Buon Natale!

Da qualche mese non aggiorno il blog: ogni tanto fa bene una pausa. Per riprendere il filo condivido un discorso che ho pronunciato in occasione dell’accensione dell’albero di Natale a Bellinzona, la città della Svizzera italiana dove sono nato e dove abito tuttora.
Le trascrizioni di un discorso sono sempre pericolose. Le parole dette a voce alta perdono parte della loro efficacia se messe nero su bianco. Spero che il testo possa piacervi lo stesso. (Soprattutto perché parla di una volpe: in tanti anni che faccio questo lavoro ho maturato la convinzione che un testo non è mai del tutto inutile, se dentro c’è una volpe.) Esiste un video con il discorso, ma è stato pubblicato su Facebook e perciò non posso condividerlo qui.

(Naturalmente, questa faccenda del discorso è più che altro una scusa; ciò che mi preme è rivolgere a tutti voi un caro saluto. Sono felice di riavviare questo luogo d’incontro. Buon Natale!)

C’era una volta una piccola volpe che abitava nei boschi intorno a Bellinzona. Era curiosa, come tutte le volpi, e ogni tanto di notte scendeva nelle vie deserte della città, annusava l’aria, spiava i bar chiusi, le vetrine buie… tranne nelle notti di dicembre. Allora la volpe, abbacinata e frastornata, camminava in mezzo a una miriade di luminarie, festoni, ghirlande, renne o babbinatali fosforescenti… Un po’ sgomenta, la volpe si chiedeva: perché? Perché tutto questo?
Il Natale è implacabile. È difficile fare finta di niente, perfino se sei una volpe. Ci siamo dentro tutti. Tutto questo caos, questa ressa di acquisti e aperitivi e beneficenza e calendari dell’avvento… perché?
Chi crede in Gesù, chi non ci crede, chi forse ci crede, chi è solo una piccola volpe che conosce più che altro le galline e i sentieri nell’ombra. Per tutti, dicevo, c’è qualcosa d’inevitabile, ed è l’attesa. Bene o male, fin dall’infanzia dal Natale ci aspettiamo qualcosa. Anche oggi, magari involontariamente, attendiamo un cambiamento, una consolazione, una speranza per l’anno nuovo.

Il Natale ci obbliga infatti a guardare la radice, il punto dove sorgono le cose. È la festa di un bambino che nasce e in fondo ogni volta che nasce un bambino è una festa. Non dobbiamo abituarci a questo miracolo – una nuova vita – non dobbiamo addormentarci proprio adesso. Il Natale è una veglia nelle notti più lunghe dell’anno e dell’animo, una veglia mentre arriva la luce. Anche per noi, nonostante tutto, con le nostre rughe, i nostri guai, il nostro COVID, i nostri debiti e i nostri malanni, anche per noi è possibile che accada qualcosa di nuovo.
La piccola volpe trema di freddo nel cuore dell’inverno, come tanti uomini e donne e bambini che tremano per l’abbandono, per la fame, per la rabbia, per la solitudine. Magari sono vicinissimi a noi, ma sono invisibili, non riusciamo a vederli; così come non vediamo la volpe che passa in silenzio proprio accanto alle nostre case.
Dobbiamo fermarci. È questo il mio augurio. Fermiamoci. Sediamoci in silenzio, nella nostra stanza, facciamo tacere il traffico, gli affanni, i social network. Soprattutto i social network. Sediamoci senza fare niente e prestiamo attenzione alle cose di tutti i giorni. Allora piano piano sentiremo le voci di chi chiede aiuto, allora distingueremo i volti di chi sta soffrendo vicino a noi. E forse percepiremo anche il passo furtivo della piccola volpe. E se provassimo a seguirla? Se ci lasciassimo guidare dal mistero? Non so dove finiremo: forse in una tana nei boschi, forse in una radura incantata, forse in un presepe – noi e la volpe di nascosto insieme ai pastori e alle pecore. Chissà.
Come finisce la storia?
La piccola volpe si fermò davanti a un grande albero illuminato. È bello tutto questo, pensò. Questo Natale. Proviamo a guardarlo più da vicino. Cautamente si arrampicò nell’intrico dei rami, fra le bocce e le luci. Si acquattò e si dispose ad aspettare, con pazienza, sicura che qualcosa sarebbe successo.
E se guardate bene, è ancora lassù…

PS: Grazie a Edy Pedrini, che ha ideato e girato il video del discorso. Grazie anche a Sara Demir e, naturalmente, alla città di Bellinzona che mi ha lasciato mettere una volpe sull’albero di Natale.

PPS: Il video si trova sulla pagina Facebook della città di Bellinzona (@bellinzonacity). Credo che si possa scovarlo anche cercando su Google. Avvistare la volpe, invece, è più difficile: provate nei boschi sopra il quartiere di Ravecchia, nella zona di Prada.

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Panchinario 94-103

Dove andiamo, quando viaggiamo? Sembra che per rispondere basti controllare il proprio biglietto di treno o di aereo, o semplicemente guardarsi intorno, al limite consultare una mappa. Invece, a volte, anche le coordinate più precise sono fuorvianti. All’inizio della pandemia di COVID-19, proprio nei primi giorni, sedersi su una panchina nella mia città significava andare molto lontano. Mio fratello, accanto a me, era ancora più distante, irraggiungibile. Restando alla scrivania, in pochi minuti ho raggiunto una panchina in un parco del 1921 e un’altra nel giardino di un ospedale psichiatrico in Provenza. E la panchina appena fuori casa mia? È più vicina o più lontana di quella posta nell’atollo di Ari, alle isole Maldive? Di certo, il viaggio più misterioso è stato quello verso altrove: a due passi da me, in un altro mondo.
Quando viaggiamo, siamo sempre altrove, anche rispetto al luogo in cui ci muoviamo, mangiamo, dormiamo. Ogni punto preciso, individuabile tramite delle coordinate, ha un suo doppio segreto, raggiungibile solo attraverso il sogno, l’immaginazione, l’arte. Le panchine sono un portale: stanno nella quotidianità, ma consentono di raggiungere un’altra dimensione.
(A proposito di coordinate: in fondo all’articolo trovate una spiegazione del sistema che uso nel Panchinario.)

 

94) BELLINZONA, in via Sasso Corbaro
Coordinate: 2’722’744.8; 1’116’442.7
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… fare un esercizio di speranza.
Non potendo andare lontano, m’incammino lungo la strada che sale verso il castello di Sasso Corbaro. A metà strada mi siedo sulla panchina. Una motocicletta si ferma di fianco a me e ne scende un uomo. Si toglie il casco… e scopro che è mio fratello. Ci salutiamo – ma guarda che coincidenza, eccetera – e stiamo per avvicinarci. Poi ci ricordiamo del coronavirus. Mio fratello è presente nei miei ricordi più remoti: giochi, litigi, vacanze, scoperte, amicizie, avventure. Lui c’era sempre. Oggi stiamo attenti a restare a un metro di distanza. La prendiamo con ironia e ci sediamo ai lati della panchina. Parliamo del più e del meno. È una situazione straziante, ma se non vogliamo cedere allo sconforto è necessario compiere questo esercizio di speranza. Senza bisogno di dircelo, sentiamo che dentro di noi ci sono gli stessi pensieri, le stesse emozioni. «Quando arriverà l’estate – dice lui – dobbiamo farci un giro in moto insieme.»
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

95) UN PARCO DEL 1921, sotto un lampione all’angolo di un viale
Coordinate: ignote
Comodità: 4 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… una passeggiata notturna.
Questa panchina non appartiene al nostro mondo, almeno, non a quello che possiamo calpestare con i nostri piedi. È un’acquaforte del pittore statunitense Edward Hopper, conservata al Whitney Museum of American Art di New York. Ma che cosa significa appartenere al nostro mondo? Per fortuna le nostre passeggiate possono prolungarsi oltre il tempo e lo spazio: senza uscire di casa, sentiamo frusciare la brezza fra gli alberi, vediamo la ombre frastagliate alla luce di un lampione solitario. Solitario è anche l’uomo che intravediamo di spalle, seduto con le gambe allungate davanti a sé. Indossa un cappello e sembra intento nella lettura. Tuttavia, mentre ci avviciniamo, abbiamo la sensazione che quell’uomo non soltanto un tizio che, tornando tardi dal lavoro, sia passato dal parco. Forse sta facendo un appostamento? Aspetta qualcuno? È un poliziotto, un ladro, un amante? Non lo sapremo mai. Ed è questo il bello.
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):
Brezza, fruscio di carta, passi sul viale.

96) ATOLLO DI ARI, vicino all’isola di Athuruga, nell’arcipelago delle Maldive
Coordinate: 3°52’60″N; 72°49’60″E
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 5 stelle su 5
Ideale per… leggere Robinson Crusoe.
La nave su cui era imbarcato Robinson Crusoe fece naufragio al largo del Venezuela. Qui invece siamo alle Maldive. Non è proprio la stessa cosa… ma l’atollo è piccolo e disabitato, perciò non è troppo difficile fingere di essere su un’isola deserta. A chi non è mai successo di sentirsi fuori dal mondo? Ci sono giorni in cui, sbattuti «da una violentissima tempesta», ci ritroviamo lontani «dalle comuni rotte commerciali», perduti «in una zona desolata». È facile abbandonarsi alla tristezza. Ma lo stesso Robinson ci ricorda che «tutti i mali vanno considerati insieme al bene che si trova in essi, e insieme ai mali peggiori che li circondano» (D. Defoe, Robinson Crusoe, 1719, trad. di Lodovico Terzi, Bompiani 1963). Soprattutto, bisogna pensare che prima o poi, anche nelle isole più remote, avvisteremo sulla spiaggia l’impronta di un piede umano. Basta non perdere la speranza.
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Colonna sonora (30 secondi):

 

97) SAINT-RÉMY-DE-PROVENCE, nel giardino dell’ospedale Saint-Paul-de-Mausole
Coordinate: 43°46’35″N; 4°50’05″E (circa)
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… ritrovare i colori.
Nel maggio del 1889, da pochi giorni ricoverato all’ospedale psichiatrico Saint-Paul-de-Mausole in Provenza, Vincent Van Gogh dipinse su una tela «gli eterni nascondigli verdi degli innamorati», come lui stesso scrisse ironicamente al fratello Theo. «Grossi tronchi d’albero coperti di edera, il suolo coperto di edera e di pervinche, una panchina di pietra e un cespuglio di rose pallide all’ombra. In primo piano alcuni fiori a calice bianco. E verde, viola e rosa» (V. Van Gogh, Lettere a Theo, trad. di M. Donvito e B. Casavecchia, Guanda). Quel dipinto andò perso, ma al Museo Van Gogh di Amsterdam c’è un disegno a penna su carta dello stesso paesaggio. Ho guardato a lungo quella panchina in bianco e nero, immaginando i colori smarriti. Smarriti? Basta dare loro il giusto tempo: alla fine i colori tornano sempre, ogni anno, proprio come li vide Van Gogh in quel lontano mese di maggio.
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Colonna sonora (30 secondi):
 Cicale, canto di uccelli, schiocchi di rami.

98) BELLINZONA, in piazzetta Fontana
Coordinate: 2’722’744.8; 1’116’442.7
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… aspettare che torni a scorrere l’acqua.
Lei era sempre lì. Ogni volta che uscivo di casa, ogni volta che rientravo mi lanciava uno sguardo di rimprovero. Si capiva che avrebbe voluto chiedermi: perché mi stai trascurando? Per “Ticino 7” ho visitato finora novantasette panchine in tutto il mondo, ma ho sempre evitato questa, proprio sotto casa mia. Forse per pudore, forse perché mi sembrava scontata. Ma oggi, visto che la pandemia m’impedisce di allontanarmi, vinco il mio ritegno e mi siedo davanti alla fontana. È appena cominciato il mese d’aprile: ancora non hanno riaperto il rubinetto. È un po’ triste vedere la vasca vuota, la piazza arida. Bisogna avere pazienza, mi dico. Presto l’acqua tornerà a gorgogliare, i bambini giocheranno a spruzzarsi e a rincorrersi intorno alla fontana, i viandanti e i ciclisti si fermeranno per bere un sorso. Nel frattempo resto qui, in attesa. Sulla panchina numero novantotto, la “mia” panchina, finalmente.
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Colonna sonora (30 secondi):

 

99) AMENO, al Santuario della Madonna della Bocciola in via Bardelli (Vacciago)
Coordinate: 45°47’41.3″N; 8°25’38.8″E
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… riflettere sulla lontananza.
A volte la lontananza è un’occasione per ritemprarsi; a volte una sofferenza. Essere distanti dal mondo, dagli affetti, dal lavoro può diventare un tormento, ma può offrire anche la possibilità di prendere fiato, per tornare poi a camminare con gli altri. Da questo maestoso santuario in stile neoclassico, la vista spazia libera fra il cielo e il lago d’Orta. Leonardo da Vinci consigliava ai pittori di usare l’azzurro per esprimere i grandi spazi: «e quello che tu vuoi che sia cinque volte più lontano, fallo cinque volte più azzurro». Le montagne sull’altra sponda, immobili e intrise di celeste, sembrano intonare il canto muto della lontananza. Nostalgia? Rimpianto? Anche, ma soprattutto desiderio di vita, di scoperta, mentre «l’azzurro si compone di chiaro e di scuro in lunghe distanze» (Leonardo, Trattato sulla pittura, a cura di E. Camesasca, Tea 1995).
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

100) ALTROVE, nelle nostre case o nei nostri giardini
Coordinate: variabili
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… farsi nuovi amici.
Per la centesima panchina della collezione avrei voluto andare in un luogo selvaggio, remoto, fra picchi di montagne; oppure nel cuore caotico di una metropoli. Invece ho chiesto aiuto alle mie figlie e loro mi hanno portato altrove. È una panchina qualunque, in un posto qualunque. Ma quanta vitalità, quanta capacità di suscitare incontri: un’anziana signora e il suo nipotino, un puffo che si ripara dal sole sotto un fungo, un soldato spaziale che discute con un uomo in canottiera. Lego, Playmobil, giocattoli di etnie diverse si aggregano intorno alla panchina, mentre un’eterea Puffetta sfreccia in pattini a rotelle con la chioma dorata al vento. Non ci sono discriminazioni, nessuna distinzione fra popoli, generi, classi sociali. Proprio per questo – pur essendo la panca nel mio giardino – mi rendo conto che è veramente altrove, nei territori dell’immaginazione, assai lontana da questo povero vecchio mondo.
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Colonna sonora (30 secondi): Chiacchiere, suoni puffici, rullio di pattini.

101) JUSSY, nei Bois de l’Étang, vicino al Chemin des Étoiles
Coordinate: 2’511’453.8; 1’122’791.4
Comodità: 4 stelle su 5
Vista: 5 stelle su 5
Ideale per… avere una buona idea.
Le buone idee possono arrivare nelle situazioni più impensate: mentre fai la doccia, mentre stai portando fuori i rifiuti, mentre lavi i piatti o mentre dormi. Però ci sono scenari che sembrano fatti apposta per dare l’ispirazione. Già da bambino ogni tanto fantasticavo di camminare per i campi, nello splendore della primavera, fino a una quercia solitaria. Ai piedi della quercia, ascoltando il fruscio del vento e le chiacchiere degli uccellini, ecco che ogni dubbio si scioglieva e all’improvviso appariva la risposta che stavo cercando, semplice eppure sorprendente. Le “panchine ispiratrici” sono rare, purtroppo. Ne trovate una eccellente a circa dodici chilometri da Ginevra, nella riserva naturale Les Prés de Villette. Ogni cosa è al suo posto: l’erba, i sentieri, gli alberi. Ogni colore scintilla: il verde, il giallo, l’azzurro. La panchina sta proprio lì, ai piedi del grande albero. E ci aspetta.
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

102) MAGADINO, in via Montitt
Coordinate: 2’711’121.2; 1’111’766.6
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… osservare la fine di un fiume.
Non si può guardare la foce di un fiume senza pensare alla nascita. La sorgente principale del Ticino si trova sul Passo della Novena, a 2.500 metri di quota: è uno scenario di rocce e licheni, levigato dal vento, dalla neve.  Dopo novanta chilometri il Ticino si getta nel Lago Maggiore. (Poi ne uscirà, per attraversare il Piemonte e la Lombardia fino al Po: ma questa è un’altra storia.) Sono arrivato in bicicletta, lungo la strada che da Quartino porta a Orgnana, misterioso borgo di gufi e terrazze. La panchina sembra rivolgermi un invito: fermati, scendi fino all’acqua! Sotto di me scorgo l’unica foce di fiume in un lago rimasta allo stato naturale a sud delle Alpi (e una delle poche in tutta l’Europa). Laggiù vivono più di trecento specie di uccelli, centinaia di piante diverse, addirittura 387 specie di funghi. Trecentoottantasette! È un mondo selvaggio, primordiale. Distante pochi passi e migliaia di anni.
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

103) MONTAGNOLA, in via Ra Cürta
Coordinate: 2’714’809.8; 1’093’585.9
Comodità: 4 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… leggere Hermann Hesse.
Questa panchina si trova nei dintorni del Museo Hermann Hesse, allestito nel 1997 vicino alla Casa Camuzzi, dove lo scrittore visse dal 1919 al 1931. «Quando quarantun anni fa giunsi per la prima volta a Montagnola in cerca di un rifugio – annotava Hesse nel 1960 – e presi in affitto un piccolo appartamento, sotto il cui balconcino sorgeva allora un maestoso albero di giuda in fiore accanto ad alcune magnolie tardive, ero un uomo “nel fiore dell’età”, e dopo quattro anni di guerra, conclusasi anche per me con la sconfitta e la bancarotta, ero pronto a ricominciare da capo» (H. Hesse, Incanto e disincanto del Ticino, trad. di V. Michels, Dadò 2013). La stagione è quella giusta: nei giardini della Collina d’Oro non mancano gli alberi fioriti e, in questi pomeriggi luminosi di maggio, è sempre vivo anche il desiderio di ripartire, di «ricominciare da capo» nonostante gli errori e le cadute, fiduciosi nel futuro.
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):


PS: Durante la pandemia, “Ticino 7” esce in una forma grafica diversa: perciò le panchine sono all’interno di un paginone che offre anche altri contenuti.

PPS: Potete leggere qui le prime quattro panchine, qui le panchine da 5 a 10, qui da 11 a 17 e qui da 18 a 23, qui da 24 a 30, qui da 31 a 37, qui da 38 a 45, qui da 46 a 55, qui da 56 a 64, qui da 65 a 73, qui da 74 a 81 e qui da 82 a 93. In generale, nella categoria Panchinario (in alto a destra), si trovano tutte le panchine.

PPPS: Sono grato a chi mi accompagna e a chi mi fa scoprire nuove panchine. In particolare, grazie a Isadora e Pietro (Atollo di Ari), Francesca e Barbara (Ameno), Rosa e Lina (Altrove), Francesca (Jussy), Giacomo (Magadino).
Le prime fotografie di questo articolo mi sono state inviate da due lettrici: Renata Campana (alpe Canaa sopra Lodano, in Svizzera) e Alina Colusso (Aberdeen, in Scozia).

PPPPS: In genere, per segnalare le panchine di tutto il mondo uso il WGS84 (World Geodetic System 1984), cioè un sistema di coordinate costruito a partire da un ellissoide di riferimento risalente al 1984. La latitudine e la longitudine sono designate mediante la proiezione universale trasversa di Mercatore (UTM), da cui la sigla UTM-WGS84. Le cifre sono espresse in base sessagesimale: gradi, minuti, secondi.
Per quanto riguarda le panchine situate in Svizzera, invece, uso la triangolazione nazionale MN95, introdotta negli anni Novanta e ultimata nel 2016: si tratta di coordinate a sette cifre con la città di Berna come punto di origine. I valori hanno sempre un 1 in direzione nord-sud e un 2 in direzione ovest-est. Gli assi sono quindi 2’600’000 metri (est) e 1’200’000 metri (nord). Per definire un punto nel territorio elvetico, le coordinate MN95 sono più precise rispetto a quelle mondiali. A chi volesse convertire le coordinate MN95 in UTM-WGS84, consiglio di consultare il sito Swisstopo, che fornisce tutti i dettagli, compresa una mappa molto accurata (potete inserire nella mappa le coordinate svizzere per individuare una singola panchina).

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Non importa dove

CARTOLINE (MARZO)

“Cartoline” (#cartoline2020) è un progetto ideato e scritto da Yari Bernasconi e Andrea Fazioli.

CARTOLINA NUMERO 9
Da Parigi, Francia
Un bar, un palazzo in periferia, un ponte sulla Senna, l’angolo di una piazza, un parco, un take-away… Non importa dove: Parigi offre sempre un punto di fuga, un aldilà. Scendendo da Montmartre ci fermiamo per scriverti questa cartolina, appoggiati a un muretto. All’inizio non ce ne accorgiamo, sentiamo solo un fruscio, un respiro interrotto. Poi voltiamo lo sguardo ed eccolo, sta uscendo da un muro. Noi sobbalziamo. L’uomo sbuca fuori, letteralmente, da un solido muro di pietra. Ben vestito, sulla quarantina. Si rivolge a noi con gentilezza e si presenta come Dutilleul. Gli chiediamo qualche spiegazione, ma lui – come se tutto fosse normale – alza le spalle. Forse ha ragione: a cosa serve un muro, dopotutto, se non a passarci attraverso?

CARTOLINA NUMERO 10
Dal solaio
Nella penombra appaiono bambole, bottiglie, ceste di vimini. In un angolo troviamo una grossa scatola di cartone con la dicitura LIBRI! in rosso. È un’indicazione intrigante, ma la scatola è ben sigillata con un nastro adesivo marrone scuro, del genere più tenace. Esitiamo, poi ci blocchiamo. Una scoperta del genere è un bivio: impossibile sapere se la scatola rappresenti un banale ritardo, una dimenticanza, o al contrario un’attesa, un anticipo. Insomma, il trasloco è alle spalle o all’orizzonte? Nell’attimo stesso in cui lo sguardo incontra il punto esclamativo, non è più chiaro se questa sia la casa in cui stiamo per vivere o quella in cui abbiamo vissuto.

CARTOLINA NUMERO 11
Da Bellinzona, in un giorno di primavera del Neolitico medio
C’è un’armonia naturale nella precarietà delle capanne circolari. La luce del sole si allunga sui prati. Da quassù, la piana alluvionale sembra vicina e al tempo stesso lontana: è come se la vedessimo con anticipo sul tempo che scorre. Fra seimila anni le macchine fotografiche saranno tutte per le rocce delle fortificazioni. Verranno ricordate le prime tracce di edifici romani, risalenti alla fine del I secolo avanti Cristo, e via via le altre tappe che renderanno possibile il celebre insieme di castelli e cinta murarie. Un panorama che indurrà i passanti a fermarsi e a scattare selfie spettacolari. Tutto il contrario di queste capanne leggere, ridicole di fronte ai millenni. Eppure il silenzio ha un odore diverso, qui, sul verde della collinetta che guarda con torpore la pianura da una parte e la montagna dall’altra. La notte, non c’è bisogno della torre più alta per avvicinarsi al cielo.

CARTOLINA NUMERO 12
Dalla cucina di un palazzo nobiliare
La cucina è vasta e polverosa. Ci sono arcate di pietra, un solido tavolo di legno, pentole di rame, lunghi spiedi, forchettoni alle pareti. Di fianco all’immenso camino, una catasta di legna; nel camino stesso, sotto l’ampia cappa, hanno messo due piccole panche su cui sedersi. La ragazza sta lì e fissa il vuoto. Proviamo ad attirare la sua attenzione con un colpo di tosse. Lei si volta e nei suoi occhi leggiamo dolore, rassegnazione, nostalgia per il tempo perduto. Ma è così giovane! «Che succede?», chiediamo. «Sei sola in casa?» La ragazza abbassa lo sguardo sulla cenere. «Sono tutte al ballo». In quel momento percepiamo nell’aria qualcosa di insolito. Tutto è inesorabilmente grigio e triste, ma allo stesso tempo sembra vibrare qualcosa di potente, come un pulviscolo di scintille invisibili, forse magiche. «Come ti chiami?» Lei fa un sorriso mesto. «Che cosa importa? Tutti mi chiamano Cenerentola».

PS: Potete leggere qui le prime quattro cartoline e qui le cartoline dalla quinta all’ottava.

PPS: L’uomo che passa attraverso i muri, l’enigmatico Dutilleul, è il protagonista di un racconto di Marcel Aymé (1902-1967), intitolato Le passe-muraille e contenuto in una raccolta omonima insieme ad altre nove storie (Gallimard, Paris, 1943). In italiano è stato pubblicato con il titolo Garù-Garù Passamuri, tradotto da Fiore Pucci in AAVV, Umoristi del Novecento. Con alcuni singolari precursori del secolo precedente, a cura di Giambattista Vicari, prefazione di Attilio Bertolucci, Garzanti, Milano, 1959. Ecco l’inizio del racconto: «A Montmartre, numero 75 bis della rue d’Orchampt, terzo piano, abitava un brav’uomo, di nome Dutilleul, che aveva il singolare dono di passare attraverso i muri senza alcuna difficoltà».

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Panchinario 82-93

Dopo una convalescenza, sono uscito di casa e ho camminato fino a una panchina. Ho pensato alla potenza racchiusa in questo gesto: uscire. La storia dell’umanità è cominciata così, con una persona che si avventurava fuori da ciò che considerava “casa”. Poi sono arrivati l’agricoltura, il commercio, le guerre, le migrazioni, i viaggi di nozze e le partite di calcio. Camminare non vince l’angoscia, non cancella il male. Però mi restituisce alla consapevolezza che il mondo sussisterà solo finché saremo capaci di amore, questa cosa assurda, questa parola sanvalentinizzata. I fastidi quotidiani, le catastrofi umanitarie ed ecologiche, la malattia, la depressione, tutto sembra minare la fiducia necessaria all’amore. Per me la lotta è serrata. Da una parte, la speranza di trarre qualcosa di buono da questa mia fatica; dall’altra, il brillante cinismo che può trasformare il mio sconforto in abitudine. Percepisco una lontananza dalla realtà, insieme alla tentazione dell’isolamento. Mi siedo accanto a un cippo: venti minuti di marcia fino a Bellinzona, due giorni fino a Milano. Non so quanto tempo per raggiungere i miei famigliari, i miei amici, i miei colleghi.

NB: La panchina a cui faccio riferimento è la numero 93, che trovate in fondo a questo articolo.

Ringrazio le lettrici e i lettori che m’inviano le foto delle loro panchine preferite. Cercherò di pubblicarne qualcuna nei prossimi tempi. Stavolta lo spazio è un po’ troppo affollato: qui sotto trovate dodici panchine.

82) CONCHES, in chemin Jean-François Dupuy
Coordinate: 2’502’241.8; 1’115’993.3
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… navigare fra le rapide.
Siamo alla periferia di Ginevra, all’inizio di un viale alberato. Il fruscìo delle foglie secche mi fa pensare all’acqua che scorre… proprio per questo, forse, quando vedo la panchina capisco che non è semplicemente un luogo dove sedersi, ma un mezzo di fortuna: una canoa per tornare alla civiltà prima che l’inverno chiuda ogni passaggio, prima che il ghiaccio stringa i fiumi nella sua morsa. Questi bambù sono intrecciati con perizia, seguendo le indicazione di un manuale di sopravvivenza in luoghi selvaggi. La panchina è leggera, maneggevole, in grado di seguire le tortuosità di un canyon e di superare indenne le cascate. Al momento d’imbarcarsi, rimane un filo d’incertezza: la navicella è duttile, ma è anche fragile. Reggerà gli urti delle rocce? Uscirà indenne dai salti e dai mulinelli? Sono fiducioso di sì. Sono pronto. Mi siedo e lascio che la panchina-canoa cominci il lungo viaggio verso la primavera.
PDF dell’articolo su “Ticino 7”
Colonna sonora (30 secondi):

 

83) CUREGLIA, all’angolo fra via Canton e via Prato Grande
Coordinate: 2’716’655.7; 1’099’759.5
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 2 stelle su 5
Ideale per… avvistare una cometa.
Dopo una cena con amici, questa panchina ci lancia un muto richiamo. Ubbidisco e mi siedo. Poco lontano, il campo da tennis coperto sembra un grosso animale addormentato. Mi guardo intorno, osservo il cartello con il simbolo “vicolo cieco”, l’indicazione PRATO GRANDE, l’immensa siepe sempreverde che pare il sipario di un palcoscenico. Mi sento all’intersezione fra due mondi: la tranquilla via residenziale sfuma nel mondo delle fiabe. Sto contemplando una decorazione natalizia a forma di stella quando sento un’esclamazione: i miei amici hanno visto passare nel cielo una stella cadente. Subito dopo ne scorgo una anch’io. La stella finta e quella vera (probabilmente dello sciame delle Geminidi) si sovrappongono nei miei pensieri; e su questa ruvida panchina di cemento anch’io non so più dove finisca l’Andrea reale e dove cominci quello immaginario, fatto di sogni e di lontane stelle.
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Colonna sonora (30 secondi):

 

84) LOSONE, nel Dog Park lungo l’argine della Maggia
Coordinate: 2’702’141.0; 1’114’784.0
Comodità: 4 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… parlare con un cane.
È un mattino freddo e limpido. Cammino fra l’argine sommergibile e quello insommergibile della Maggia. La brina sul prato sembra riflettersi nella luce bianca del cielo. Mentre medito sulle incertezze del futuro, sento un fruscìo di foglie. Abbasso lo sguardo e vedo un cane: un bassotto con le orecchie lunghe. «Sei tutto solo?» gli domando. Lui inclina la testa. «Ma ti pare? Quelli laggiù sono con me.» Intravedo in lontananza la forma di due esseri umani. Il bassotto mi annusa i piedi e mi augura buon anno. Io mi presento; lui mi annuncia che si chiama Morpheus. «Come il dio dei sogni?» gli chiedo. Lui sbuffa. «Scommetto che stai fantasticando sul futuro.» Io rimango stupito: non era mai successo che un cane mi leggesse nel pensiero. Il bassotto sogghigna. «Ma io sono il dio dei sogni, ricordi?» Poi segue la pista di un odore, allontanandosi. «Homo sapiens» borbotta. «Chissà chi l’ha inventato, questo nome…»
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Colonna sonora (30 secondi):

 

85) FIGGIONE, lungo la via dei monti, vicino alla cappella di Sant’Antonio
Coordinate: 2’702’141.0; 1’114’784.0
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 5 stelle su 5
Ideale per… osservare una balena
Da ragazzo, nel corso di un’estate senza fine, proprio da queste parti mi capitò di leggere Moby Dick, il romanzo di Herman Melville che racconta del capitano Achab a caccia della balena bianca. Arrivato al capitolo 57 («Delle balene in pitture, in denti, in legno, in fogli di ferro, in montagne e in stelle»), alzai gli occhi e, proprio sotto il Pizzo Forno, avvistai il dorso della Balena. «Nei paesi di montagna – scrive Melville – dove il viandante è circondato di continuo da anfiteatri di vette, qua e là da qualche buon punto di vista potrete cogliere fuggitive apparizioni di profili di balene che si stagliano lungo le creste ondulate» (H. Melville, Moby Dick, 1852, tradotto da C. Pavese per Einaudi nel 1941). Ancora oggi, quando da questa panchina contemplo il crinale curvo dei monti, nel fragore delle onde sento riecheggiare come un tuono la voce del capitano Achab.
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86) URMEIN, tra via Cazeschg e Hof Cazeschg
Coordinate: 2’749’661.7; 1’173’007.2
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… leggere le tracce.
Siamo nel Canton Grigioni, vicino a Thusis. È un posto ideale per osservare le impronte sulla neve: bisogna arrivare il mattino presto, magari portando con sé un manuale come il classico Guida alle tracce degli animali del danese Preben Bang (edito da Zanichelli). Ogni pista diventa una storia: la corsa di un capriolo, i balzi di una lepre, l’avanzare cauto di una volpe. Poi, dopo qualche ora, i segni vengono cancellati dal sole. Anche se, ammonisce Bang, «in condizioni favorevoli le tracce si possono conservare per anni, addirittura per millenni»; e cita le impronte fossili di un orso delle caverne (Ursus spelaeus) rinvenute nel Sud della Francia ventimila anni dopo il passaggio del plantigrado. Proprio come le impronte, anche le storie sono labili, spariscono… eppure qualche volta, misteriosamente, sono capaci di resistere al volgere delle epoche: mutano le generazioni e loro sono sempre lì.
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87) BELLINZONA, nel parco di Villa dei Cedri all’ingresso di via Rompeda
Coordinate: 2’722’144.0; 1’115’972.1
Comodità: 3 stelle su 5
Vista: 2 stelle su 5
Ideale per… ascoltare un po’ di jazz.
Da bambino qualche volta mi addentravo da solo fra queste canne di bambù, immaginando di essere nel cuore della giungla. Era un territorio insidioso, popolato di animali feroci e misteriose sette di strangolatori. Procedevo lentamente, guardandomi le spalle, pronto a schivare un agguato. Ancora oggi mi piace tornare a sedermi su questa panchina, non tanto per la vista quanto perché fra i bambù si tengono delle indiavolate jam session di musica jazz. Ormai si è sparsa la voce: arrivano da lontano grandi solisti, si posano sui rami, spalancano il becco e cominciano a swingare, con un senso del ritmo e una fantasia prodigiosa. Non so perché gli uccelli prediligano proprio questo luogo, ma fidatevi: se passate un tardo pomeriggio d’inverno, con un po’ di fortuna, potrete ascoltare un assolo di pettirosso memorabile.
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88) FIRENZE, nel giardino D’Azeglio in piazza Massimo D’Azeglio
Coordinate:43°46’28″N; 11°16’4″E
Comodità:2 stelle su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per…invecchiare.
All’inizio qui c’erano orti e case popolari. Io ero giovane, sarà stato il 1860. Ma le cose cambiano e quando pochi anni dopo Firenze divenne capitale d’Italia, nel quartiere della Mattonaia fecero una cosa molto chic, un grande square all’inglese. Fiorirono case e ville in stile liberty, pensate per gli ambasciatori e l’alta borghesia. Però le cose cambiano, e all’inizio del Novecento arrivarono intellettuali e artisti al posto dei borghesi. Cominciavo a entrare nella mezza età quando portarono le giostre; poi costruirono pure il parco giochi, il campo da calcetto, quello da basket. Perché le cose cambiano. Ma io sono sempre qui e vedo i bambini che corrono, un barbone che cerca di dormire. Sarà vero che la notte spacciano? Guardo la nuova Area Cani: si chiama Rin Tin Tin, come il celebre cane attore morto a Los Angeles nel 1932, all’età di quattordici anni. È una splendida giornata. Mi sento vecchio.
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89) SANT’ANTONINO, in via Serrai
Coordinate: 2’717’665.1; 1’112’711.8
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 1 stella su 5
Ideale per… lavare i pensieri.
Supermercati, negozi di sport e di arredamento. Parcheggi, distributori di benzina, un autolavaggio. A pochi metri dai campi, il centro commerciale sorge come l’avamposto di una civiltà extraterrestre. Sebbene qui di fantascientifico ci sia poco, anzi, è tutto umano, tutto terribilmente umano: impiegati che fumano una sigaretta, una commessa che sbuffa, un camionista che aspetta davanti al cartello RITIRO MERCE. Non è un posto in cui passeggiare, e tanto meno mi verrebbe l’idea di farci un picnic. Eppure c’è un tavolo e anche una struttura che sembra un grill. Qualcuno d’estate verrà qui a cucinare salsicce? Mi appoggio allo schienale e provo a pensare a qualcosa di negativo: un problema, un fastidio, una preoccupazione. Quando si mette in moto l’autolavaggio, mi pare che nel gran risciacquo anche i miei pensieri oscuri vengano smacchiati, ripuliti, lucidati. Dopo un po’ mi alzo e me ne vado. Sono quasi diventato un ottimista.
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90) ZURIGO, nella Pflanzschulstrasse, poco prima dell’incrocio con la Hohlstrasse
Coordinate: 2’681’830.1; 1’248’126.85
Comodità: 2 stelle su 5
Vista: 1 stella su 5
Ideale per… festeggiare un compleanno.
La panchina si trova lungo una via alberata, accanto a un bar. Nei dintorni c’è una scuola, una chiesa cattolica dedicata a don Bosco e un ambulatorio dermatologico. Perché venire proprio qui a festeggiare, con tutti i luoghi panoramici che offre Zurigo? Perché non si tratta del mio o del vostro compleanno, bensì di quello della panchina “Landi”, inventata nel 1939. Nel 2019 si celebrava l’ottantesimo e oggi questo modello gigante ricorda la fortuna della classica panca elvetica a listelle rosse. Mentre mi avvicino, vedo una ragazza che sta leggendo un cartello al centro dello schienale. Do un’occhiata: è un bando di concorso per un selfie scattato sulla mega panchina, da postare sui social network con l’hashtag #landilove. Il premio per il vincitore? Una panchina, naturalmente: il Modello Speciale della Landi, esclusivo, sofisticato, creato apposta per l’anniversario.
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91) LUGANO, nel Parco Ciani, fra la darsena e il parco giochi
Coordinate: 2’717’665.1; 1’095’839.3
Comodità: 4 stelle su 5
Vista: 4 stelle su 5
Ideale per… catturare la luce.
È una di quelle domeniche invernali tessute di vento e malinconia, quando i pensieri girano in tondo come cavalli in una giostra. Il sole splende con piglio primaverile… ma è un inganno, ancora ci sono raffreddori in agguato, notti fredde, mani screpolate. Provo a combattere il malumore e mi siedo su una panchina in faccia al lago. Aspetto il momento buono. Quando il sole si posa obliquo sull’acqua, nasce un abbaglio, una luce che ferisce lo sguardo. Gli occhi si chiudono, ma la luce rimane sotto le palpebre. È come un giacimento segreto, una promessa dorata. L’esperienza dura solo pochi secondi: in quegli istanti – contro ogni norma logica – mi ritrovo nel cuore dell’estate. Al riparo delle mie palpebre si sprigiona il ritmo lento di una mattina di vacanza, la freschezza di una bibita dopo una salita in bicicletta, un aperitivo al mare, una cena con gli amici sotto una luna immensa, infinita.
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Colonna sonora (30 secondi):

 

 92) SAN GALLO, in Bärenplatz
Coordinate: 2’746’198.2; 1’254’483.2
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 3 stelle su 5
Ideale per… sentirsi più leggeri.
Nato in Irlanda, discepolo di Colombano, il monaco Gallo morì fra il 630 e il 645. Sulla sua tomba sorse una chiesa, primo nucleo dell’abbazia e della futura città di San Gallo. Si narra che un giorno Gallo tolse una spina dal piede di un orso bruno; secondo la leggenda, in seguito il plantigrado e il monaco divennero amici. Per questo l’orso appare nello stemma della città e, sotto forma di statua, anche in questa piazza con una panchina circolare in mezzo. È un luogo miracoloso, che offre leggerezza a tutto ciò che pesa. Guardo la statua, massiccia – e subito compare un palloncino. Leggo sul giornale notizie di guerre, epidemie, violenze – e subito vedo una ragazza, seduta accanto a me, che usa lo stesso giornale per comporre un origami. Le amiche pensano che abbia creato un drago, lei dice che no, siete matte, è una farfalla. E tutte insieme scoppiano a ridere.
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Colonna sonora (30 secondi):

 

93) GIUBIASCO, in via Sottomontagna
Coordinate: 2’721’650.6; 1’114’711.8
Comodità: 1 stella su 5
Vista: 2 stelle su 5
Ideale per… calcolare le distanze.
Sto camminando da Giubiasco a Bellinzona. Quando passo davanti a questa panchina, scopro che mancano venti minuti a destinazione. Bello, non mi tocca nemmeno usare un’app sul telefono. Scopro pure che se volessi andare a Milano dovrei marciare per due giorni. Mi siedo e comincio a fantasticare. Fra una settimana ho un impegno proprio a Milano… e se invece di usare il treno, o peggio l’automobile, mi limitassi a camminare? Dovrei pernottare da qualche parte, naturalmente. Dovrei uscire dalla frenesia della nostra vita quotidiana, così come la interpretiamo all’inizio del XXI secolo, e pensare in maniera più antica. Da questa panchina potrei arrivare a Roma in due settimane, a Parigi in una ventina di giorni. In due mesi sarei a Mosca o a Marrakesh. All’improvviso i luoghi più remoti mi sembrano famigliari, domestici, come se il mondo intero fosse solo un quartiere più in là.
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Colonna sonora (30 secondi):

 

PS: Potete leggere qui le prime quattro panchine, qui le panchine da 5 a 10, qui da 11 a 17 e qui da 18 a 23, qui da 24 a 30, qui da 31 a 37, qui da 38 a 45, qui da 46 a 55, qui da 56 a 64, qui da 65 a 73 e qui da 74 a 81. In generale, nella categoria Panchinario (in alto a destra), si trovano tutte le panchine.

PPS: Esprimo la mia gratitudine a chi mi aiuta, mi accompagna e mi fa scoprire nuove panchine. In particolare, grazie a Jessica (Conches), Valentina e Nicola (Cureglia), Martina, Gregorio e Morpheus (Losone), Michele (Figgione), Marco e Leonardo (Firenze), Eloisa (Zurigo e Lugano).

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Giorni straordinari

CARTOLINE (FEBBRAIO)

“Cartoline” (#cartoline2020) è un progetto ideato e scritto da Yari Bernasconi e Andrea Fazioli.

CARTOLINA NUMERO 5
Da Kilkenny, IrlandaPiove. Il fiume An Fheoir ha un colore rossastro. Il castello è un’apparizione, l’erba verde una promessa. Il centro commerciale, più avanti lungo la strada, è soltanto un centro commerciale. Ci viene in mente una vecchia canzone, ma nessuno di noi ricorda le parole. Possiamo inventarne di nuove?

CARTOLINA NUMERO 6
Da Piazza del Sole, Bellinzona, Svizzera
Siamo nell’ombelico del mondo. Sopra stanno ballando. Quaggiù, invece, nelle viscere dell’autosilo, si respira aria vecchia (poco ossigeno, molta anidride carbonica). Alziamo gli occhi verso il soffitto. Oltre la durezza del cemento, oltre le sbarre e l’asfalto, hanno eretto una grande tenda. La usano per celebrare i riti: oggi tocca al carnevale, domani sarà qualche altro sacrificio collettivo. Noi continuiamo a camminare nella penombra. Stiamo attenti al silenzio e al baccano che copre il silenzio. Pensiamo all’infuriare dei «bagordi», come li chiamano i giornali. Ai re doverosamente allegri, ai bicchieri doverosamente riciclabili, alla folla doverosamente entusiasta: saluti, risate, urla, bocche, saliva… Sopra la tenda c’è la rupe, sopra la rupe il castello, sopra la torre una grande maschera e infine, sopra la punta della torre, il cielo. E le stelle.

CARTOLINA NUMERO 7
Da Venezia, Mar Mediterraneo
Che cosa aggiungere che non sia già stato detto? A Venezia è sempre tutto come deve essere, anche in questo luminoso mattino del tardo XXI secolo. Checché ne dicano i puristi e i nostalgici, da quando hanno trasferito Venezia sulla Grande Nave le visite risultano più rapide, più comode, perfino più naturali. Noi siamo saliti a Genova, ma avremmo potuto farlo anche a Nizza o a Marsiglia: tutti i porti da dove transita Venezia sono ormai serviti dai lussuosi pullman della Compagnia. Peccato che tu non sia con noi. Se vuoi venirci in futuro, comunque, fa’ attenzione alle date: dall’anno prossimo, con l’allargamento dello stretto di Gibilterra, la città sarà quasi otto mesi all’estero, fuori dal Mediterraneo.

CARTOLINA NUMERO 8
Dalla stazione di Lamone-Cadempino, Svizzera
Tu dirai che non è (solo) il bar a essere anonimo: siamo noi due, finiti qui chissà come, a essere due anonimi avventori in un anonimo pomeriggio né caldo né freddo, che attraverso le finestre mostra il suo cielo di anonime nuvole transitorie. Ma come può essere anonimo un 29 febbraio? Giunti alla stazione ci viene in mente che il 29 febbraio del 2000 uno di noi era in viaggio proprio lungo questa tratta, e annotava su un taccuino quanto sia «raro un anno bisestile all’inizio di un secolo: 1800, 2000, 2400». Contemplando i fili di pioggia sui vetri, pensava che «nessuno di noi vivrà un giorno come questo». Poteva immaginare che il 29 febbraio 2020 ci saremmo trovati davanti ai binari, a spiare il riflesso di un ricordo in ogni treno che passa? Certo, nel 2400 non ci saremo, ma oggi sì. Precisamente vent’anni dopo. E vorremmo trovare le parole per dire a quel ragazzo quanto sono straordinarie le giornate anonime. Chissà, forse un giorno riusciremo a capirlo anche noi.

PS: Potete leggere qui le prime quattro cartoline.

PPS: La fotografia della cartolina numero 8 è presa da internet. Si tratta proprio di una vecchia cartolina, non sappiamo di che anno. Di sicuro quel giorno nessuno di noi due era da quelle parti, anche perché non eravamo ancora nati. Ma è consolante sapere che la stazione di Lamone-Cadempino esisteva già e che, in un certo senso, ci aspettava.

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