Giro del mondo

Nel 2018 avevo progettato di fare il giro del mondo. Sono partito nel gennaio 2019, con l’idea di visitare ogni mese un luogo diverso. Qualche volta è stato faticoso – a un certo punto ho temuto di non farcela – ma infine ho raggiunto l’obiettivo.
Per mancanza di mezzi finanziari non potevo permettermi né di volare in aeroplano, né di prendere il treno, né d’imbarcarmi per mare; per contro, andare a piedi o in bicicletta sarebbe stato troppo lungo. Ho sfruttato quindi l’immaginazione, che resta il mezzo di trasporto più ecologico mai inventato fino a oggi. I miei bagagli erano ridotti: avevo con me un mazzo di carte. Ecco le mie destinazioni, in ordine cronologico: Pilley’s Island (Canada), Muling (Cina), Makuya (Congo), Igarapeba (Brasile), Myaungmya (Birmania/Myanmar), Yabluniv (Ucraina), Ross Ice Shelf (Antartide), Ajano-Majskij (Russia), Santa Fe (Stati Uniti), Dighori (India), as-Summan (Arabia Saudita), One Tree (Australia).
Presento qui sotto, per ogni mese, la fotografia delle carte che mi hanno ispirato, il link al testo e l’immagine della mappa satellitare. Di seguito, i dodici haiku scritti in occasione di ogni viaggio. (Per i dettagli tecnici sulle spedizioni, si veda il Post Scriptum alla fine.)
Prima di lasciarvi alla lettura, vorrei proporvi una breve riflessione sull’utilità di tale impresa. Qualcuno potrebbe chiedersi: perché dare tanto spazio alle fantasticherie, in un’epoca come la nostra segnata da inquietudini planetarie reali e tangibili? A me sembra che la forza della letteratura, e quindi della fantasia, consista nella capacità di spezzare gli schemi, anche gli schemi che a prima vista ci sembrano corretti.
Non c’è bisogno di andare lontano. Oggi, per esempio, sono uscito di casa e, dopo appena qualche passo, mi sono ritrovato a contemplare le crepe sul marciapiede: di colpo, nel cuore della città, ho visto ergersi la sagoma di una giraffa; oppure ho scorto il profilo di un segugio che fiuta la sua pista. Le cose non sono come sembrano, proprio perché la realtà sfugge a ogni schema. Anch’io, quando scrivo, mi sento come quel segugio: non mi’interessa raccontare ciò che ho trovato, se mai ho trovato qualcosa, ma cercare nuove tracce. Immaginare ciò che non esiste mi aiuta a vedere meglio ciò che esiste; ogni passo – ogni parola – è un tentativo di capire un po’ meglio il mondo, questo inestricabile mistero che ogni giorno ci mette alla prova.

IL GIRO DEL MONDO

 
GENNAIO
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Hanafuda: Pino / Gru
Luogo: Pilley’s Island, Terranova e Labrador, Canada
Coordinate: 49°30’34.2″ N; 55°43’43.6794″ E

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FEBBRAIO
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Hanafuda: Pruno / Usignolo
Luogo: Muling, Mudanjiang, Heilongjiang, Cina
Coordinate: 44°49’25.9″N, 130°35’12.8″E

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MARZO
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Hanafuda: Ciliegio / Tenda
Luogo: Makuya, Lualaba, Congo
Coordinate: 9°29’11.1″S, 21°53’15.3″E

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APRILE
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Hanafuda: Glicine / Cuculo
Luogo: Igarapeba, São Benedito do Sul, Pernambuco, Brasile
Coordinate: 8°48’09.8″S, 35°54’15.7″W

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MAGGIO
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Hanafuda: Iris / Ponte
Luogo: Myaungmya, Myanmar (Birmania)
Coordinate: 16°31’20.5″N 95°10’56.7″E

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GIUGNO
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Hanafuda: Peonia / Farfalla
Luogo: Yabluniv, distretto di Kaniv, Oblast’ di Čerkasy, Ucraina
Coordinate: 49°40’27.8″N; 31°26’21.0″E

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LUGLIO
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Hanafuda: Lespedeza / Cinghiale
Luogo: Ross Ice Shelf, a circa 400 km dalla McMurdo Station, Antartide
Coordinate: 80°38’49.3″S 171°01’35.5″E

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AGOSTO
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Hanafuda: Miscanthus sinensis / Luna piena
Luogo: Ajano-Majskij, Chabarosk, Russia
Coordinate: 58°51’05.8″N; 132°47’40.3″E

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SETTEMBRE
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Hanafuda: Crisantemo / Coppa di saké
Luogo: Santa Fe, Nuovo Messico, Stati Uniti d’America
Coordinate: 35°41’46.2″N; 106°10’21.7″W

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OTTOBRE
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Hanafuda: Acero / Cerbiatto
Luogo: Dighori, Maharashtra 441203, India
Coordinate: 20°47’01.9″N; 79°13’11.7″E

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NOVEMBRE
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Hanafuda: Salice / Poeta / Rondine
Luogo: as-Summan (لصمّان), Arabia Saudita
Coordinate: 23°40’19.6″N; 49°25’45.3″E

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DICEMBRE
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Hanafuda: Paulonia / Fenice
Luogo: One Tree, Nuovo Galles del Sud, Australia
Coordinate: 34°11’05.9″S; 145°15’00.5″E

GLI HAIKU

Parcheggio vuoto.
Sopra le case e gli alberi
passa una gru.

***

Sulla betulla
si posa una colomba –
È quasi marzo.

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Guardando giù
dall’alto di un ciliegio
vedo me stesso.

***

In bicicletta –
Il cuculo sorprende
la mia fatica.

***

Splende nel calice
un vino bianco freddo.
È quasi estate.

***

Viene la sera –
le peonie si addormentano
stanche di sole.

***

Un vecchio clown
nel buio suona il violino.
Notte di luglio.

***

L’erba d’argento
brilla come un addio –
Non c’è nessuno.

***

Viene la notte –
In fondo all’orto ridono
i fiori d’oro.

***

Sale la nebbia.
Scricchiolano sul viale
passi di corsa.

***

L’eco di un fischio
indugia sopra i tetti –
L’ultima rondine.

***

Libero i vetri
dal ghiaccio e nel frattempo
l’anno finisce.

***

PS: Per scegliere i luoghi in cui viaggiare mi sono affidato a un sito che designa casualmente una coppia di coordinate su tutta la terra. Se finivo nel mare (come accadeva nella maggior parte dei casi) o in un luogo già visitato, facevo un altro tentativo, accettando il primo risultato utile. Ho aiutato la fantasia con l’Hanafuda, un mazzo di carte giapponese risalente al XVI secolo: ogni mese il gioco propone l’immagine di una pianta o di un fiore e talvolta anche di un animale o di oggetti simbolici. Esistono varie versioni dell’Hanafuda; io ho usato quella dell’editore francese Robin Red Games (trovate qui i dettagli).
Insieme al resoconto del viaggio, ogni mese ho scritto anche un haiku, un piccolo poema di tre versi, pure di origine giapponese. L’haiku per me non era un riassunto o un complemento, ma piuttosto un punto di fuga verso l’ignoto.

PPS: Per altri dettagli, si legga anche qui (è l’introduzione al primo viaggio, nel mese di gennaio).

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Ztalpedarap

#Paradeplatz2018 è stato un progetto di Yari Bernasconi e Andrea Fazioli. Da gennaio a dicembre 2018, per dodici mesi, ci siamo dati appuntamento a Paradeplatz, ci siamo seduti con una poesia ogni volta diversa, abbiamo cercato di capire meglio questo luogo e le persone che lo attraversano (compresi noi stessi). Abbiamo allenato il nostro sguardo, abbiamo sperimentato diverse modalità di scrittura, ci siamo posti domande le cui risposte erano altre domande.

E così siamo tornati. Senza grandi pretese o – peggio – intenti simbolici. Siamo tornati perché volevamo incontrarci e risultava comodo per entrambi. Ci siamo quindi limitati a gironzolare per qualche minuto. Abbiamo letto le insegne, le pubblicità sulle fiancate dei tram. Ci siamo fermati accanto alla vetrina di un gioielliere, dove una targa strillava una lista di città: New York, Beverly Hills, Paris, London, Tokyo, Hong Kong, Běijīng, Shanghai, Dubai, Moscow. Poi abbiamo guardato la vetrina. E proprio lì, attraversati da un vento sottile, ci siamo rivisti. Tra perle e brillanti. La piazza sullo sfondo appena diversa da come la ricordavamo, con le insegne dell’SBU e della essiuS tidérC. Eccoci qui. Abbastanza alti, dentro abiti neutrali e poco originali, con un sorriso a metà. Gli zaini colmi di libri, fogli e cianfrusaglie. Gli occhi appena malinconici, come ogni persona che abbia il tempo di guardarsi allo specchio, di dire io, tunoi. [YB+AF]

Ecco la lista dei nostri viaggi a Paradeplatz. Alla fine trovate pure un piccolo extra. In linguaggio contemporaneo: una bonus track con il making of.

Gennaio (episodio 1)
Non ci saremoSiamo seduti su una panchina e dopo pochi minuti siamo già i più vecchi abitanti della piazza. Gli altri corrono, noi restiamo. Nonostante il desiderio di abbandonarsi alla poesia dei capolinea e di balzare sul primo tram diretto allo zoo o a Frankenthal.

Febbraio (episodio 2)
Una piazza è una piazzaSiamo tornati a Zurigo con l’intento di non fare niente per un paio d’ore. Ma abbiamo scoperto che, se stai seduto abbastanza a lungo, a Paradeplatz appaiono agenti segreti, viaggiatori nel tempo, fanciulle stilnoviste e brucaliffi.

Marzo (episodio 3)
Un giorno ideale per i pescitaccuino
In mezzo ai tram e ai passanti, compare un tizio con una videocamera. Si avvicina e la punta contro di noi: nera, impassibile, attenta. Si scorgono i suoi denti aguzzi. E nel volgere di un attimo, gli osservatori diventano osservati.

Aprile (episodio 4)
FosforescenzeLa primavera ci ha colti di sorpresa: pensavamo d’incontrare la solita, vecchia piazza, ma Paradeplatz si è trasformata davanti ai nostri occhi, diventando un luogo insieme intimo e selvaggio, pieno di pericoli invisibili.

Maggio (episodio 5)
A testa in giù Esserci o non esserci. Cosa diventa un luogo quando non ci siamo? Ma soprattutto: esiste ancora? Cerchiamo di stare attenti ai piccoli vuoti, alle piccole coincidenze. Alla fine ci accorgiamo che, in certi casi, il modo migliore per visitare un luogo è mettersi a testa in giù.

Giugno (episodio 6)
A Zurigo, sulla luna I soliti tram e le solite cravatte di Paradeplatz: nemmeno il tempo di pensarlo e siamo finiti sulla luna. Capita a volte che, all’improvviso, ci si trovi davanti ai propri desideri: in fondo, siamo anche e soprattutto quello che saremmo voluti essere (senza riuscirci).

Luglio (episodio 7)
La solitudine del formichiere La piazza è inondata dal sole. La domenica passano pochi tram. In compenso sfilano piccioni altezzosi, ragazzi abbronzati, fanciulle che schioccano le infradito, famiglie che fanno jogging. Ci caliamo nella parte e andiamo allo zoo.

Agosto (episodio 8)
Pourquoi ici? Eccoci seduti l’uno di fianco all’altro. Entrambi con gli occhi cerchiati di sonno. Per ragioni diverse, la notte scorsa abbiamo dormito poco (fra tutti e due, meno di dieci ore). Dormire a Paradeplatz? Per un attimo il pensiero ci sfiora, ma è tutto troppo chiaro, troppo abbagliante.

Settembre (episodio 9)
L’uomo nudo Quando soffia il “föhn”, Zurigo è più stravagante, più colorata, più pazza. Nel tentativo di raggiungere per altre vie la piazza, stavolta ci siamo persi. Quando infine riusciamo a trovarci, nasce anche in noi – colpa del favonio! – un improvviso grano di follia…

Ottobre (episodio 10)
L’ultima sigaretta Che cosa nasconde il cuore del cuore di Zurigo? Che cosa ancora Paradeplatz non ci ha raccontato, in questi dieci mesi di corteggiamento? Un uomo barbuto si esercita a lanciare mozziconi di sigaretta. E noi scendiamo nel sottosuolo, cercando cunicoli e passaggi segreti.

Novembre (episodio 10)
Il sergente Studer?Gli alberi di Natale schierati sopra il tetto dell’UBS sembrano un plotone di esecuzione poco prima dell’alba. Ma non è l’alba. Non è nemmeno mattina, sebbene l’orologio segni le undici. È un mondo senza tempo, dove novembre a lungo scioglie il suo canto d’addio.

Dicembre (episodio 12)
Capolinea Frankental Se fino a oggi i nostri incontri zurighesi potevano apparire inutili o assurdi, che cosa dire di questo ultimo viaggio? Due persone adulte salgono sul tram numero 13 diretto a Frankental con l’unico scopo di andare a Frankental. Nient’altro che il desiderio di essere lì.

*

Speciale!
BONUS (making of)

Cliccate qui per leggere la trascrizione dei nostri taccuini, mese dopo mese.

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I am the piazzetta

Nel 2017 ho fatto un esperimento: una volta al mese sono andato a sedermi per un paio d’ore in una piazzetta senza nome, nella città di Bellinzona. Avevo sempre con me un libro, una penna e un taccuino. L’idea era che il circolo della piazza fosse una sorta di mandala, un campo di osservazione che nella sua piccolezza rispecchiasse la multiformità del mondo. Il mio programma era osservare le relazioni umane e animali, ascoltare parole e suoni, parlare con chi passava oppure tacere, quando non c’era nessuno o quando nessuno mi rivolgeva la parola. Ho preso nota delle variazioni meteorologiche, delle conversazioni, degli sguardi, dei silenzi, delle connessioni fra ciò che stavo leggendo e ciò che accadeva davanti ai miei occhi. Mese dopo mese, ho scritto per capire meglio.
Sono tornato un’ultima volta la notte di Capodanno. Il posto era freddo e vuoto. Sopra una panchina, c’era una bottiglia di vodka con un po’ di nevischio all’interno. Mi sono seduto e ho concluso l’esperimento. Dopo aver osservato le persone che popolavano la piazzetta, dopo aver studiato me stesso, dopo aver esaminato alberi e uccelli, automobili e biciclette, quella notte ho cambiato punto di vista. Ho provato a essere la piazzetta. A pensare come lei. A guardare il mondo nel modo placido e un po’ svagato in cui lo guardano le piazze.
L’autore britannico Roger McGough in una sua poesia tenta qualcosa del genere.

the man on the veranda
outside, giving coppers
to the old tramp and
feeling good isn’t me.
I am the veranda.
I could have been
The tramp or even
The coppers. However
I choose to be the
veranda and it is
my poem. Such is
the power of poets.

(Traduzione: l’uomo là fuori, sulla veranda, / che dà le monetine / al vecchio barbone e che / si sente bene non sono io. / Io sono la veranda. / Avrei potuto essere / il barbone o perfino / le monetine. E tuttavia / ho deciso di essere la / veranda e questa è / la mia poesia. Tale è / il potere dei poeti.)

Non so se sia the power of poets, come ironicamente scrive McGough; credo che mettersi nei panni di una piazza sia un’esperienza alla portata di tutti. Specialmente quando l’animo è turbato, quando le vicissitudini sembrano incidersi come ferite. Allora sarebbe bello avere quell’atteggiamento saggio che hanno le piazze, loro che hanno visto tanto dolore, tanta gioia e, in mezzo a tutto il resto, anche tanti cani alzare la gamba accanto alla fontana.

Ecco la lista delle mie incursioni nella piazzetta.
1) Gennaio. Pik Pik. Nel freddo pungente arriva una silenziosa Mercedes, da cui escono due signore che distribuiscono volantini sulla Bibbia.

2) Febbraio. L’elefante innamorato. Proprio al centro dell’universo si radunano otto signori in pensione. Intanto, sospesa sopra i tetti, appare la luce di Venere.

3) Marzo. La parola “cielo”. Quando apriranno la fontana? Leggo Elias Canetti: Egli parla rivolgendosi al sole, e la bambina ascolta. Adesso parla la bambina, e lui ode il sole.

4) AprileCacciavite a stella. Il vento infuria nella piazzetta. Due ragazzine discutono dell’importanza di avere una migliore amica.

5) Maggio. PlazuelaA las cinco de las tarde, è Garcia Lorca che passa dalla piazzetta. Sento parlare gli uccelli e provo a rispondere con un richiamo per cinciallegre.

6) Giugno. Piazzetta tropicale. È un pomeriggio soffocante. L’estate arroventa l’asfalto e Bellinzona sembra una città fantasma.

7) Luglio. Oettinger. Un uomo mette in fresco una birra nella fontana.  Uno dei pensionati indossa una maglietta rossa con la scritta Giovane da cent’anni.

8) AgostoE toseed tumasăd-t. L’ombra e l’acqua trasformano la piazzetta in un’oasi. Una ragazzina magra si siede, guarda a lungo il telefono e poi se ne va.

9) Settembre. L’ultima tigre. A circa 46 gradi di latitudine nord e 9 gradi di longitudine est, con una temperatura di venti gradi, mi ha punto una zanzara.

10) Ottobre. Pispillòria. Grazie a Nagib Mahfuz, la piazza di popola di mercanti, facchini, navigatori, geni buoni o malvagi, ciabattini, sultani e donne misteriose.

11) Novembre. Fuori dagli stalli demarcati. Perché sono qui? Dovrei lavorare o correre o fare cose ragionevoli che mi permettano poi di lamentarmi per lo stress.

12) Dicembre. Ant Nadal. Non c’è nessuno. Una macchina sbatte contro un albero. Dopo qualche minuto arriva un uomo a raccogliere i cocci. Buon Natale!

PS: La poesia di McGough si trova nella raccolta Gig (Cape, Londra 1973). La traduzione di Franco Nasi proviene da Eclissi quotidiane. Poesie scelte 1967-2002 (Medusa 2004).

PPS: Nel 2018, nuovo esperimento. Fra qualche giorno vi spiegherò di che si tratta.

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