In uno dei suoi madrigali, Michelangelo Buonarroti paragona l’artista alla natura: entrambi giungono alla perfezione dopo un lungo apprendistato. Così come la natura impiega secoli a modellare le sue bellezze (fra cui la donna alla quale Michelangelo dedica la poesia), così l’artista: Negli anni molti e nelle molte pruove / cercando, il saggio al buon concetto arriva / d’un’imagine viva / vicino a morte, in pietra alpestra e dura; / ch’all’alte cose e nuove / tardi si viene, e poco poi si dura. Insomma: ormai vicino a morire, il saggio (l’artista) arriva a realizzare nella pietra alpestre e dura l’idea di un’immagine viva, perché si arriva solo in tarda età alle opere migliori e più originali. Non so se sia vero. In un certo senso è consolante, perché vuol dire che c’è sempre un margine di miglioramento, e che la vecchiaia può conoscere lo slancio della novità.
Ma anche la natura raggiunge la perfezione prima di morire? Forse… basti pensare alla dolcezza di certi autunni. A differenza degli artisti però, la natura risorge ogni anno ed è originale sempre, nel fulgore della primavera così come nel sonnolento ronzio dell’estate. Basta camminare per le strade, in questi giorni, per accorgersi che non ha perso la mano. Come per caso, oltre un muretto, alzo gli occhi e mi imbatto nel mandorlo di Van Gogh. Quasi centoventi anni dopo le pennellate dell’artista, il ramo fiorito non mostra segni di stanchezza: è sempre lui, vestito a festa, tenacemente fragile sullo sfondo del cielo. Dopo qualche secondo mi rendo conto che il mandorlo non è un mandorlo, è semplicemente il solito vecchio ciliegio del mio giardino. Ma che differenza fa? La primavera è un’artista proprio perché trasforma i mandorli in ciliegi, la realtà in opere d’arte e le opere d’arte in realtà. Senza cedimenti organizza ogni anno una nuova mostra, e ogni anno è un successo. Di critica e di pubblico.
È curioso quando, camminando, capita d’imbattersi in un paesaggio o in una situazione di cui si è giunti a conoscenza tramite un gesto artistico. Ecco uno scorcio inedito, che mai si è presentato proprio con questi colori e che mai tornerà… eppure l’ho già visto in un quadro, l’ho già incontrato in un film. Ecco un odore, una sensazione che sarebbero nuovi se non ne avessi già letto in un romanzo.
Ogni primavera, per esempio, di solito nel mese di aprile o di maggio, mi concedo una birra insieme al commissario Maigret. Bisogna che sia una di quelle giornate che alla primavera riescono solo tre o quattro volte l’anno – quando ci si mette d’impegno –, una di quelle giornate che bisognerebbe gustare senza fare niente, così come si gusta un sorbetto, una vera giornata da ricordo d’infanzia. Allora mi trovo un posto tranquillo dove bermi una birra, mentre guardo la gente che passa. Non trascorre un minuto senza che io avverta una presenza massiccia, alle mie spalle. Non mi volto, per discrezione, ma so che è arrivato. Sento il rumore di una sedia, lo strofinio di un fiammifero. Ed ecco, infine, l’odore inconfondibile del tabacco Caporal gris.
Tutto era buono, leggero, inebriante, di una qualità rara: il blu del cielo, il fluire morbido di una nuvola, la brezza che all’improvviso vi accarezzava all’angolo di una strada, e che faceva fremere i castagni quel tanto che basta per indurvi ad alzare il capo verso i loro grappoli di fiori zuccherati. Un gatto sul davanzale di una finestra, un cane steso sul marciapiede, un calzolaio con il grembiule di cuoio sulla soglia, un volgare autobus verde e giallo che passava, tutto era prezioso quel giorno, tutto vi metteva allegria nell’anima, ed è per questo senza dubbio che Maigret conservò per tutta la vita un ricordo delizioso del carrefour di boulevard Saint Germain e della rue des Saints-Pères, ed è sempre per questo che, più tardi, gli capitò spesso di fermarsi in un certo caffè per bere, all’ombra, un bicchiere di birra che purtroppo non aveva più lo stesso gusto.
Nessuna birra ha mai lo stesso gusto, che ci volete fare? È lo strazio della nostra umanità, della nostra imperfezione. Però, per fortuna, ci sono sempre nuove birre, nuove primavere, nuovi ciliegi, mandorli, madrigali e commissari tutti da scoprire.
PS: Il madrigale di Michelangelo è stato scritto negli anni ’30 o ’40 del XVI secolo. Trovate qui il testo completo, tratto dal Canzoniere pubblicato da Guanda nel 2015 (a cura di Maria Chiara Tarsi). La prima fotografia di questo articolo è la copertina del libro: Daniele da Volterra, volto di un apostolo con le fattezze di Michelangelo per l’Assunzione Della Rovere, matita nera su traccia a punta di piombo, 1550-52, Haarlem, Teylers Museum.
PPS: La scena con Maigret proviene dal racconto Le client le plus obstiné du monde, scritto il 2 maggio 1946 e pubblicato nel 1947 nella raccolta Maigret et l’inspecteur Malgracieux. L’immagine di Maigret seduto al tavolino è di Jacques de Loustal, che ha pubblicato delle storie illustrate di Simenon per l’editore Carnets Omnibus.
PPPS: Joy Spring, scritta da Clifford Brown, è interpretata nel 1981 da Stan Getz. Quando suona lui, è come se la primavera soffiasse dentro il sax…
(Insieme a Getz, Lou Levy al piano, Monty Ludwig al basso e Victor Lewis alla batteria; il brano proviene dall’album The dolphin).