutto e prendere il treno verso nord. Attraversare le Alpi. Arrivare in una città straniera, grande almeno tre volte Cremona, piena di gente sconosciuta. Ma vi hanno detto che a Zurigo abitano migliaia di italiani: qualcuno con cui parlare lo troverete. Fra poco arriva il treno. Portate la valigia nel fabbricato passeggeri. Intorno a voi, tutto è famigliare: un agrario con il panciotto, un prete che legge il “Messaggere”, una madre che trascina due bambini. Sapete il nome e il cognome del capostazione, avete frequentato i suoi figli. Presto invece, dentro quell’altra stazione su a nord, sarà tutto nuovo.
Dev’essere andata più o meno così quando il mio bisnonno, Benvenuto Fazioli, partì da Cremona e se ne andò in Svizzera. Prima lavorò a Zurigo, poi nel Canton Ticino. Conobbe una donna ticinese e, dopo anni, tornò a Cremona a prendere i documenti necessari per il matrimonio. Appena scese dal treno, sulla piazza della stazione, un uomo si avvicinò, e cominciò a sbirciarlo, poi a osservarlo sempre più da vicino. Infine osò rivolgergli la parola. «Ma tu… ma sei Benvenuto?» Il mio bisnonno fece segno di sì, e l’altro esclamò: «Sono tuo zio!»
FullSizeRender-3 copia 2La lontananza. Quella degli emigranti che partivano per davvero, prima dei telefoni (figuriamoci skype e i social network), quella di un ragazzo amante dell’avventura che balza su un treno e si lascia indietro la sua infanzia. Ma anche la mia lontananza, nel tempo e nello spazio.
Qualche giorno fa sono tornato a Cremona, per la prima volta da quando ero bambino. Ho presentato L’arte del fallimento all’Osteria del Fico, con lo scrittore Marco Ghizzoni e il libraio Mario Feraboli. La serata è stata speciale per l’ottima accoglienza, per le parole e i pensieri di Marco e Mario, per qualche incontro prezioso. Dopo il momento ufficiale, ho avuto l’occasione – fumando la pipa e facendo due chiacchiere davanti a un bicchiere di grappa – di fare un tuffo nella piccola cronaca cremonese, con le sue storie e i suoi personaggi. Il mattino successivo mi è capitato poi di bere un caffè con un lettore fedele che, al contrario di Benvenuto, dalla Svizzera è emigrato a Cremona.
Di solito a questi incontri vado solo, o qualche volta con mia moglie. Stavolta invece ero con mio padre: quando ha saputo che avrei presentato il libro a Cremona, ha voluto accompagnarmi. Un normale viaggio di lavoro si è trasformato così in una ricognizione memoriale: un padre e un figlio sulle tracce del passato, in una sorta di piccola ricerca del tempo perduto in chiave elvetico-lombarda…
FullSizeRender-3Mio padre ha passato lunghi periodi della sua infanzia a Cremona, ma pure io ho qualche ricordo. Si può appartenere a un luogo che non si conosce? Mi vengono in mente i versi di una poesia: anch’io, senza saperlo, sono figlio / di questa terra. Quello che ho sentito è un nodo passeggero che è nostalgia, / ma di seconda mano. Ha contribuito il cielo della Bassa, che al momento del nostro arrivo si è incendiato di rosso dietro una cortina grigia, lasciando intravedere cattedrali di nuvole dorate. Più tardi, la prima esplorazione del centro: con i dettagli avvolti nell’oscurità, le case e i muri avrebbero potuto essere gli stessi di venti o di cinquanta anni prima. Era soltanto un’impressione, certo, ma quella sospensione temporale mi ha aiutato a entrare nel paesaggio.
Abbiamo rivisto i parenti di Cremona. Con l’aiuto dei ricordi e delle fotografie (e di un buon bicchiere di Franciacorta), abbiamo riannodato fili e richiamato alla mente persone scomparse. Scomparse? Forse semplicemente emigrate, anche loro come Benvenuto, forse più vicine di quanto immaginiamo. Presto o tardi, sul piazzale di qualche stazione più che remota, ci capiterà di rivederli. Chissà se li riconosceremo subito?
Copia di FullSizeRender-3Il passato a volte gioca a essere presente. In via dei Mille c’è un cortile che avevo visto da bambino; i parenti che abitavano lì sono morti da anni, ma la casa è sempre uguale. Non solo: avvicinandomi alla porta, ho scoperto che resiste ancora il vecchio citofono, ormai un po’ arrugginito, con il cognome “Fazioli” ben visibile. È assurdo, lo so. Non  c’è nessuna logica. Ma vi confesso che ho avuto la tentazione di suonare. E se mi avesse risposto una voce dal passato? Se il citofono fosse una sorta di macchina del tempo? Se in quel punto – nel banale portone di una cittadina tranquilla dove sembra sempre domenica – si nascondesse una misteriosa via d’accesso alla realtà invisibile?
Ecco, lo sapevo. Anche nei percorsi memoriali, la mia parte romanzesca mi prende sempre la mano. Che ci volete fare? È una deformazione professionale…
(Però quel campanello, quando passo di nuovo da Cremona, proverò a suonarlo. Non si sa mai).

PS: I versi citati sono presi da “Conosci il mare”, di Yari Bernasconi. L’autore parla di un ritorno, con il mare e il sale che corrode, / che scava nelle piccole esistenze. La lirica si trova nella raccolta Nuovi giorni di polvere (Casagrande 2015). Potete leggere qui il testo completo.

Condividi il post